L’IMMAGINE VIENE DAL SATELLITE SWIFT

La stella con il freno tirato

Al centro di RCW 103 c'è una stella di neutroni che ruota molto più lentamente delle simili di pari età. Un team guidato da Paolo Esposito, dell'INAF di Cagliari, ne ha ora determinato la causa, mentre il satellite NASA ci regala un'immagine da prima pagina.

     08/08/2011

Ecco l’immagine che da qualche giorno campeggia sulla home page del sito ufficiale di Swift, il satellite NASA che studia le sorgenti energetiche più intense presenti nell’Universo. Si tratta di RCW 103, resto di supernova che ha avuto origine 12.000 anni fa dall’esplosione di una stella di grande massa giunta al termine della sua evoluzione. L’immagine è il risultato della combinazione di più riprese, elaborate e modificate nei colori per evidenziarne le caratteristiche più importanti.

I colori rosso, verde e blu mostrano le zone di gas e polveri che emettono radiazione X a diversi livelli di energia. Il punto blu al centro è ciò che resta della stella iniziale: è una stella di neutroni piccola e compatta, con una massa paragonabile a quella del Sole compressa in un diametro di appena 30 chilometri.

La stella ruota su se stessa in poco meno di 7 ore, un periodo molto più lungo rispetto ad altre stelle di neutroni di pari età che invece ruotano in pochi secondi (avevamo già parlato di questa peculiarità cinque anni fa in un’intervista video ad Andrea De Luca, primo ricercatore del team che ha misurato il lento periodo di rotazione della stella).

La spiegazione di questa lentezza risiede nel gas e nelle poveri circostanti: in questo caso il loro effetto frenante è molto più forte di quanto previsto dai modelli, come hanno dimostrato i ricercatori guidati da Paolo Esposito dell’ INAF- Osservatorio Astronomico di Cagliari, in collaborazione con Roberto Turolla (Università di Padova e MSSL di Londra), Andrea De Luca (IUSS Pavia e INAF-IASF Milano), Gian Luca Israel (INAF-Osservatorio di Roma), Andrea Possenti (INAF-Osservatorio di Cagliari) e David Burrows (The Pennsylvania State University, USA).

I risultati dello studio sono in fase di pubblicazione sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society ma è già possibile accedere all’articolo a questo link.