CON UN COMMENTO DI GIOVANNI SABATINI DI INAF

Alma indaga l’origine delle stelle massicce

In un recente studio pubblicato su The Astrophysical Journal, un team internazionale di ricercatori, osservando un esteso campione di nuclei all'interno di nubi interstellari, ha suggerito la necessità di nuovi modelli per spiegare l’evoluzione delle stelle massicce. Il team ha inoltre osservato che i progenitori di questo tipo di stelle potrebbero essere i nuclei più densi, piuttosto che quelli più massicci

     28/06/2023

Le stelle massicce – quelle aventi una massa più di 8 volte quella del Sole – sono tra le principali responsabili della creazione e diffusione nell’universo, attraverso le supernove, di elementi pesanti, compresi quelli necessari per la vita. Nonostante rivestano questo ruolo chiave, questo tipo di stelle è ancora avvolto da numerosi interrogativi, incluso quello sulla loro origine. Infatti, se gli astronomi sono riusciti a sviluppare modelli precisi per la nascita e l’evoluzione delle stelle meno massicce, molto più diffuse, per le loro sorelle maggiori, anche a causa della loro rarità, c’è ancora da indagare. 

Mappe delle emissioni di polvere per 39 Irdc dove si prevede in futuro la formazione di stelle massicce. Crediti: Alma (Eso/Naoj/Nrao), K. Morii et al.

Un team internazionale di astronomi guidato da Kaho Morii, ricercatrice all’Università di Tokyo, ha utilizzato il radiointerferometro Alma – un array di 66 radiotelescopi posto a 5000 metri di altitudine nel deserto di Atacama, in Cile – per studiare un campione di ben 39 nubi scure infrarosse (Irdc), estese e dense strutture di gas e polveri all’interno delle quali è previsto che si formeranno le stelle massicce. Il team si è focalizzato sulle nubi che non mostrano ancora alcun segnale di formazione stellare, proprio per avere la possibilità di indagare l’inizio del processo che porta alla formazione delle stelle di grande massa. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal il 20 giugno. 

All’interno delle Irdc, il team ha trovato più di 800 nuclei di nubi molecolari, strutture che gli astronomi pensano si evolveranno in stelle: il più grande campione finora studiato. Nella formazione di stelle di minore massa, dal 30 al 50% della massa iniziale del nucleo viene convertita in massa stellare, mentre il resto viene espulso. Assumendo lo stesso scenario di evoluzione delle stelle di minore massa, i ricercatori hanno trovato che il 99% di questi “bozzoli stellari” non avrebbe una massa sufficiente per diventare una stella massiccia. I nuclei dovrebbero accrescere gas aggiuntivo dall’ambiente circostante. Questi risultati supportano l’idea che per spiegare l’evoluzione delle stelle di grande massa sia necessario sviluppare nuovi modelli sostanzialmente differenti da quelli dell’evoluzione delle stelle di massa inferiore. 

Il team ha inoltre indagato la distribuzione spaziale dei nuclei. Negli ammassi stellari, le stelle massicce sono solitamente raggruppate, mentre quelle di massa minore seguono una distribuzione più ampia. Tuttavia, le osservazioni hanno rivelato che la posizione dei nuclei di massa maggiore non presenta alcuna particolare tendenza rispetto a quella dei nuclei di massa minore. D’altra parte, sono i nuclei più densi quelli che tendono a concentrarsi. Questo suggerisce che siano proprio i nuclei più densi, piuttosto che quelli più massicci, i progenitori delle stelle di massa elevata. 

«Abbiamo dimostrato con maggiore certezza rispetto agli studi precedenti che le stelle massicce seguono uno scenario di crescita diverso rispetto a quelle di minore massa. Inoltre, possiamo dedurre che i nuclei più densi negli ammassi possono crescere in modo più efficiente accumulando materiale circostante. Sembra quindi che la densità sia più importante della massa originaria per la formazione di stelle massicce», afferma la prima autrice dello studio Kaho Morii.  

Giovanni Sabatini, dell’Inaf Osservatorio Astrofisico di Arcetri, esperto di astrochimica e formazione stellare. Laureatosi in Astrofisica e Cosmologia, presso l’Università di Bologna, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Astrofisica in co-tutela tra l’Università di Concepciòn in Cile e l’Università di Bologna. Successivamente ha lavorato presso l’Istituto di Radioastornomia di Bologna e il Centro Regionale Europeo di Alma come esperto di interferometria. Crediti: G. Sabatini

Media Inaf ha raggiunto Giovanni Sabatini dell’Inaf Osservatorio Astrofisico di Arcetri, esperto di astrochimica e formazione stellare, co-autore dello studio, che commenta così la scoperta: «Il progetto Ashes (guidato dal Prof Patricio Sanhueza del National Astronomical Observatory of Japan) è nato dal desiderio di comprendere fino in fondo il processo di formazione delle stelle di grande massa. A oggi, Ashes ha dato accesso alla più vasta popolazione di nuclei prestellari scoperti in regioni di formazione stellare ad alta massa, attraverso la combinazione di osservazioni del continuo termico della polvere e di diversi traccianti molecolari. Il primo data-release Ashes ha già dimostrato che anche le regioni di formazione stellare molto giovani possono ospitare una frazione significativa di nuclei con formazione stellare già attiva. Con questo nuovo lavoro guidato da Kaho Morii, abbiamo appreso che solo una piccola frazione di questi nuclei, meno del 1%, ha una massa sufficiente per formare stelle massicce. Questi risultati supportano l’idea che il meccanismo di formazione delle stelle ad alta massa debba essere diverso da quello delle stelle simili al Sole. Ashes non è ancora concluso e ha ancora molto da raccontarci. È una grande soddisfazione personale essere coinvolto in questo grande progetto internazionale».

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