Dieci minuti. Tanto è bastato alle particelle prodotte da un impatto con un asteroide – o una cometa – avvenuto circa 3.8 miliardi di anni fa per scavare due enormi canyon nell’emisfero sud della Luna. È quanto riporta uno studio guidato da David Kring, del Lunar and Planetary Institute (Usa), pubblicato oggi su Nature Communications.
Vista sui due grandi canyon che si irradiano dal bacino d’impatto di Schrödinger vicino al polo sud lunare. Crediti: Nasa/Ernie T. Wright
Dieci minuti per incidere sul volto della Luna due cicatrici lunghe e profonde: rispettivamente, 270 km di lunghezza e 2.7 km di profondità la prima, 280 km di lunghezza e 3,5 km di profondità la seconda. Due gole paragonabili al Grand Canyon dell’Arizona – per scavare il quale, però, il fiume Colorado ha impiegato milioni di anni, mentre qui è stato sufficiente il tempo di una sigaretta.
Larghezza e profondità del Grand Canyon (sulla Terra) e di Vallis Planck (sulla Luna) a confronto. Ogni fascia di colore corrisponde a 500 metri di dislivello. Crediti: David A. Kring, Danielle P. Kallenborn e Gareth S. Collins
Le due enormi gole si trovano in una regione “quantistica”, toponomasticamente parlando: il cratere Schrödinger, un cratere da impatto lungo il margine esterno dell’immenso bacino Polo Sud-Aitken (2400 km di diametro), là dov’è approdato il lander cinese Chang’e 6 lo scorso giugno e non lontano dalle possibili mete della futura missione Artemis III – quella che dovrebbe portare la prima donna e la prima persona di colore sul suolo lunare. E “quantistici” sono anche i loro nomi: Vallis Schrödinger e Vallis Planck.
Già si sapeva che entrambe le gole, così come gli altri canyon e le gravine che circondano il bacino di Schrödinger, sono state incise dai detriti rocciosi – il nome tecnico è ejecta – espulsi a raggiera durante un evento d’impatto. Nel nuovo studio si è partiti dalle fotografie della superficie lunare per produrre mappe da utilizzare, a loro volta, per calcolare la direzione e la velocità degli ejecta, così da poter arrivare a un modello del processo di formazione dei raggi scavati dagli ejecta. È questo modello che ha consentito agli autori dello studio di concludere che i due grand canyon debbano essere stati incisi sulla crosta lunare in meno di dieci minuti, da ejecta che viaggiavano a una velocità compresa tra 0.95 e 1.28 km al secondo. L’energia sprigionata, scrivono Kring e colleghi, sarebbe stata pari a circa 130 volte quella di tutte le testate nucleari oggi presenti sulla Terra.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Grand canyons on the Moon”, di David A. Kring, Danielle P. Kallenborn & Gareth S. Collins