
Le nuove immagini ottenute grazie al lavoro svolto al telescopio Keck II, a Manua Kea nelle Hawaii, evidenziano la coltre con un livello di dettaglio mai raggiunto. Per realizzarle sono stati necessari vari passaggi, iniziando con l’ottenere immagini di Giove in quattro diverse bande dello spettro elettromagnetico opportunamente selezionate. La prima banda è stata scelta nell’infrarosso su lunghezze d’onda attorno ai 5 micron, una regione dello spettro che permette di penetrare lo strato di nubi più superficiale e di evidenziare le zone del pianeta che emettono più calore. Le altre tre bande sono state scelte nel vicino infarosso attorno a lunghezze d’onda di 1.21, 1.58 e 1.65 micron, per evidenziare le zone del pianeta che riflettono di più la luce del Sole. Unendo tutte queste immagini si è ottenuta un’unica composizione. Messa a confronto con le immagini di Giove ripreso nella luce visibile, è subito emersa la presenza della coltre di nubi costituite da cristalli di ghiaccio proprio sopra la SEB.
Il dettaglio raggiunto è il risultato della tecnica delle ottiche adattive, adottata per eliminare gli elementi di disturbo dovuti alle turbolenze della nostra atmosfera. Con un laser si proietta in cielo un puntino luminoso, detto stella guida, posto molto vicino all’oggetto celeste sotto studio. Conoscendo già in partenza come quel puntino artificiale dovrebbe apparire e misurando come appare in realtà, si determinano e si correggono le distorsioni introdotte dalle perturbazioni dell’atmosfera sino a un ritmo di 2.000 volte al secondo. Un trucco che però non funziona con Giove perché è troppo luminoso e con il suo bagliore nasconde la stella guida. In questo caso a dare una mano ci ha pensato Europa, uno dei satelliti principali di Giove: a fine novembre la luna si trovava proprio accanto al pianeta gigante, da qui la possibilità di poterla sfruttare come una stella guida naturale.
Le immagini ottenute grazie a questa combinazione di tecnica e ingegno rappresentano solo la parte più immediata dei risultati: nei prossimi mesi l’analisi dei dati raccolti servirà per far luce sui motivi che portano queste coltri di nubi bianche a coprire sempre quella stessa fascia del pianeta, rendendolo un fenomeno unico nel Sistema solare.






