DAI RIFLESSI SPAZIALE AI RIFLESSI TEMPORALI

Specchi per il tempo, grazie ai metamateriali

Un team di scienziati del Cuny Advanced Science Research Center di New York è riuscito a realizzare un dispositivo in grado di produrre una “riflessione temporale” delle onde elettromagnetiche. L’innovativo esperimento, descritto oggi su Nature Physics, pone le basi per applicazioni rivoluzionarie. Ne parliamo con lo scienziato alla guida del laboratorio dove è stato condotto, il romano Andrea Alù

     13/03/2023

(a) Riflessioni spaziali convenzionali: una persona vede il proprio volto quando si guarda allo specchio, oppure quando ascolta l’eco sente i suoni tornare nello stesso ordine. (b) Riflessioni temporali: guardandosi allo specchio, una persona vede la propria schiena, e i colori sono diversi. Quanto all’eco, l’ordine invertito, simile a quello di un nastro riavvolto. (c) Illustrazione della piattaforma sperimentale utilizzata per realizzare le riflessioni temporali. Un segnale di controllo (in verde) viene utilizzato per attivare in modo uniforme una serie di interruttori (switches) distribuiti lungo una serpentina metallica. Alla chiusura/apertura degli interruttori, l’impedenza elettromagnetica del metamateriale varia bruscamente, facendo sì che un segnale a banda larga che si propaga in avanti (in blu) venga parzialmente riflesso nel tempo (in rosso) con tutte le sue frequenze convertite. Crediti: Andrea Alù (adattato da Nature Physics)

Sono onde di ritorno, quelle che ci restituiscono gli specchi. O che ci restituisce l’eco. Ad accomunare i due fenomeni è che le onde vengono riflesse, tornano a noi, nello stesso ordine in cui colpiscono la parete riflettente. Chi primo parte prima torna. In linguaggio informatico diremmo che lo specchio, o la parete di roccia che genera l’eco, funziona come un buffer Fifo, dall’inglese first-in-first-out.

Non è detto, però, che tutti i fenomeni di riflessione debbano seguire questo comportamento. È possibile immaginare anche una riflessione “del tempo”, in cui ciò che viene restituito in modo speculare non è la dimensione spaziale delle onde, bensì quella temporale, appunto. In questo caso, si avrebbe a che fare con un dispositivo analogo a quello che in informatica è un buffer Lifo, last-in-first-out: una strana eco che torna indietro a partire dall’ultima sillaba, come un nastro audio ascoltato al contrario.

Le riflessioni temporali emergono quando l’intero mezzo lungo il quale viaggia l’onda cambia improvvisamente e bruscamente le sue proprietà lungo tutto lo spazio. A queste condizioni, una porzione dell’onda viene invertita temporalmente, spiegano gli scienziati. E contestualmente la sua frequenza viene modificata – spostata lungo lo spettro. Come un luna park con una galleria di specchi deformanti che, invece di alterarci nello spazio allargandoci o rimpicciolendoci o stiracchiandoci, ci alterano nel tempo e nella frequenza, restituendoci non il volto ma la nuca, non più biondi ma con i capelli viola.

È da più di sessant’anni che gli scienziati teorizzano questo tipo di riflessioni temporali, ma si tratta di un fenomeno che fino a oggi, per le onde elettromagnetiche, non era mai stato osservato. La ragione? Realizzare un materiale in grado di modificare le sue proprietà “ottiche” alla velocità richiesta è una sfida tecnologicamente estrema.

Sfida che ora però, grazie a un esperimento rivoluzionario, è stata finalmente vinta: si è riusciti infatti a osservare per la prima volta le riflessioni temporali di segnali elettromagnetici in un metamateriale realizzato ad hoc. Ad annunciarlo è un articolo appena pubblicato su Nature Physics da un team del Cuny Advanced Science Research Center di New York, e in particolare dai ricercatori del dipartimento Photonics Initiative, il cui direttore e fondatore è uno scienziato romano, con laurea e dottorato conseguiti a Roma Tre: Andrea Alù.

«È stato davvero emozionante assistere a un fenomeno controintuitivo come questo», dice Alù, «sia perché era stato previsto molto tempo fa, sia perché le onde riflesse nel tempo si comportano in modo diverso rispetto a quelle riflesse nello spazio. Utilizzando un metamateriale frutto di un progetto d’avanguardia, siamo stati in grado di far sì che riesca a modificare le sue proprietà nel tempo, con estrema rapidità e con un grande contrasto».

Andrea Alù, professore di fisica al The City University of New York Graduate Center e direttore del Cuny Asrc Photonics Initiative

Il metamateriale messo a punto da Alù e il suo team è una serpentina metallica lunga sei metri contenente una serie d’interruttori (switches) elettronici che possono venire attivati contemporaneamente, causando una variazione brusca dell’impedenza presente lungo la linea. L’intensa e repentina – circa 3 nanosecondi – modifica delle proprietà elettromagnetiche che ne consegue dà luogo, appunto, a un’interfaccia temporale, spiegano i ricercatori, restituendo così una copia fedele – ma invertita nel tempo, dunque con le onde giunte per ultime in uscita per prime e viceversa – dei segnali in ingresso. Fedele fino a un certo punto, a dire il vero: oltre all’inversione temporale, come già abbiamo accennato, il segnale subisce anche una traslazione nel dominio della frequenza: detto altrimenti, se fossero onde visibili, vedremmo cambiare anche i colori: la luce rossa diventerebbe verde, quella arancione si trasformerebbe in blu e quella gialla apparirebbe violetta.

«Nel nostro esperimento la frequenza massima è in realtà intorno ai 50 MHz», spiega Alù a Media Inaf, dunque onde radio, non visibili, «ma stiamo lavorando a un altro setup che dovrebbe farci arrivare fino a decine di GHz. E in parallelo stiamo esplorando piattaforme che ci possono fare arrivare anche ai terahertz e alle frequenze infrarosse». Insomma, il fenomeno non è limitato a un range di frequenze: teoricamente può funzionare con onde elettromagnetiche di qualunque lunghezza. L’unico limite è la velocità degli switches, gli interruttori che controllano il metamateriale. Quanto invece alla durata che lo “specchio temporale” è in grado di riflettere, questa dipende essenzialmente dalla lunghezza del metamateriale: con una serpentina lunga sei metri come quella realizzata alla Cuny, l’intervallo massimo è di circa 30 nanosecondi.

Ma a cosa può mai servire uno “specchio temporale” di questo genere? Secondo Alù, potrà trovare applicazione a breve termine in tutte le tecnologie che richiedono un’inversione temporale e la cosiddetta coniugazione di fase. «Per esempio nelle comunicazioni wireless», spiega il ricercatore, «per operazioni come la stima di canale o la soppressione della distorsione. Anche applicazioni per l’imaging e il calcolo analogico possono beneficiare di questo fenomeno, visto che consente di ottenere coniugazione di fase e conversione di frequenza a banda larga, in modo ultrarapido e con consumi energetici ultracontenuti».

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