INSPIEGABILE LA LORO FORMAZIONE

Un rebus per quattro pianeti

Tre giganti gassosi, più uno. La scoperta del quarto gemello in orbita intorno a una stella, a circa 130 anni luce da qui, mette a dura prova le due principali teorie per spiegare la formazione dei pianeti. Gratton (INAF - OA Padova): "Incongruenze che spingono a cercare spiegazioni alternative".

     09/12/2010

Ora che sono in quattro, le cose s’ingarbugliano. Perché non esiste una teoria in grado di spiegare contemporaneamente la formazione dei quattro pianeti giganti in orbita intorno alla stella HR 8799, a 129 anni luce da noi.

Già due anni fa, Christian Marois, ricercatore dello Herzberg Institute of Astrophysics di Victoria, in Canada, aveva osservato tre pianeti fratelli, enormi, almeno 5 volte più massicci del nostro Giove. Sembrava una versione copia del nostro Sistema Solare esterno, su scala più grande. E fin qui tutto abbastanza regolare.

Ora,  Marois e colleghi hanno appena ottenuto l’immagine nel vicino infrarosso di un quarto pianeta, gigante come gli altri tre fratelli, ma molto più vicino alla stella rispetto a loro: orbita a 15 volte la distanza Terra-Sole, mentre il pianeta più esterno si trova a 70 volte la distanza Terra-Sole. La scoperta, effettuata grazie all’Osservatorio Keck, apre la crisi. Non solo è strana la disposizione. Non si capisce come si siano formati questi quattro pianeti. “Nessuno dei due meccanismi invocati per spiegare la formazione dei pianeti giaganti riesce, da solo, a spiegare le caratteristiche del sistema planetario”, scrivono i ricercatori sulla rivista Nature, “a meno di non considerare un fenomeno di migrazione dall’orbita”.

“Il modello principale, detto core accretion, spiega bene l’origine dei pianeti che orbitano a una distanza dalla loro stella pari a quella Saturno-Sole”, spiega Raffaele Gratton, planetologo dell’INAF-OA Padova. “Già, quindi, risulta difficile spiegare la posizione di Urano e Nettuno”.

“Secondo questo modello, i pianeti giganti si formano per accrescimento della polvere intorno a un nucleo, cui poi si aggrega il gas della pesante atmosfera. Ma i tre pianeti esterni sono troppo lontani dalla stella: i granelli di polvere si muovono troppo lentamente per avere il tempo di aggregarsi in un nucleo. A distanze come quelle osservate per il nuovo sistema, il modello non è certamente applicabile”, dice Gratton.

L’altro modello, detto instabilità del disco, chiama in causa il collasso di una nube di gas e polveri. Ma il quarto pianeta è abbastanza vicino alla sua stella perché il calore che arriva impedisca questo fenomeno.  “Non è la prima vota che ci troviamo di fronte a questa incongruità: evidentemente, qualcosa nei nostri modelli va cambiato. Il difficile, ora, è capire cosa”, conclude Gratton.