GRAZIE ALLA MICROGRAVITÀ

Curare il cancro dallo spazio

Un nuovo studio, pubblicato sul FASEB Journal, aggiunge un tassello importante alle ricerche che studiano il comportamento cellulare in ambienti di microgravità che potrebbero portare a sviluppi decisivi nella ricerca di terapie anti tumorali

     01/02/2014
cell1Siamo abituati a pensare ai viaggi spaziali come a qualcosa di dannoso per l’organismo umano. Mentre si fluttua per il cosmo bisogna infatti difendersi da radiazioni e raggi cosmici e fare i conti con problemi di circolazione, atrofia muscolare e osteopenia dovuti all’assenza di peso. Eppure la mancanza di gravità potrebbe portare anche a qualche ricaduta positiva sulla salute di tutti.

Gli ambienti di microgravità sembrano essere infatti i laboratori ideali per lo studio del comportamento cellulare e strumenti preziosi per esplorare nuovi bersagli nella terapia antitumorale. “Siamo solo all’inizio di un nuovo campo della medicina che studia gli effetti della microgravità sulla patologia molecolare e cellulare”, spiega il dottor Gerald Weissmann, editor in-chief del Federation of American Societies for Experimental Biology (FASEB) Journal. “I voli spaziali colpiscono i nostri corpi, sia in bene e che in male. Sapevamo già che la microgravità può far diventare alcuni microrganismi più virulenti e che la microgravità prolungata ha effetti negativi sul corpo umano. Ora stiamo imparando che non ci sono solo brutte notizie: il comportamento dalle cellule nello spazio potrebbe aiutarci a capire e combattere i tumori maligni a Terra”.

Il FASEB Journal ospita, nel numero di febbraio, uno studio di un team di ricercatori tedeschi e danesi che ha analizzato l’aggressività di alcuni tumori in condizioni di microgravità. “La ricerca nello spazio (o in microgravità simulata utilizzando gli impianti a Terra) ci aiuta in molti modi nel comprendere i complessi processi della vita e questo studio è il primo passo verso la comprensione dei meccanismi di inibizione della crescita del cancro in ambiente di microgravità”, ha detto la dottoressa Daniela Gabriele Grimm ricercatrice del team del Dipartimento di biomedicina e Farmacologia presso l’Università di Aarhus, in Danimarca . “Speriamo di trovare nuovi bersagli cellulari che portino allo sviluppo di nuovi farmaci anti-cancro che potrebbero aiutare a curare quei tumori che risultano essere non responsivi agli agenti attualmente impiegati”.

Simulare il comportamento cellulare in laboratorio è una sfida enorme e complicata. Riprodurre in provetta sistemi cellulari che simulino in maniera fedele il comportamento cellulare all’interno dell’organismo umano è impossibile in assenza di proteine,  carboidrati e  strutture di supporto presenti nei nostri corpi. Le cellule riprodotte in laboratorio si sviluppano infatti su un piano bidimensionale, duplicandosi quindi in maniera diversa rispetto a quanto farebbero all’interno dell’organismo umano.

Nello spazio, grazie all’assenza di gravità, le cellule in vitro si dispongono in aggregati tridimensionali che riproducono meglio ciò che accade nei nostri corpi. Togliendo la forza di gravità dall’equazione generale sembrerebbe possibile quindi fare luce su alcuni aspetti difficilmente analizzabili sulla Terra.

Per la loro ricerca, Grimm e colleghi hanno usato lo Science in Microgravity Box (SIMBOX), impianto sperimentale a bordo della sonda cinese Shenzhou-8 , lanciata il 31 ottobre 2011. Ma quello appena pubblicato non è l’unico studio del genere. La NASA ha fatto volare esperimenti sulla crescita cellulare sin dalla missione Shuttle STS-70 del 1995, e continua tutt’ora con diversi studi effettuati sulla Stazione Spaziale Internazionale.