
Il modello di Penrose, detto Cosmologia Conforme Ciclica (CCC) smonta quella che è attualmente la teoria cosmologica più accreditata, ovvero la teoria dell’inflazione secondo cui, dopo il Big Bang, l’Universo avrebbe subito una fortissima espansione nei primissimi istanti di vita, con un’accelerata molto maggiore rispetto all’attuale ritmo, determinato dalla legge di Hubble. L’ipotesi di Penrose degli infiniti universi è così impressionante che la mente vacilla al solo pensiero. “Il concetto d’infinito nel passato e nel futuro confonde la mente”, dice Gianfranco De Zotti, cosmologo dell’INAF – OA di Padova. “Attualmente la teoria dell’inflazione rimane la più accreditata. Ma se le evidenze di questi anelli nel fondo cosmico fossero confermate bisognerebbe mettere in discussione l’attuale modello. Perché saremmo di fronte al primo indizio non spiegabile con il nostro solo Universo”.
Insomma, l’ipotesi è entusiasmante ma per il momento da prendere con le pinze. “Le osservazioni di Penrose sono ancora molto preliminari. Nell’articolo, si individuano strutture circolari anomale, ma non ci sono molti dettagli su come le stime siano state ottenute”, aggiunge Luca Amendola, astronomo dell’INAF- OA di Roma, attualmente distaccato all’Università di Heidelberg, in Germania. “Spesso alcuni hanno sostenuto di aver visto sulle mappe di fondo cosmico dei segnali inaspettati, e inspiegabili con i modelli attuali, ma finora nessun caso è stato dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio. Per scherzo, per esempio, alcuni scienziati di WMAP hanno identificato le lettere S H, come Stephan Hawking, sulle mappe stesse…”
Naturalmente, sia De Zotti che Amendola, concordano che se un dato del genere fosse confermato sarebbe difficile spiegarlo in maniera tradizionale e si dovrebbe invocare un’altra teoria. Non necessariamente, però, quella di Penrose. Altre ipotesi, spiega Amendola, potrebbero essere “universi a topologia compatta, come ciambelle tridimensionali o magari transizioni di fase primordiali come altri autori, tra cui anch’io, hanno proposto”.
“Non c’è dubbio – prosegue Amendola – che questo tipo di indagini sono estremamente interessanti, direi emozionanti, perché mostrano strade impensabili per arrivare oltre ogni limite. Potrebbe trattarsi del primo lavoro che effettivamente contraddice in pieno la teoria inflazionaria. Ma occorrono molte altre analisi dei dati e delle possibili cause di segnali inattesi”.
Non basta uno studio, insomma, per gettare in mare una teoria solida come quella dell’inflazione. “Il modello dell’inflazione spiega benissimo alcuni aspetti dell’Universo, come l’uniformità del fondo cosmico e le piccole perturbazioni che si osservano, così come spiega la geometria euclidea che regna nell’Universo”, spiega De Zotti. “Il fatto che l’Universo sia piatto e non abbia curvatura è difficile da giustificare senza ricorrere alla teoria dell’inflazione. Per capire questo fatto, si può immaginare di gonfiare enormente un pallocino: se si osserva una piccola regione, si può vedere che la curvatura del palloncino tende a zero, la superficie è praticamente piatta”.
C’è solo un punto critico: non esiste alcuna prova diretta della teoria dell’inflazione. L’ultima parola per stabilire chi ha ragione potrebbe essere il satellite Planck a pronunciarla, missione ESA dedicata allo studio del fondo cosmico, con un importantissimo contributo italiano. “Planck potrebbe trovare traccia dei cosiddetti modi B, un segnale estremamente debole che confermerebbe questo modello”, dice De Zotti. “Sono in programma future missione mirate esclusivamente a questo obiettivo”. Così, forse, sapremo da dove veniamo.






