IL VALORE LETTERARIO DEL SIDEREUS

La scienza e l’arte di Galileo

Il Sidereus Nuncius di Galileo Galilei compie 400 anni. Ne parla Tommaso Maccacaro, martedì 11 maggio, alle 14.30, al Planetario di Città della Scienza di Napoli, nell'ambito della mostra Astri&Particelle organizzata da INAF, INFN e ASI.

     10/05/2010

“Un parterre de roi” per discutere di uno dei testi che hanno segnato la storia culturale del nostro mondo. Martedì 11 maggio, alle 14.30, ne parlano, al Planetario di Città della Scienza, il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Tommaso Maccacaro, la responsabile della Biblioteca e dell’Archivio Storico dell’Osservatorio Astronomico di Brera di Milano, Agnese Mandrino, e il Professore del Dipartimento di Scienze Fisiche dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Massimo Capaccioli. Il dibattito sarà coordinato dal giornalista e scrittore, nonché consigliere d’amministrazione della Fondazione Idis-Città della Scienza, Pietro Greco.
Un libro uscito lo scorso 12 marzo 2010, con una tiratura minima di 550 copie, numerate. Il suo titolo è Sidereus Nuncius e il suo autore un tal Galileo Galilei. Si tratta, evidentemente, di una ristampa, avvenuta a cura dell’INAF. Una copia fedele del libro pubblicato nel 1610 presso la tipografia Baglioni di Venezia. È in questo modo che l’Istituto Nazionale di Astrofisica, presieduto da Tommaso Maccacaro, ha deciso di celebrare i quattrocento anni di un’opera che, per dirla con Ernest Cassirer, è uno spartiacque non solo nella storia della scienza, ma nella storia tout court. Il 12 marzo 1610, infatti, la modesta tipografia che Tommaso Baglioni possiede a Venezia stampa, nel numero di 550 copie, il libro di un noto matematico fiorentino che ha la cattedra presso l’università di Padova: Galileo Galilei.
Quel giorno, col Sidereus Nuncius, può datarsi, molto probabilmente, la nascita della scienza modernamente intesa. Ha ragione Singer quando sostiene che il libro contiene una quantità di rivelazioni – il rendiconto di cose letteralmente mai viste prima – che non ha probabilmente pari nella storia dell’umanità. Galileo ha puntato il cannocchiale verso il cielo e tra l’autunno del 1609 e i primi mesi del 1610 ha potuto osservare con i propri occhi che: la Luna non è un corpo celeste perfetto ed etereo, come immaginava Aristotele, ma è «della stessa specie della Terra», come immaginava Giordano Bruno. Dunque non esiste una fisica terrestre della corruzione e una fisica celeste della perfezione, ma esiste una sola fisica in cielo e in terra. Che intorno a Giove ruotano quattro astri e, dunque, offre la prova provata che non tutto nell’universo ruota intorno al pianeta Terra. Che il cielo è costellato di milioni di stelle non visibili ad occhio nudo e, quindi, l’universo si estende in uno spazio forse infinito, certamente molto più esteso di quello chiuso e un po’ asfittico del sistema aristotelico-tolemaico.
È anche e, forse, soprattutto grazie a quelle poche pagine – dalla prosa asciutta, agile, efficace che tanto piaceva anche al Calvino – che Galileo Galilei può essere a giusta ragione considerato il più grande scienziato e, insieme, il più grande scrittore che abbia mai avuto il mondo intero. Una congiunzione più unica che rara.

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