È LA PRIMA NANA BIANCA CON UN’ATMOSFERA RICCA DI IDROGENO COSÌ INQUINATA

Banchetto tardivo per una stella morta

La firma spettrale di 13 elementi pesanti rilevata dal Keck nell’atmosfera di una nana bianca vecchia tre miliardi di anni, dovuta probabilmente alla distruzione mareale di un corpo roccioso di almeno 200 chilometri di diametro, suggerisce che il sistema planetario che la circonda sia ancora soggetto a instabilità e perturbazioni gravitazionali

     27/10/2025

A 145 anni luce da noi, nella costellazione del Triangolo, c’è una nana bianca nella cui atmosfera è appena stata rilevata la presenza di 13 elementi chimici relativamente pesanti, almeno per gli standard degli astronomi. In ordine di peso: sodio, magnesio, alluminio, silicio, calcio, titanio, cromo, manganese, ferro, cobalto, nichel, rame e stronzio. La scoperta, ottenuta dai dati spettroscopici del telescopio dell’Osservatorio W. M. Keck, sul Maunakea, alle Hawaii, e pubblicata la settimana scorsa su The Astrophysical Journal, ha sorpreso non poco gli astronomi: mai prima d’ora s’era infatti osservata una nana bianca con un’atmosfera ricca di idrogeno “inquinata” da più di dieci elementi pesanti.

Illustrazione artistica di una nana bianca di tre miliardi di anni che accresce materiale dai resti del suo antico sistema planetario. Le instabilità gravitazionali hanno causato la caduta verso l’interno di un pianeta sopravvissuto e la sua disintegrazione a causa di intense forze di marea, con la conseguente formazione di un disco di detriti. L’analisi spettroscopica dell’atmosfera della nana bianca ha rivelato la presenza di questi detriti planetari. Crediti: Nasa, Esa, Joseph Olmsted (Stsci)

La stella si chiama Lspm J0207+3331, e se fosse una nana bianca giovane e dall’atmosfera ricca di elio non ci sarebbe alcunché di particolarmente degno di nota, nella ricca e variegata composizione della sua atmosfera. Sono tutti elementi che non ci stupirebbe incontrare nei pianeti rocciosi dei cui resti una stella di piccola massa finisce per circondarsi quando entra in quell’ultima fase della sua evoluzione in cui diventa, appunto, una nana bianca – vale a dire una “stella morta”, come accadrà anche al Sole fra cinque miliardi di anni. E se l’atmosfera della nana bianca è ricca di elio, spiegano gli autori dello studio, risulta relativamente facile osservare le righe spettrali degli elementi pesanti in essa presenti.

Ma l’atmosfera di Lspm J027+3331 è ricca di idrogeno, più che di elio, e le atmosfere ricche di idrogeno tendono a mascherare la presenza di elementi pesanti attorno alle nane bianche, il che rende la loro rilevazione, in questo caso, sorprendente e particolarmente significativa. Non solo: Lspm J027+3331 non è più una nana bianca giovane: ha almeno tre miliardi di anni. Ciò significa che i pianeti che è riuscita a “mangiarsi” dovrebbe averli già abbondantemente digeriti parecchio tempo fa. Quale recente evento di accrescimento può dunque esservi all’origine degli elementi pesanti ora osservati? Secondo gli autori dello studio, è ragionevole supporre che vi sia un corpo roccioso di almeno 200 chilometri di diametro che è stato distrutto dalla gravità della stella – un corpo i cui frammenti residui le orbitano ora attorno.

«La quantità di materiale roccioso è insolitamente elevata per una nana bianca di questa età», osserva uno dei coautori dello studio, Patrick Dufour, dell’Université de Montréal (Canada).

«Qualcosa ha chiaramente disturbato questo sistema molto tempo dopo la morte della stella», aggiunge un altro coautore, John Debes dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, nel Maryland (Usa), ipotizzando che una recente perturbazione, avvenuta negli ultimi milioni di anni, abbia causato la caduta a spirale verso l’interno di un grande corpo roccioso. «Ciò suggerisce che i meccanismi di distruzione mareale e di accrescimento rimangano attivi molto tempo dopo la fase di sequenza principale della vita di una stella». Il sistema potrebbe essere un esempio di instabilità ritardata, in cui le interazioni tra più pianeti destabilizzano gradualmente le orbite nel corso di miliardi di anni. «Ciò potrebbe indicare», continua Debes, «processi dinamici a lungo termine che non comprendiamo ancora appieno».

«Questa scoperta mette in discussione la nostra comprensione dell’evoluzione dei sistemi planetari», conclude la prima autrice dell’articolo, Érika Le Bourdais del Trottier Institute for Research on Exoplanets dell’Université de Montréal. «Il fatto che vi sia accrescimento in corso anche in questa fase suggerisce che le nane bianche potrebbero conservare resti planetari ancora soggetti a cambiamenti dinamici».

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