LA RICERCA SU NATURE

Piccolo Marte, cresciuto troppo in fretta

Il Pianeta Rosso si sarebbe formato molto rapidamente, impiegando fra i due e i quattro milioni di anni per assumere le attuali sembianze. Stabilirlo è stato possibile analizzando la composizione dei meteoriti marziani.

     25/05/2011

Fatto e finito in pochi milioni di anni, un tempo brevissimo se confrontato con quello impiegato dalla Terra. È il caso di Marte che, grazie ai risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature, scopriamo essere stato decisamente precoce. Per diventare il pianeta che è, avrebbe impiegato fra i due e i quattro milioni di anni mentre si stima che per la Terra ne siano serviti fra i 50 e i 100 milioni.

Tuttavia, se nel nostro caso, un’evoluzione lunga e turbolenta ha portato alla formazione di un mondo complesso, per quanto riguarda il Pianeta Rosso le cose sarebbero andate diversamente. La Terra, infatti, avrebbe subito collisioni con altri proto-pianeti, eventi che avrebbero allungato il tempo necessario a completare la formazione ma che, al tempo stesso, avrebbero favorito il raggiungimento delle dimensioni, della composizione e di tutte le altre caratteristiche che possiede. Marte, invece, sarebbe rimasto allo stato embrionale, senza evolversi oltre. Il pianeta si è formato rapidamente perché non è stato disturbato da collisioni, rimanendo così, in un certo senso, un sopravvissuto, un rappresentante di quei pianeti “embrione” che in passato si scontrarono con il nostro.

Cresciuto in fretta, è rimasto piccolo e geologicamente acerbo: questo, in sintesi, il quadro sulla formazione del pianeta descritto dai co-autori del nuovo studio, Nicolas Dauphas dell’Università di Chicago e Ali Pourmand, dell’Università di Miami. Giungere a queste conclusioni è stato possibile grazie all’analisi dei meteoriti marziani, usando come cronometro il rapporto fra gli isotopi di due particolari elementi, ovvero l’afnio 182 e il prodotto del suo decadimento, il tungsteno 182. Poiché  il periodo di dimezzamento di questo particolare decadimento è di 9 milioni di anni, significa che tutto l’afnio 182 si consuma in 50 milioni di anni. Ciò fornisce un ottimo strumento per misurare la cronologia di eventi che hanno avuto luogo agli inizi della storia del Sistema solare.

Tuttavia, la composizione dei meteoriti marziani ha subito dei cambiamenti che rendono imprecise le stime. Per superare questo ostacolo Dauphas e Pourmand hanno preso in esame più di 30 condriti, un particolare tipo di meteoriti considerati fossili del Sistema solare perché rimangono praticamente inalterati, e ne hanno confrontato la composizione con 20 meteoriti marziani. Grazie a questo confronto è stato possibile dedurre che l’afnio e altri elementi necessari per il cronometraggio sono refrattari, e che le loro composizioni rimangono praticamente inalterate all’interno dei meteoriti. Si è stabilito inoltre che questi elementi si trovano tipicamente nel mantello del pianeta rosso. A partire da queste conferme è stato quindi possibile procedere con sicurezza nel fare le successive considerazioni geochimiche, arrivando infine a effettuare simulazioni al computer basate su dati attendibili. Di qui il risultato: Marte si sarebbe formato indicativamente in soli due milioni di anni, per poi fermarsi senza subire, a livello globale, ulteriori significative evoluzioni.