
Il progenitore di tutti i “cacciatori di neutrini” è stato realizzato in Italia, intorno alla metà degli anni Settanta dai ricercatori dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario di Torino. “Il primo esperimento, chiamato LSD (acronimo di Liquid Scintillation Detector) è stato realizzato sotto il Monte Bianco, in una cavità scavata nella roccia a 3.000 metri di profondità”, racconta Carlo Morello, direttore dell’IFSI. “Il sistema di rivelazione era basato sul liquido scintillatore in grado di emettere impulsi luminosi quando attraversato da una particella carica e permetteva per la prima volta di studiare le interazioni con la materia dei neutrini generati dal collasso di supernove”.
I neutrini sono i messaggeri più penetranti dell’Universo violento, la chiave per svelare il mistero dell’origine dei raggi cosmici. Una pioggia di particelle neutre che bersaglia continuamente la Terra, con energie fino a milioni di volte più elevate di quelle ottenibili nei più potenti acceleratori di particelle del mondo. Per la loro debolissima interazione con la materia, i neutrini non si fanno acciuffare facilmente. È necessario innanzitutto schermare il flusso delle altre particelle cosmiche, ed ecco perché i ricercatori si rifugiano in posti inaccessibili, in fondo al mare o nelle viscere della Terra. Inoltre, occorrono rivelatori molto potenti. “Maggiore è il volume dei rivelatori, più lontano riusciamo ad arrivare nello spazio”, spiega Morello. La prosecuzione dell’esperimento LSD è stato LVD, il Large Volum Detector, installato nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dall’INFN con la collaborazione dei ricercatori INAF. “L’obiettivo principale di LVD è la rivelazione dei neutrini da collassi gravitazionali stellari di supernovae. Con LVD siamo in grado di monitorare i neutrini di tutta la galassia”, prosegue Morello.
“La rete di rivelatori di neutrini da supernova denominata SNEWS (SuperNova Early Warning System) di cui LVD è membro, insieme con SuperKamiokande, in Giappone, IceCube in Antartide e Borexino nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, ha lo scopo di fornire alla comunità scientifica un preallarme di un collasso gravitazionale che avvenga ad una distanza non superiore a 100 kpc dalla Terra. Infatti, i neutrini precedono l’emissione di fotoni di qualche ora”, aggiunge Walter Fulgione, ricercatore dell’Ifsi di Torino. “Questo permetterà non solo di studiare l’evento nella sua componente energeticamente dominante, i neutrini, ma renderà possibile la sua osservazione sin dai primi istanti e con tutti gli strumenti a disposizione, tra i quali le antenne o gli interferometri gravitazionali”.
LVD, NEMO e in futuro KM3 permetteranno di svelare i segreti nascosti di regioni sconosciute dello spazio e di meglio comprendere alcuni fenomeni che avvengono nell’Universo, come l’esplosione di supernovae, i raggi gamma e i nuclei galattici attivi.






