Se sulla Terra le nuvole sono spesso un fastidio per chi osserva il cielo, su altri pianeti al di fuori del Sistema solare potrebbero invece rivelarsi un vantaggio inatteso. Secondo un nuovo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal Letter, un esopianeta avvolto da una fitta coltre di nubi potrebbe offrire un ambiente ideale per la ricerca di tracce di vita, grazie alla possibile presenza di “microrganismi colorati”, simili a quelli presenti nell’alta atmosfera terrestre.
Il team di ricercatori e ricercatrici della Cornell University ha prodotto i primi spettri di riflettanza, una sorta di “chiave cromatica”, per identificare i biopigmenti prodotti da batteri e altri microrganismi che abitano le nubi terrestri. Sebbene sulla Terra questi batteri siano troppo poco abbondanti per essere rilevati dai telescopi, i loro pigmenti potrebbero costituire una nuova biofirma utile nella ricerca di vita su esopianeti.
Il punto di partenza è proprio l’atmosfera terrestre, dove esiste una comunità di microrganismi in grado di produrre pigmenti biologici: molecole “colorate” sviluppate per proteggere gli organismi da condizioni estreme come radiazione intensa, disidratazione e temperature estreme. Presenti in numerose forme di vita – dai batteri alle alghe, fino a piante e animali – questi pigmenti raccontano qualcosa dell’ambiente in cui gli organismi vivono. Ed è proprio questa firma cromatica a poter diventare riconoscibile nelle osservazioni spettroscopiche di mondi lontani.

Rappresentazione artistica di un esopianeta nuvoloso simile alla Terra con biota colorata nelle nuvole. Crediti: Adam B. Langeveld/Carl Sagan Institute. Adattata da Nasa/Ames/Jpl-Caltech
Disporre degli spettri di riflettanza dei microrganismi terrestri consente agli astronomi di modellare come apparirebbe ai telescopi un esopianeta nuvoloso contenente quantità significative di batteri colorati nelle sue nubi. Le simulazioni mostrano che un pianeta del genere si distinguerebbe nettamente da uno privo di tali organismi, anche in presenza di una copertura nuvolosa totale: i biopigmenti emergerebbero comunque come potenziali biofirme rilevabili.
I microrganismi necessari alle misure spettroscopiche sono stati raccolti grazie a un pallone-sonda in lattice, lanciato nella bassa atmosfera tra i 21 e i 29 chilometri sopra la superficie terrestre. Le colture raccolte sono state fatte crescere con il supporto delle competenze microbiologiche del Carl Sagan Institute, mentre gli spettri di riflettanza sono stati analizzati nei laboratori di ingegneria ambientale della Cornell University.
Secondo le analisi, affinché tali microrganismi siano rilevabili dai telescopi dovrebbero trovarsi in atmosfere molto umide. Ma non basta: anche la tecnologia dei telescopi dovrà evolversi per mettersi al passo con questo tipo di ricerche. E infatti la consapevolezza che la vita possa essere cercata non solo sulle superfici planetarie ma anche nelle loro nubi sta già influenzando la progettazione dei telescopi di prossima generazione. Tra questi, Hwo, il futuro Habitable Worlds Observatory della Nasa, ed Elt, l’Extremely Large Telescope dell’Eso, in costruzione in Cile.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letter l’articolo “Colors of Life in the Clouds: Biopigments of Atmospheric Microorganisms as a New Signature to Detect Life on Planets like Earth” di L. F. Coelho, L. Kaltenegger, W. Philpot, A. J. Ellington, N. Bryan, S. Zinder e B. C. Christner






