TRASCRIZIONE DELLA DECIMA PUNTATA DI “HOUSTON”

Tre ore per salvare Integral

Sopravvivere nello spazio senza propulsori, e facendo le capriole regolarmente per scaricare le ruote di reazione. E pure senza possibilità di rifugiarsi, in caso di problemi, in un safe mode. Lo ha fatto per circa quattro anni il telescopio spaziale Integral, che dopo una catena di eventi cominciata nel 2015 ha adottato questa modalità di funzionamento ingegnosa e alternativa, che lo ha brillantemente portato a fine carriera. Con il racconto, la sofferenza e la soddisfazione, di Andreas Rudolph e Richard Southworth, del centro di controllo missioni dell’Esa

     18/08/2025

Quella che segue è la trascrizione del decimo episodio di Houston, un podcast di Media Inaf che parla di spazio, atterraggi falliti, innovazioni disperate e soluzioni geniali. Ideato, realizzato e condotto da Valentina Guglielmo, quest’episodio – pubblicato per la prima volta il primo novembre 2024  – è dedicato al telescopio spaziale Integral dell’Esa e ha come ospiti Andreas Rudolph e Richard Southworth, del centro di controllo missioni dell’Esa. Potete ascoltarlo su Apple Podcasts, su Spotify e su YouTube. Oppure direttamente da qui.


Crediti immagine artistica di Integral: Esa

Andreas Rudolph
And like half an hour later I got a message from him saying, “Integral is in Emergency Safe mode, Integral is in Esom… and I said “Oh my god… We knew we couldn’t survive in this mode for longer than three hours”

[inizio musica]

Valentina Guglielmo
Il 22 settembre 2021, intorno a mezzogiorno, il telescopio spaziale per l’osservazione dei raggi gamma Integral è entrato in safe mode. Una delle tre “ruote di reazione” del veicolo spaziale, fondamentali per mantenere l’assetto, ha smesso di ruotare senza preavviso, causando un effetto a catena che ha destabilizzato il telescopio al punto da farlo cominciare a ruotare su sé stesso. Non solo le sue condizioni erano fuori controllo, ma a causa della rotazione Integral non riusciva a comunicare con la Terra, inviava dati e informazioni in modo frammentario, i pannelli solari non riuscivano a mantenere l’orientazione verso il Sole e le batterie si stavano scaricando rapidamente. Con un’autonomia energetica di poche ore, la possibilità di perdere la missione dopo 19 anni di volo, era più che reale.

La voce che avete sentito all’inizio è di Andreas Rudolph – responsabile della Divisione delle missioni Astronomiche del centro di controllo dell’Esa a Darmstadt. In un racconto a due voci assieme a Richard Southworth, operations manager di Integral, ascolteremo cos’è successo quel giorno, in quelle poche ma eterne ore che avrebbero determinato la sopravvivenza del telescopio. Scopriremo quali antefatti hanno creato le condizioni affinché un safe mode – una manovra di emergenza pensata per preservare la salute di un veicolo spaziale – potesse trasformarsi in un pericolo letale.

Io sono Valentina Guglielmo e questo è un podcast di Media Inaf che parla di spazio, atterraggi falliti, innovazioni disperate e soluzioni geniali. Si chiama Houston.

[fine musica]

Valentina Guglielmo
Ho incontrato Andreas Rudolph e Richard Southworth lo scorso anno, in una mattina di inizio dicembre, nel loro ufficio al centro controllo missioni dell’agenzia spaziale europea, a Darmstadt. Esoc, questa è la sigla di questo centro da cui si controllano e si manovrano tutte le missioni dell’Esa; è diviso in vari dipartimenti a seconda del tipo di satelliti con cui si ha a che fare. Paolo Ferri e Andrea Accomazzo, con cui abbiamo parlato di missioni dirette su Marte o sulla cometa Churyumov-Gerasimenko, ad esempio, afferivano al dipartimento che gestisce le missioni interplanetarie, quelle che si allontanano dalla Terra e volano nello spazio profondo. Andreas Rudolph e Richard Sowthworth, invece, lavorano nel dipartimento che gestisce le missioni astronomiche, cioè i telescopi spaziali in orbita attorno alla terra, che osservano l’universo da fuori l’atmosfera. Fra questi ci sono sia il telescopio a raggi X Xmm-Newton, di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata di Houston, sia Integral, il protagonista di questo racconto.

Andreas Rudolph mi ha accolto nel suo ufficio con in mano un modellino lego di Integral, e mi ha fatta accomodare in una scrivania sulla quale aveva preparato una serie di fascicoli e documenti riguardanti le storie che mi voleva raccontare. Mentre parlava, con il suo modellino in mano, mi mostrava esattamente quali movimenti eseguiva il satellite, come orientava i pannelli solari, e dove si trovavano le unità interessate dai guasti. Cose che io proverò a descrivere a parole, seguendo il suo racconto.

[Audio del lancio di Integral]

Valentina Guglielmo
Integral è un telescopio che osserva alle frequenze dei raggi gamma, inaccessibili da Terra, da poco più di 22 anni. È stato lanciato il 17 ottobre 2002 per una missione nominale di 2 anni e mezzo, estendibile fino a cinque anni. Nei suoi primi anni di vita però ha funzionato così bene che l’Esa ha deciso di continuare ad oltranza. Anche negli anni seguenti, a dire il vero, almeno fino al 2015. Sta comunque ancora lì, sopra le nostre teste, nonostante i guai di cui parleremo in questo episodio. Anzi, forse è più corretto dire che sta ancora lì proprio grazie ai guai di cui parleremo fra poco – che hanno permesso di architettare soluzioni ingegnose che hanno finito per prolungarne la vita.

[musica]

Valentina Guglielmo
Integral è l’osservatorio per i raggi gamma più sensibile mai lanciato. A queste frequenze, è in grado di osservare i fenomeni più energetici dell’universo, prodotti dalle sorgenti più esotiche e dagli eventi più violenti, come buchi neri, stelle di neutroni, supernove, e i cosiddetti gamma ray bursts – lampi di luce gamma. Siccome i raggi gamma vengono catturati dall’atmosfera terrestre e in particolare dalle linee di campo magnetico, qualsiasi telescopio voglia osservare a queste frequenze deve stare in orbita a un’altitudine molto elevata. Per questo Integral percorre un’orbita ellittica che compie una rivoluzione attorno alla Terra in 72 ore circa e il cui apogeo – cioè il punto più lontano dal nostro pianeta – dista circa 150 mila chilometri dalla superficie. La sua forma è piuttosto banale: si tratta di un parallelepipedo con la base più corta dell’altezza, ai cui lati sono attaccati dei pannelli solari molto lunghi. È un satellite piuttosto grande, con un corpo lungo 5 metri e un peso al lancio maggiore di 4 tonnellate. Fra i suoi cavalli di battaglia, l’osservazione del centro della nostra galassia, al quale ha dedicato moltissime ore e che ha ripreso, primo nel suo genere, con un dettaglio senza precedenti.

[fine musica]

Valentina Guglielmo
Fatte le dovute presentazioni, possiamo cominciare a parlare di problemi. Il 22 settembre 2021, dicevamo all’inizio di questa puntata, intorno a mezzogiorno, il telescopio spaziale Integral entra in safe mode. Dopo 19 anni di onorato servizio, il satellite, che a causa di questo malfunzionamento aveva preso a ruotare su sé stesso, stava scaricando rapidamente le batterie e rischiava di esaurirle. Secondo i calcoli, c’erano solo tre ore di tempo. Ma cosa stava succedendo?

Andreas Rudolph
All the teams here had no tools, had no procedures…

[doppiaggio]
I ragazzi del team di Integral non avevano strumenti, non avevano procedure, avevano solo il loro cervello per portare a termine questo lavoro. Davvero. Perché non era un caso scritto nel libro. Si può definire il momento Apollo 13 di Integral, e certamente è stato l’Apollo 13 della mia vita professionale, perché non sono mai stato così vicino a perdere una missione spaziale, e sono estremamente felice che non sia successo; credo che oltre all’ingegno del team ci sia stato anche un pizzico di fortuna.

Valentina Guglielmo
Ingegno e un briciolo di fortuna, dunque, i due ingredienti che avrebbero salvato Integral. E, aggiungerei, una profonda conoscenza dello strumento da parte di chi ci lavorava ormai da quasi vent’anni. Quando ho chiesto ad Andreas Rudolph di raccontarmi questa vicenda, infatti, la prima cosa che mi ha detto è stata “ogni bella storia ha almeno un antefatto”. Come a dire, se vogliamo capire quanto successo nel 2021 dobbiamo ricordarci anche di alcuni episodi successi prima, che completano il mosaico. Se vogliamo parlare di quanto successo a Integral nel 2021, in particolare, dobbiamo innanzitutto andare indietro di un anno circa, a maggio 2020, in piena primavera pandemica, e poi ripescare anche un episodio accaduto nel 2015. Vi chiedo quindi di pazientare un po’, perché torneremo al safe mode del 2021 più tardi.

[stacco razzo]

Andreas Rudolph
We were in 2020, May 2020, in the middle of the pandemic…

[doppiaggio]
Eravamo nel 2020, maggio 2020, nel bel mezzo della pandemia. Era appena passato il primo picco della pandemia, che ovviamente ha colpito anche il nostro lavoro qui all’ESOC. Praticamente lavoravamo tutti offline da casa, e avevamo solo un equipaggio minimo di controllori della missione che gestivano il lavoro quotidiano sulla navicella in presenza, mentre il resto del team lavorava in remoto. Una mattina abbiamo ricevuto questo messaggio: Integral è entrato in ESOM, che è la modalità di safe mode di emergenza.

Valentina Guglielmo
Come molti dei problemi raccontati in questo podcast, anche nel 2020 la segnalazione del problema da parte del telescopio Integral è cominciata con un safe mode. Andreas Rudolph mi racconta che, lì per lì, capire come mai il satellite si fosse rifugiato nella modalità di sicurezza non fu difficile, ma la cosa che disturbava il team, e che proprio non si riusciva a comprendere, era che il satellite continuava a perdere il puntamento e, addirittura, segnalava una fase di eclissi dal Sole che, nella posizione in cui si trovava, non doveva esserci.

In pratica Integral si era girato spalle al Sole, utilizzando l’energia immagazzinata senza ricaricare i pannelli. Con il rischio di scaricare le batterie. Già da una prima analisi fu chiaro che il problema era nato dal sistema di propulsione, che era entrato in funzione per fare l’offload delle ruote di reazione.

Come dicevamo, Integral è un telescopio spaziale che orbita attorno alla Terra seguendo una traiettoria ellittica piuttosto allungata, per rimanere quanto più tempo possibile fuori dalla magnetosfera terrestre. Il suo percorso è stabile, ed è sempre uguale. Nonostante questa condizione di stabilità dinamica, Integral – come tutti i telescopi e i satelliti in orbita – necessita di un sistema di propulsione attivo che agisce per dissipare il momento angolare accumulato dalle ruote di reazione. Ne abbiamo parlato nel terzo episodio di Houston, per Mars Climate Orbiter, ad esempio: queste ruote fanno parte della dotazione di base di una qualunque missione spaziale e servono, per esempio, a mantenere stabile l’assetto contrastando la pressione del vento solare sulla sonda. Oppure a eseguire piccole manovre di aggiustamento della traiettoria durante il viaggio; o ancora, nel caso di un telescopio come Integral, queste ruote servono per puntare in maniera precisa verso una sorgente da osservare.

[musica]

Valentina Guglielmo
Immaginiamo quindi che il telescopio spaziale stia puntando una sorgente particolare, e che la debba osservare con un tempo di integrazione di molte ore. Significa che deve rimanere immobile nello stesso assetto contrastando tutte le forze esterne che tendono a discostarlo. L’elemento di disturbo principale – lo dicevamo prima – è il vento solare, che con le sue particelle cariche esercita una pressione sui pannelli solari e induce una rotazione. È una forza molto piccola, ma se applicata per un periodo di tempo lungo e su una superficie grande come quella dei pannelli solari di Integral (larghi 15-20 metri), diventa significativa. Il satellite è quindi dotato di tre ruote di reazione che ruotano nel verso opposto e contrastano questa pressione rotazionale del Sole. Nel tempo però, per contrastare l’accumulo di momento angolare – l’energia di rotazione – queste ruote sono costrette a girare sempre più velocemente fino a raggiungere la massima velocità di rotazione che riescono a sostenere. Raggiungono quello che in gergo si chiama livello di saturazione. A questo punto, per continuare nella loro funzione, devono prima “scaricarsi” eseguendo un offload – una manovra nella quale intervengono i propulsori che mantengono stabile l’assetto mentre le ruote rallentano. Nel caso di Integral questa operazione veniva eseguita in media ogni 2-3 giorni.

[fine musica][

Valentina Guglielmo
Quel giorno di maggio 2020, un sabato sera, durante la manovra di desaturazione delle ruote di reazione, anziché mantenere stabile il telescopio mentre le ruote si scaricavano, i propulsori hanno cominciato a far muovere il telescopio facendogli perdere l’assetto, innescando immediatamente la reazione di safe mode. In queste circostanze, solitamente il satellite si spegne, rivolge i propri pannelli solari al Sole per garantire potenza elettrica, rivolge le proprie antenne verso terra e si mette in attesa. Tutto sembrava funzionare come previsto, tanto che il team decise di lasciare il telescopio in quelle condizioni fino al mattino seguente. Quando la squadra si riunì nuovamente la domenica mattina per analizzare il problema e recuperare il telescopio però, trovò un messaggio d’errore: Integral diceva di essere “entrato in eclissi”. L’eclissi è una fase normale durante l’orbita di qualunque satellite, e succede quando Terra si frappone fra il satellite e il Sole. La cosa strana, però, è che nella posizione in cui si trovava Integral al momento del problema non era prevista alcuna eclissi. Il satellite, spontaneamente, si era girato di spalle al Sole. Divenne chiaro sin da subito che si trattava di un problema generale al sistema di propulsione. E, a quel punto, nemmeno il safe mode era più un luogo sicuro. Bisognava invece uscirne velocemente perché non ci si poteva più fidare dei propulsori.

Andreas Rudolph
It turned out in the analysis, eventually, that somehow, we thought…

[Doppiaggio]
Nelle analisi, alla fine, è emerso che in qualche modo, mentre noi pensavamo di avere a bordo dai 25 ai 30 kg di carburante sotto forma di idrazina, questi non erano accessibili. Una specie di mistero… Quindi, scoprimmo che non c’era più carburante a bordo e a questo punto bisogna andare indietro al 2015, forse il giorno in cui tutto è iniziato. Beh, Integral è stato costruito ben prima di qualunque normativa sui detriti spaziali. Tuttavia, ci siamo resi conto che se avessimo fatto una manovra nel 2015, a causa del modo in cui l’orbita evolve, avremmo potuto garantire che, a missione conclusa, la navicella non sarebbe rimasta un detrito spaziale per i secoli a venire. Nel 2015, quindi, abbiamo fatto una valutazione molto attenta e abbiamo effettuato la manovra programmando il rientro di Integral per il febbraio 2029 in Antartide. Abbiamo utilizzato molto carburante per quella manovra, probabilmente aggravando la situazione del carburante a bordo, o causando un guasto. Anche se non potevamo prevedere che i 25 kg di carburante rimanenti non sarebbero più stati accessibili in seguito.

[Audio da un podcast dell’Esa su Integral]
For almost two decades, an enormous spacecraft in orbit around Earth has been observing the most violent and energetic parts of our Universe. Last year, its thrusters failed, needed to manoeuvre the spacecraft in orbit and point it in the precise direction of the fascinating objects it studied, such as black holes and the biggest explosions in the Universe: gamma ray bursts. On 17th of July, it will be 365 days Integral thrusters last fired. Yet today, the science continues.

[doppiaggio]
Per quasi due decenni, un enorme telescopio spaziale in orbita attorno alla Terra ha osservato i fenomeni più violenti e più energetici dell’Universo. Lo scorso anno si sono guastati i suoi propulsori, necessari per manovrare la sonda in orbita e puntarla nella direzione precisa degli oggetti studiati, come i buchi neri e le più grandi esplosioni dell’Universo: i gamma ray burst. Il 17 luglio 2020 ricorre l’anniversario dell’ultima accensione dei propulsori di Integral. Ma oggi il telescopio continua a fare scienza.

Valentina Guglielmo
Insomma, nel 2020, Integral ha perso il proprio sistema di propulsione. Il 17 luglio 2020, si sente in questo podcast dell’agenzia spaziale europea del 2021, i propulsori di Integral hanno funzionato per l’ultima volta. Da un lato era stato impiegato molto carburante per la manovra del 2015, dall’altro per motivi ancora sconosciuti il sistema propulsivo perdeva pressione a ogni accensione, tanto che alla fine il propellente divenne inaccessibile. Per uscire dall’emergenza, e per provare a salvare la vita al telescopio, la prima cosa da risolvere era trovare un metodo per eseguire l’offload delle ruote di reazione senza propellente.

Andreas Rudolph
The question at that point in time was “what do I do with the mission…

[doppiaggio]
La domanda che ci si poneva in quel momento era “cosa ne facciamo della missione se non possiamo scaricare le ruote di reazione”. Questo è il problema che abbiamo dovuto risolvere nel 2020, perché gli scienziati volevano continuare la missione e noi non volevamo arrenderci. Forse è orgoglio professionale, o forse è solo perché qui all’ESOC siamo noti per salvare e fare l’impossibile per mantenere in vita le cose (ride)… comunque: alla fine abbiamo trovato un modo per far funzionare Integral senza bisogno dei propulsori per desaturare le ruote.

Valentina Guglielmo
L’idea che salvò la situazione arrivò, alla fine, da due membri del team, che riuscirono a organizzare una serie di manovre per invertire il segno del momento angolare; per dirla in parole semplici, queste manovre invertivano il senso di rotazione delle ruote in modo che queste si scaricassero naturalmente mentre eseguivano il loro lavoro.

Questa idea, da allora, non è più stata abbandonata. La nuova modalità di funzionamento di Integral – attiva dal 2020 – si chiama “z-flip”, perché consiste banalmente nel girare il satellite sottosopra usando l’asse “z”. Sulla Terra, si chiama “asse z” l’asse verticale, quello che misura l’altezza per capirci, mentre x e y sono gli assi orizzontali di lunghezza e larghezza. Nello spazio, invece, il piano x y è quello su cui il satellite ruota, mentre z solitamente rimane fisso. Eseguire uno “z-flip”, cioè girare il satellite usando l’asse z, significa quindi letteralmente metterlo sottosopra. E così, una volta girato, per mantenere stabile l’assetto e contrastare la pressione del vento solare le ruote devono girare in senso opposto. Da allora, ogni tre o quattro giorni il telescopio Integral viene capovolto, e da più di quattro anni sopravvive senza alcuna propulsione. L’unico limite a questa soluzione, come mi ha raccontato Richard Southworth, riguarda la scelta delle sorgenti da osservare. Da un lato queste devono essere scelte sulla base delle rotazioni che deve eseguire il telescopio, e dall’altro possono essere osservate per meno tempo, perché il telescopio, con le ruote di reazione in una determinata configurazione, ha il tempo contato.

Richard Southworth
I was surprised how well it worked…

[doppiaggio]
Sono rimasto sorpreso da quanto abbia funzionato bene… l’unica cosa è che non possiamo puntare un obiettivo per più di 3 o 4 giorni, mentre prima potevamo passare anche una o due settimane a guardare lo stesso obiettivo.

[stacco musicale][

Valentina Guglielmo
Facciamo ora un salto temporale di un anno, e arriviamo finalmente a settembre 2021, quando da più di un anno Integral si reggeva su un nuovo equilibrio, senza propulsori e capovolgendosi al bisogno.

In quei giorni Andreas Rudolph si trovava a Friedrichshafen, sul lago di Costanza, per un meeting di aggiornamento su Integral con l’azienda aerospaziale Airbus, mentre Richard Southworth era rimasto al controllo della missione a Darmstadt. Southworth aveva appena finito di presentare la nuova modalità di funzionamento del telescopio quando, ancora collegato in videoconferenza, riceve l’avviso di un nuovo safe mode. Una piccola precisazione. Abbiamo detto che Integral da circa un anno funzionava senza i propulsori. C’era però una situazione, il safe mode, che rimaneva attiva al bisogno e che necessitava dei propulsori ad ogni costo. Dopo quell’episodio questa circostanza non si era più presentata, e il team di Integral, dunque, non sapeva come sarebbe stata gestita dal satellite. Sentiamo Southworth.

Richard Southworth
It was a very normal day. I was actually in the meeting with Airbus,…

[doppiaggio]
Era una giornata normale. Ero in riunione con Airbus e ho presentato Integral parlando di quanto bene procedesse la missione. Poco dopo la presentazione, mentre ero ancora collegato alla riunione, uno dei controllori di turno mi ha detto che il telescopio era entrato in safe mode di emergenza. Senza troppo preoccuparmi ho detto agli altri partecipanti alla riunione: “A proposito, abbiamo un ingresso in safe mode, vediamo come va”. Sapevamo già di avere problemi con i propulsori e normalmente il safe mode si basa su questi. Inizialmente ha funzionato, abbiamo visto la navicella spostarsi per puntare al Sole e avere radiazione sui pannelli solari, ma prima di stabilizzarsi lì, sono cominciati i problemi. La navicella ha continuato ad allontanarsi lentamente dal sole, mentre noi cercavamo disperatamente di prendere il controllo, finché abbiamo perso il puntamento. La navicella non sapeva più dove fosse il sole e nel tentativo di trovarlo ha iniziato a ruotare sempre più velocemente.

Valentina Guglielmo
Il satellite, dunque, aveva preso a ruotare su sé stesso alla disperata ricerca del Sole. Contemporaneamente, le ruote di reazione avevano raggiunto il proprio limite di saturazione, facendo perdere definitivamente il controllo dello spacecraft. Una situazione simile, mi racconta Richard Southworth, non era mai stata prevista in alcuna procedura.

Richard Southworth
This was never foreseen: the safe mode of a satellite is the ultimate backrope:…

[doppiaggio]
Questo non era mai stato previsto: il safe mode, per un satellite, è il massimo della sicurezza: dovrebbe funzionare sempre. Non è stato così. Non ha funzionato. Avevamo un satellite in rotazione, con i pannelli solari lontano dal sole e le batterie che si stavano lentamente scaricando. Abbiamo calcolato che nel giro di tre ore le batterie si sarebbero scaricate. Avevamo solo tre ore per salvare Integral.

Valentina Guglielmo
Per uscire da questa situazione il più velocemente possibile, il team di Integral a Darmstadt si divise in due: un gruppo cercava di guadagnare tempo trovando tutti i modi per risparmiare sul consumo energetico del satellite, spegnendo qualunque unità non strettamente necessaria alla sopravvivenza; mentre il secondo gruppo, assieme alle persone che stavano seguendo il meeting in Airbus, ancora in collegamento con Darmstadt, cercava di pensare a una via d’uscita da questa situazione.

Andreas Rudolph
I was down in Friedrichshafen, and I immediately travelled back…

[doppiaggio]
Ero a Friedrichshafen e sono tornato subito indietro. Sorprendentemente, da dopo la pandemia è possibile seguire tutte queste cose dal treno, se si dispone di una connessione internet e di un canale di teleconferenza. Così ho potuto seguire in diretta gli sviluppi e il lavoro del team qui all’Esoc. E c’erano anche altri team in tutta Europa che ci sostenevano. C’è voluta davvero la combinazione di cervelli sparsi per tutta l’Europa per salvarci da questo Apollo 13 di Integral.

Valentina Guglielmo
How did you feel?

Andreas Rudolph
I wasn’t sure what I would find when I come back to Esoc. I think…

[doppiaggio]
Non ero sicuro di cosa avrei trovato al mio ritorno all’Esoc. Credo che fosse passata la mezzanotte quando sono entrato nella sala controllo, le squadre erano lì – ovviamente erano tutti esausti, ma quel momento era davvero il culmine. Il momento che decideva il successo o il fallimento. Perché le batterie erano vicine al punto che noi chiamiamo “ginocchio”, poco prima di iniziare a collassare. Fino ad allora si sono comportate benissimo, reggendo molto più a lungo del previsto, per fortuna.

Valentina Guglielmo
La prima squadra era quindi riuscita a ridurre il consumo energetico di Integral e prolungarne la vita fino quasi a mezzanotte. Parallelamente, la seconda squadra aveva isolato e disattivato i propulsori, attivando una modalità di funzionamento di base che viene di solito utilizzata appena il telescopio lascia il razzo lanciatore, e attiva le ruote di reazione. In questo modo le ruote potevano essere controllate direttamente da terra, una per volta. La priorità era sicuramente arrestare la rotazione del telescopio, per poi orientarlo verso il Sole. A voler essere precisi, il telescopio non solo ruotava, ma eseguiva quelle che in gergo si chiamano “nutazioni”. Come quando fate ruotare una trottola e mentre perde velocità notate che comincia a oscillare in un movimento che disegna una sorta di clessidra. Questo rendeva le cose più complicate perché la rotazione non era costante, e quando da terra veniva calcolato un comando da inviare alle ruote sulla base di un certo valore di spin – o rotazione –, al momento dell’invio il valore era già cambiato e il comando risultava inefficace. Il problema da risolvere era chiaro. Quel che era difficile, era capire come scrivere una procedura interattiva che gradualmente facesse riacquisire il controllo dello spacecraft e insegnasse agli operatori come manovrarlo. Dopo un periodo di osservazione e svariati tentativi la squadra riuscì a capire come prevedere il cambiamento nella rotazione di Integral nel tempo, e come preparare dei comandi che risultassero adeguati al momento dell’invio.

Richard Southworth
I think it toke us about twelve hours…

[doppiaggio]
Credo che ci siano volute circa dodici ore per riuscire a controllare in modo affidabile il satellite, tornare a una configurazione di puntamento del sole in cui il bilancio energetico fosse positivo e le batterie si ricaricassero.

Valentina Guglielmo
So, twelve hours? But you said three before…

Richard Southworth
Yes, luckily we swiched off so many units that we were able to save…

[doppiaggio]
Sì, fortunatamente abbiamo spento così tante unità di consumo che siamo riusciti a risparmiare molta energia. Abbiamo ridotto il consumo di energia circa dell’ottanta per cento e questo ci ha permesso mantenere una maggiore autonomia. E a poco a poco, man mano che riprendevamo il controllo, riuscivamo a puntare il sole un po’ più a lungo a ogni rotazione. Così, un po’ alla volta, abbiamo migliorato la situazione. Non si è trattato di una soluzione binaria, in cui improvvisamente abbiamo preso il controllo, ma di guadagnare lentamente un po’ di controllo, vedere il sole sui pannelli un po’ più a lungo, imparare dai nostri errori, e convergere gradualmente.

Valentina Guglielmo
Nelle dodici ore di corsa di cui parla Southworth, la squadra riuscì a ridurre gradualmente la rotazione del satellite, arrestarne la nutazione, e orientare i pannelli al Sole. E non è un caso se ho paragonato quella giornata a una corsa. Gli sportivi all’ascolto lo capiranno subito, e gli altri forse troveranno altri paragoni ugualmente appropriati: quando si gareggia in una competizione lunga, alcuni momenti di sconforto arrivano inevitabilmente, e sembra quasi che la fatica prenda il sopravvento sulla motivazione. Quando finisce tutto, però, rimane l’adrenalina e la soddisfazione di aver portato a termine l’impresa. Sentite Southworth.

Richard Southworth
In the end I think I went home at 5 o’ clock in the morning…

[doppiaggio]
Alla fine credo di essere andato a casa alle 5 del mattino. Non ho dormito. Avevo così tanta adrenalina in circolo che non ho dormito. Sono tornato qui alle dieci del mattino. È stata una giornata fantastica. È stato molto preoccupante, in alcuni momenti è stato terrificante, ma a ripensarci ora è stata una giornata fantastica (ride). Credo di non aver mai prodotto così tanta adrenalina. Uno dei ragazzi che mi ha aiutato quel giorno mi ha detto: “Guarda, questi sono i giorni che racconterai ai tuoi nipoti. Non dimenticheremo mai questo giorno. La maggior parte dei giorni qui passa e basta, ma quel giorno lo ricorderemo per sempre. (Ride)

[inizio musica]

Valentina Guglielmo
Da circa tre anni Integral funziona senza propulsori, e con la modalità di safe mode disabilitata. Continua a osservare il cielo capovolgendosi ogni tanto quando le ruote di reazione arrivano a saturazione. Per qualche anno ancora, fino a quella famosa manovra di deorbiting preparata nel 2015 che lo farà rientrare al Polo Sud. Dopo Xmm-Newton e dopo Integral, anche la prossima puntata sarà dedicata a un telescopio. Il più famoso di tutti, il telescopio che ha portato le meraviglie del cosmo nelle case di tutto il mondo, il telescopio spaziale Hubble. La cui prima vista, però, fu decisamente miope. A portargli il paio d’occhiali che gli salvarono la vista, e la vita, alcuni astronauti che intrapresero la prima di una serie di visite al telescopio in orbita a circa 550 km sopra le nostre teste. A raccontarcelo, Antonella Nota, nella prossima puntata di Houston, un podcast di Media Inaf che parla di spazio, atterraggi falliti, innovazioni disperate e soluzioni geniali.

[fine musica][


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