PUBBLICATA SU SCIENCE ADVANCES

Antico lago marziano, la conferma da Perseverance

Misure radar dei sedimenti del cratere Jezero e del delta del suo fiume, effettuate dal rover Perseverance della Nasa, hanno confermato l’esistenza in passato di un ambiente lacustre, e hanno permesso di ricostruire la storia geologica della regione, caratterizzata da un’alternanza di depositi ed erosioni che hanno seguito i cambiamenti climatici del pianeta

     31/01/2024

Da circa tre anni il rover Perseverance passeggia sul suolo marziano. Sono 1048 Sol, o giorni marziani, durante i quali ha percorso quasi 25 km zigzagando nel cratere Jezero, sede di un antico lago marziano, e raccogliendo 23 campioni di suolo marziano da riportare sulla Terra. Fra il 10 maggio e l’8 dicembre 2022 Perseverance ha attraversato la zona di contatto fra il fondo del cratere e il delta di un antico fiume che lo alimentava, analizzando il sottosuolo con il suo strumento radar. I risultati sono stati pubblicati la scorsa settimana in un articolo su Science Advances.

Secondo le ricostruzioni storiche e geologiche più accreditate, il cratere Jezero, la cui origine è da attribuirsi a un grosso impatto con un meteorite, è stato un grande lago di acqua liquida alimentato da un fiume che, nel tempo, ha depositato strati di sedimenti sul pavimento del cratere. Il lago si è poi ridotto e i sedimenti trasportati dal fiume hanno formato un enorme delta. Quando il lago si è prosciugato, i sedimenti del cratere sono stati erosi, formando alcune caratteristiche geologiche particolari visibili oggi in superficie.

Nella parte posteriore del rover Perseverance si trova uno strumento, il Radar Imager for Mars’ Subsurface Experiment, o Rimfax, che è in grado di “vedere” sotto la superficie di Marte fino ad almeno 10 metri (o più, in base al materiale che incontra) di profondità, con una risoluzione verticale da 15 a 30 centimetri. Rimfax ha campionato, misurando il sottosuolo ogni 10 centimetri lungo il suo percorso, tutta la regione di contatto fra il cratere e il delta del fiume, riuscendo a scavare con gli occhi fino alla base dei sedimenti, dove si trova la superficie sepolta del pavimento del cratere. Per capire come il rover ha campionato il sottosuolo potete guardare l’animazione qui sopra.

Le misure radar hanno confermato che laggiù, un tempo, vi era davvero un lago coperto d’acqua, e hanno permesso anche di ricostruire una sequenza di erosioni e successivi depositi lacustri che lasciano ben sperare gli astrobiologi che sperano di trovare tracce di vita passata nei campioni raccolti da Perseverance. In particolare, la ricostruzione del sottosuolo ha evidenziato, più in profondità, uno strato di sedimenti orizzontali depositati su una superficie già precedentemente erosa e craterizzata. Questa prima successione di sedimenti orizzontali, secondo le misurazioni, è stata depositata in un ambiente acquoso che probabilmente si estendeva ben oltre l’attuale posizione del delta. Su questi sedimenti basali si sono poi depositati strati successivi di sedimenti in intervalli di tempo variabili, tutti caratterizzati anche da un periodo di erosione intermedio. Gli autori dell’articolo attribuiscono questa sequenza di eventi e stratificazioni a due distinti periodi di deposizione di sedimenti e altrettanti periodi di erosione, concludendo che la storia geologica di questa regione potrebbe essere stata guidata da cambiamenti su larga scala – con tempi scala geologici – nell’ambiente marziano.

Insomma, tutto lascia pensare che la scelta del luogo di atterraggio di Perseverance sia stata oculata. «È bello poter vedere così tante evidenze di cambiamento in un’area geografica così piccola, e questo ci permette di estendere le nostre scoperte alla scala dell’intero cratere», dice il primo autore dello studio, David Paige, dell’Università della California – Los Angeles. Nel video qui sotto – di Lior Rubanenko, Emily Cardarelli, Justin Maki e dello stesso Paige (Ucla, Jpl/Nasa) – possiamo ammirare anche noi il suolo del cratere Jezero in soggettiva mentre Perseverance lo percorre. Per sapere che cosa si cela all’interno dei sedimenti, invece, dovremo attendere le missioni che riporteranno i campioni sulla Terra, con il programma Mars Sample Return.

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