NEL DISCO ATTORNO A UNA NANA BRUNA

Un pianeta nella polvere

Arrivano dal telescopio spaziale Herschel dell’ESA le prime osservazioni in banda sub-millimetrica del disco planetario attorno alla nana bruna 2M1207, dove si sta formando un gigante gassoso grande cinque volte Giove.

     14/03/2012

Rappresentazione artistica della nana bruna 2M1207 e del pianeta che le orbita attorno. Crediti: ESA

Lei è una giovane palla di gas che sogna di diventare una stella. Lui pure è una palla di gas, ma s’accontenta di fare il pianeta. Non un pianeta qualunque, però: fra quelli al di fuori del Sistema solare, corre voce che sia stato il primo a farsi paparazzare. I due si corteggiano in una danza orbitale a 170 anni luce da noi, affidando la privacy al disco di polveri e gas che li avvolge. Protezione che nulla è valsa, però, per tenerli al riparo dall’occhio indiscreto di Herschel, il più grande telescopio spaziale dell’ESA. Con i suoi sensori a infrarossi, Herschel è infatti riuscito a catturare uno fra i segreti più gelosamente custoditi dall’insolita coppia, dando così una seppur parziale risposta a un quesito che da tempo arrovella gli astronomi: come nasce un pianeta?

L’aspirante stella è la nana bruna 2M1207. Un giovane astro – appena 10 milioni di anni – in crisi d’identità: troppo piccola per dare il via alla fusione nucleare dell’idrogeno, che le garantirebbe l’accesso al club delle stelle senza se e senza ma, è comunque grande abbastanza – circa 25 volte la massa di Giove – da riuscire a scaldarsi il cuore bruciando qualche atomo di deuterio. Nel frattempo, in un punto remoto del disco di gas e polvere che la circonda, separato dalla nana bruna da un tratto di cielo pari a 55 volte quello che divide la Terra dal Sole, si aggira il suo grasso compagno: 2M1207 b, un pianetone che è a sua volta 5 volte Giove. E sempre usando Giove come unità di misura, la massa totale dello stesso disco ne vale da 3 a 5.

Ma in che modo si è formato, il pianetone? Gli scenari possibili sono essenzialmente due. C’è quello standard, secondo il quale si parte da un piccolo nucleo che mano a mano cresce assimilando materia dal disco. E c’è quello alternativo, dove invece è il disco stesso a fare il grosso del lavoro frammentandosi in parti più piccole, come appunto un pianeta o porzioni di esso. Ebbene, ora l’osservazione di Herschel ha permesso, per la prima volta, di valutare anche da un punto di vista quantitativo questo secondo scenario. «Gia sapevamo che il compagno planetario di 2M1207 non si poteva essere formato per accrescimento, perché tale processo avrebbe richiesto un tempo molto superiore all’età dell’intero sistema», spiega Basmah Riaz, della University of Hertfordshire (UK), l’astronoma alla guida del team che ha condotto l’osservazione, team del quale fa parte anche Giuseppe Lodato, professore d’astronomia all’Università di Milano e associato INAF. «Ora la misura della massa del disco mostra che questo corpo si è formato, con tutta probabilità, direttamente dalla frammentazione del disco stesso. Disco che potrebbe essere stato ancora più massiccio nel periodo iniziale della vita della nana bruna». Un indizio significativo in più per gli astronomi, dunque. E un ulteriore successo per Herschel, che si conferma un telescopio dalle capacità straordinarie, ma anche uno strumento a tutto tondo, perfettamente a suo agio nelle indagini più disparate, dalla formazione stellare a quella planetaria.

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