PRESENTATO A VENEZIA ALLA CONFERENZA DELLA EPS

Da Higgs a quark

Da Atlas nuove prove a favore del decadimento della particella Higgs in un quark bottom e un antiquark bottom come previsto a livello teorico. Quasi nulla, ormai, la probabilità che si possa parlare di un “effetto collaterale”. Porte chiuse alla cosiddetta nuova fisica per il momento

     20/07/2017

Il decadimento delle particelle Higgs in quark potrebbe somigliare a quanto riprodotto in questa illustrazione. Crediti: collaborazione Atlas

Se la Conferenza della European Physical Society sulla fisica delle alte energie, che si è tenuta a Venezia dal 5 al 12 luglio, è stata mediaticamente monopolizzata dalla scoperta effettuata dall’esperimento Lhcb al Large Hadron Collider (Lhc) del Cern – una nuova particella, subito ribattezzata double charmed Xi – altri interessanti interventi in aula hanno aggiunto nuovi e straordinari elementi al complesso puzzle della fisica particellare.

Nell’ambito della collaborazione Atlas, il gruppo di ricerca di Friburgo guidato da Karl Jakobs e Christian Weiser ha presentato un voluminoso fascicolo di prove a favore del decadimento della particella Higgs in quark. Una misura di fondamentale importanza perché direttamente collegata all’intensità dell’interazione della particella Higgs con altre particelle elementari, così come le loro masse. Lo studio del tasso di decadimento è essenziale nel determinare la natura del bosone: qualsiasi deviazione della misura dei tassi di decadimento rispetto a quelli previsti dal Modello Standard mette, di fatto, in discussione il meccanismo Brout-Englert-Higgs e apre la porta a una cosiddetta “nuova fisica”.

Il lavoro dei ricercatori si è concentrato sul set di dati registrati nel 2015 e nel 2016 con il rilevatore Atlas (uno dei quattro esperimenti principali operativo nell’acceleratore di particelle più grandi del mondo, a Ginevra). «Le molte prove a favore di un decadimento della particella Higgs, come previsto dalla teoria, in un quark bottom e un antiquark bottom sono la conferma che stiamo procedendo nella direzione giusta» spiega Christian Weiser. «Il nostro obiettivo è ora quello di dimostrare che un decadimento c’è e senza ombra di dubbio avviene nel modo previsto dalla teoria. È sulla base di questo tipo di conoscenza che possiamo misurare le proprietà della particella Higgs più accuratamente». E forse spiegare la brevissima durata di Higgs.

La conferma dell’esistenza di un bosone Higgs nel 2012 ha rappresentato una pietra miliare per la fisica, anche se l’esistenza della particella era stata predetta con quasi 50 anni di anticipo.

Una particella che decade in altre particelle quasi nel momento stesso in cui viene prodotta. Finora i ricercatori sono stati in grado di provare empiricamente il decadimento di altre particelle, dai cosiddetti bosoni W e Z, ai fotoni e ai leptoni tau. Con Higgs tutto è più complesso: troppo rumore da ripulire in fase osservativa. Ma se la teoria dava le probabilità di un decadimento in quark della particella a un 60 per cento, oggi possiamo ragionevolmente dire che le probabilità che si tratti di un segnale causato da altri processi sono ferme allo 0,018 per cento.