È STATO ANCHE DIRETTORE DELL’OSSERVATORIO DI ARECIBO

Ricordando Riccardo Giovanelli

Astronomo italiano naturalizzato statunitense, nato a Praticello di Gattatico (Reggio Emilia) il 30 agosto 1946, Riccardo Giovanelli è venuto a mancare la settimana scorsa, il 14 dicembre 2022, a Ithaca, nello stato di New York (Usa), dove era professore alla Cornell University. Lo ricorda oggi su Media Inaf un suo allievo e amico d’una vita, Marco Scodeggio dell’Inaf di Milano

     20/12/2022

Riccardo Giovanelli (1946 -2022). Crediti: M. Scodeggio

La settimana scorsa un messaggio ci ha portato una notizia che mai avrei voluto ricevere: Riccardo Giovanelli non è più tra noi.

La sua vita discretamente movimentata lo aveva portato dalla provincia di Reggio Emilia alle pianure argentine, poi di nuovo in Italia (laurea in fisica all’Università di Bologna), e infine a un trasferimento definitivo negli Stati Uniti. Prima nell’Indiana all’omonima università, poi in West Virginia all’Osservatorio radioastronomico di Green Bank, poi sull’isola di Portorico all’Osservatorio radioastronomico di Arecibo (di cui fu anche direttore), per finire quindi a Ithaca, nel nord-ovest dello stato di New York, come professore alla Cornell University.

Era una persona che non ha mai amato la notorietà e le cosiddette “luci della ribalta”, tanto da aver scelto non solo di vivere a Ithaca (la cui connotazione geografica, ben nota a chiunque abbia vissuto lì per qualche tempo, recita “Ithaca, in the middle of nowhere“), ma addirittura in uno dei punti più remoti e isolati di quel territorio. E questo ha forse contribuito a ridurre un poco la sua notorietà nei campi dell’astrofisica e della cosmologia osservativa, che a lui devono lavori pionieristici nello sviluppo delle redshift surveys e dello studio della distribuzione su grande scala delle galassie, e nello studio degli effetti di ambiente sulle proprietà delle stesse. Nel periodo a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del ‘900, quando i redshift si misuravano una galassia alla volta, la mappatura completa del superammasso di Perseo-Pesci richiese oltre dieci anni di lavoro con le osservazioni ad Arecibo, utilizzando la riga a 21 cm dell’idrogeno neutro; quelle stesse osservazioni consentirono anche di introdurre il concetto di “deficienza di contenuto di idrogeno neutro – HI deficiency“, deficienza osservata nelle galassie che si trovano negli ambienti a più alta densità (il valore di questi lavori è stato confermato dal conferimento nel 1989 della Henry Draper Medal da parte della National Academy of Sciences statunitense).

Ma Riccardo era anche una persona incredibilmente gentile, generosa e disponibile. Per dare un esempio concreto di questo vi chiedo: quante persone conoscete che hanno iniziato la propria carriera di studente di dottorato di ricerca, proprio il primissimo giorno, tirando giù dal letto con una telefonata alle 6:30 di mattina il proprio relatore-in-pectore per farsi venire a recuperare alla stazione degli autobus di un luogo sostanzialmente sconosciuto? Io lo feci con lui. Era il 15 gennaio 1992, la temperatura all’esterno era di sette gradi sotto zero, e c’erano parecchi centimetri di neve sul terreno (la connotazione climatica di Ithaca, altrettanto ben nota di quella geografica, recita scherzosamente “There are just two seasons in Ithaca, winter and the fourth of July“).

Riccardo Giovanelli. Crediti: M. Scodeggio

Queste sue doti umane eccezionali, unite alla grande competenza professionale, hanno portato negli anni alla nascita di un grande numero di relazioni di amicizia e lavoro, nelle quali probabilmente il primo aspetto era per tutti più importante del secondo. Nella mia lista di ricordi, limitatamente a colleghi e colleghe italiane, spiccano i nomi di Guido Chincarini, co-promotore dei primi lavori sulle redshift survey, e animatore di un matrimonio non proprio ortodosso nelle tempistiche e nell’organizzazione (mi perdonerà la sposa – nonché compagna di studi e di lavoro – Martha Haynes, per aver rispolverato questo punto), di Carlo Giovanardi e Peppo Gavazzi, giovani astronomi che si recavano a osservare ad Arecibo, e ne ricavavano non solo dati a 21 cm, ma anche serate in pizzeria e altri piaceri spiccioli della vita su un’isola caraibica (e un paio di volte anche la sorpresa di un qualche gadget nascosto ad arte nel loro bagaglio personale, con l’intento specifico di creare un bel po’ di imbarazzo al momento della scoperta). Poi gli studenti che con Riccardo hanno mosso i primi passi significativi nel mondo dell’astronomia, a partire da Leslie Hunt, per arrivare a me stesso, a Barbara Catinella, e ad alcuni studenti più giovani che non ho mai avuto occasione di incontrare. E infine altri colleghi, protagonisti di incontri magari più saltuari, ma non per questo meno significativi, tra cui Edvige Corbelli, Gigi Guzzo, Angela Iovino, Monica Colpi, Simone Bianchi, Sperello di Serego-Alighieri e Stefano Borgani.

Riccardo aveva una grande passione non solo per il lato più prettamente scientifico dell’astronomia, ma anche per quello più tecnico/tecnologico. Aveva speso enormi energie per vedere compiersi l’ammodernamento del radiotelescopio di Arecibo, che aveva poi sfruttato per portare a compimento la prima vera blind survey su larga scala del cielo a 21 cm (il progetto Alfalfa). E aveva dedicato gli ultimi dieci-quindici anni della sua vita allo sviluppo del Cerro Chajnantor Atacama Telescope (Ccat), un progetto volto alla realizzazione di un telescopio sub-millimetrico da installare nel deserto di Atacama, in Cile. Tra i ricordi che aveva collezionato esplorando quel deserto alla ricerca del luogo migliore in cui installare Ccat, due meritano senza dubbio di essere menzionati. Il primo è quello di una chiacchierata con una anziana signora in un remoto villaggio al margine del deserto, dalla quale Riccardo e i suoi compagni di viaggio poterono capire che la signora, nei suoi circa novanta anni di vita spesa nella regione più arida del nostro pianeta, non aveva mai visto (e dico letteralmente mai) la pioggia cadere dal cielo! Il secondo, meno piacevole, è quello di avere rischiato molto seriamente di finire quelle esplorazioni in una cella sotterranea della polizia militare cilena. Il tutto a causa del fatto che la cosiddetta Guerra del Pacifico, combattuta dal Cile contro Perù e Bolivia dal 1879 al 1884, non è mai stata ufficialmente conclusa con un definitivo trattato di pace firmato da tutte e tre le nazioni, e perciò a tutt’oggi esploratori stranieri che si aggirano in quell’angolo sperduto del mondo non sono visti di buon occhio dai Carabineros cileni.

E per finire mi sembra doveroso citare l’aspetto alimentare. Riccardo non aveva gusti alimentari banali. Ricordo passeggiate per il centro di San Diego, in California (al termine di qualche periodo di osservazioni all’Osservatorio di Monte Palomar), della durata di almeno un paio d’ore, alla ricerca di un ristorante che lo potesse soddisfare in tutti gli aspetti, dal menu, al costo, al dècor dell’ambiente. Ma su una cosa si poteva essere sempre certi di incontrare il suo favore e approvazione: un buon piatto di prosciutto di Parma appena affettato!

Addio Riccardo, sentiremo la tua mancanza, ma conserveremo sempre un fantastico ricordo di te.

Marco Scodeggio (con il sostegno e l’aiuto importantissimo di Leslie Hunt e Martha Haynes)