LO STUDIO SU PUBLICATIONS OF THE ASTRONOMICAL SOCIETY OF JAPAN

C’è zolfo nel mezzo interstellare della Via Lattea

Un gruppo internazionale di ricercatori ha rivelato la presenza di zolfo nel mezzo interstellare della nostra galassia. È la prima volta che questo elemento viene rivelato simultaneamente allo stato solido e a quello gassoso. I dati che hanno consentito la scoperta sono stati ottenuti col telescopio Xrism, sfruttando l'emissione X del sistema binario Gx 340+0

     28/07/2025

Lo hanno trovato sia in forma gassosa che solida, scrutando il cielo nei raggi X col telescopio spaziale a guida giapponese Xrism – si pronuncia Crism, e il suo nome sta per X-ray Imaging and Spectroscopy Mission –, illuminato dalla radiazione energetica emessa da un sistema binario di stelle, in direzione della costellazione dello Scorpione.

È lo zolfo, elemento chimico che conosciamo bene sulla Terra, ma che mai avevamo trovato nello spazio simultaneamente nello stato solido e in quello gassoso. E non lo abbiamo trovato chissà dove ma proprio qui, nella Via Lattea.

Il telescopio spaziale Xrism. Crediti: Jaxa

«Lo zolfo è importante per il funzionamento delle cellule del nostro corpo qui sulla Terra, ma abbiamo ancora molti interrogativi su dove si trovi nell’universo», dice Lía Corrales, della sede di Ann Arbor dell’Università del Michigan, Stati Uniti, prima autrice dello studio che presenta la scoperta, uscito lo scorso mese su Publications of the Astronomical Society of Japan. «Lo zolfo può facilmente passare da gas a solido e viceversa. Il telescopio spaziale Xrism fornisce la risoluzione e la sensibilità necessarie per individuarlo in entrambe le forme e scoprire di più su dove potrebbe nascondersi».

Lo hanno trovato nel mezzo interstellare, ovvero l’insieme di gas e polveri diffusi fra le stelle, sia da solo, slegato da altri elementi chimici, che mescolato al ferro. Composti di zolfo e ferro sono stati spesso trovati all’interno dei meteoriti che, come le nubi molecolari, ospitano lo zolfo in forma solida. Lo zolfo gassoso invece non sopravvive in regioni dense come le nubi molecolari.

Per i composti solidi, Corrales e collaboratori hanno identificato più sostanze che sarebbero compatibili col segnale osservato: pirrotite, troilite e pirite, quest’ultima nota anche come oro degli sciocchi per il suo aspetto che ricorda il prezioso metallo.

«La chimica in ambienti come il mezzo interstellare è molto diversa da qualsiasi cosa possiamo fare sulla Terra, ma abbiamo modellato lo zolfo combinato con il ferro e sembra corrispondere a ciò che stiamo osservando con Xrism», aggiunge la coautrice Elisa Costantini, astronoma della Space Research Organization Netherlands e dell’Università di Amsterdam. «Il nostro laboratorio crea da anni modelli per diversi elementi da confrontare con i dati astronomici. La campagna è in corso e presto avremo nuove misurazioni dello zolfo da confrontare con i dati Xrism per saperne ancora di più».

Il sistema binario che ha consentito la scoperta si chiama Gx 340+0 e si trova a 35mila anni luce dal nostro pianeta. I raggi X prodotti dal sistema sono dovuti alla caduta di materiale da parte di una stella su un oggetto compatto, ovvero un buco nero di massa stellare, una nana bianca oppure una stella di neutroni.

Regione della Via Lattea verso la quale è stato puntato il telescopio Xrism. Il sistema di binarie X Gx 340+0 splende in azzurro nella parte centrale dell’immagine. L’immagine è stata ottenuta combinando dati ottenuto nell’ottico, nell’infrarosso e nei raggi X, questi ultimi mostrati in azzurro. Crediti: Dss/Decaps/eRosita/Nasa’s Goddard Space Flight Center

I ricercatori hanno dapprima selezionato una regione del mezzo interstellare che non fosse così densa da assorbire la radiazione X prodotta dal sistema binario, né così rarefatta da lasciar passare i raggi X inalterati. Il mezzo interstellare ha in pratica agito come il nostro corpo durante una radiografia, che sfrutta il diverso livello di assorbimento da parte dei tessuti molli e delle ossa nei confronti della radiazione X per realizzare immagini di quel che si cela sotto la nostra pelle. Gx 340+0 ha avuto la fortuna – per noi – di trovarsi dietro questa regione di gas e di illuminarla, proprio come un tubo radiogeno. Le misure basate su un ulteriore sistema di binarie X, 4U 1630-472, hanno consentito di confermare i risultati ottenuti.

«L’Osservatorio a raggi X Chandra della Nasa ha già studiato lo zolfo in passato, ma le misurazioni di Xrism sono le più dettagliate finora», dice Brian Williams, scienziato del progetto Xrism presso il Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland. «Dato che Gx 340+0 si trova dall’altra parte della galassia rispetto a noi, le osservazioni a raggi X di Xrism rappresentano un’indagine unica sullo zolfo in un’ampia sezione della Via Lattea. C’è ancora molto da imparare sulla galassia che chiamiamo casa».

Per saperne di più:

  • Leggi su Publications of the Astronomical Society of Japan l’articolo “Xrism insights for interstellar sulfur” di Lía Corrales, Elisa Costantini, Sascha Zeegers, Liyi Gu, Hiromitsu Takahashi, David Moutard, Megumi Shidatsu, Jon M Miller, Misaki Mizumoto, Randall K Smith, Ralf Ballhausen, Priyanka Chakraborty, María Díaz Trigo, Renee Ludlam, Takao Nakagawa, Ioanna Psaradaki, Shinya Yamada e Caroline A. Kilbourne