IL POLO SUD LUNARE NELL’OCCHIO DI SMART-1

On the dark side of the Moon

In un mosaico di 40 immagini inviate a Terra dallo strumento Advanced Moon Imaging Experiment di SMART-1, prima del completamento della missione ESA lanciata nel 2003, un affascinante ritratto del polo sud lunare cantato dai Pink Floyd e studiato dagli astronomi

     27/05/2014
Luna, polo sud. Nella foto, da destra a sinistra partendo dal cratere più grande, i crateri Amundsen, Faustini, Shoemaker, Shackleton e de Gerlache. Crediti: ESA / SMART-1 / AMIE camera team / M. Ellouzi e B. Foing.

Luna, polo sud. Nella foto, da destra a sinistra partendo da quello più grande, i crateri Amundsen, Faustini, Shoemaker, Shackleton e de Gerlache. Crediti: ESA / SMART-1 / AMIE camera team / M. Ellouzi e B. Foing.

«The lunatic is in my head. […] I’ll see you on the dark side of the Moon», cantava Roger Waters in Brain Damage, quarta traccia del lato B di uno dei più celebri album (era il 1973) della storia della musica, a firma Pink Floyd: The Dark Side of the Moon. A quarant’anni dalla sua uscita l’Agenzia Spaziale Europea pubblica una splendida composizione di scatti delle regioni scure e in ombra che tanto ci affascinano del nostro satellite: un mosaico di 40 immagini, scattate tra il dicembre del 2005 e marzo 2006 e inviate a Terra dallo strumento Advanced Moon Imaging Experiment di SMART-1, la sonda ESA allora in orbita intorno alla Luna e che si è schiantata sulla sua superficie il 3 settembre 2006, in una regione denominata Lacus Excellentiae.

L’asse di rotazione della Luna presenta un’inclinazione di 1,5 gradi. Questo significa che parte delle sue regioni polari non vedono mai la luce del Sole. I fondali dei crateri più profondi restano sempre in ombra. L’estate lunare dell’emisfero sud è quindi il momento migliore, oltre che unico, per dare un’occhiata a un’area di 500×150 chilometri stupendamente ritratta dall’obiettivo di SMART-1.

Nelle immagini della sonda ESA sono ben visibili i crateri Amundsen, Faustini, Shoemaker, Shackleton e de Gerlache (nella foto: da destra a sinistra, partendo dal cratere più grande visibile nella composita di scatti). Amundsen, con 105 chilometri di diametro è il cratere più imponente del polo sud lunare, seguito da Shoemaker (50 chilometri), Faustini (39), de Gerlache (32) e Shackleton (19).

Il taglio di luce che dal Sole illumina la regione dei crateri ha permesso alla sonda ESA di visualizzare una serie di interessanti proprietà. Anzitutto il polo geografico, che si trova al centro del cratere Shackleton. Utilizzando le immagini di SMART-1 per esplorare i numerosi piccoli crateri da impatto che punteggiano la superficie liscia e scura che circonda il cratere maggiore, gli scienziati sono riusciti a datare lo Shackleton come anteriore al sito di allunaggio di Apollo 14 (3,85 miliardi di anni) ma comunque successivo alla regione in cui è atterrato Apollo 15 (3,3 miliardi di anni).

Anche lo Shoemaker è degno di nota: nel 1999 è stato bersaglio della missione Lunar Prospector, fatta schiantare di proposito nell’area del cratere lunare nel tentativo di generare un pennacchio di vapore acqueo sfruttando il surriscaldamento del ghiaccio che avrebbe potuto contenere. È vero che in quell’occasione non venne avvistato nessun getto di vapore, ma non tutto è perduto: alcune regioni della Luna sono rimaste in ombra per milioni di anni ed esiste ancora una possibilità che contengano un qualche residuo del ghiaccio depositato sulla superficie del nostro satellite da comete e asteroidi ricchi d’acqua.

Studiare il ‘lato oscuro’ della Luna può dirci ancora molte cose che non sappiamo. Non solo riguardo la storia del nostro satellite naturale, ma anche della Terra, aiutandoci a capire meglio come, e quanto, acqua e materiali organici possono essere stati trasferiti dalla Luna al nostro pianeta nel corso della storia. Gli esobiologi, evidentemente, ascoltano ancora i Pink Floyd.