IL SUO MOTTO È “EDUCATION DESPITE THE WAR”

Una fondazione per aiutare l’Università di Kharkiv

Un gruppo di sostenitori ucraini e stranieri ha dato vita a una fondazione per sostenere l’Università Karazin di Kharkiv, in Ucraina, con la quale l’Istituto nazionale di astrofisica ha sottoscritto già da qualche anno un accordo di collaborazione. Di cosa si occuperà? E qual è la situazione che si stanno trovando ad affrontare oggi i colleghi astronomi che lavorano – o lavoravano – a Kharkiv? Lo abbiamo chiesto al direttore scientifico dell’Inaf, Filippo Zerbi

     30/11/2022

Fonte: sito web della Kharkiv Karazin University Foundation

Fondata nel 1804, è considerata la miglior università dell’Ucraina, l’unica nella Top500 del QS World University Rankings 2021. Ha avuto fra i suoi studenti e docenti tre premi Nobel – il biologo Élie Metchnikoff, il fisico Lev Landau e l’economista Simon Kuznets. E a causa della guerra sta vivendo un periodo di enormi difficoltà, con i bombardamenti delle forze armate russe che non si fermano, l’inverno alle porte, l’energia che manca. È la V. N. Karazin Kharkiv National University, o in breve l’Università di Kharkiv.

Ora è nata una fondazione di beneficenza – la Kharkiv Karazin University Foundation – per sostenerla e aiutare i suoi studenti e i suoi dipendenti, sia in tempo di guerra sia nei disagi che dovranno affrontare successivamente. Come altre iniziative di sostegno alla popolazione ucraina – ultima in ordine di tempo la campagna europea “Generatori di speranza”, per fornire al paese generatori di energia – anche la Fondazione si pone obiettivi molto concreti, dall’aiuto immediato a studenti e personale dell’Università alla riapertura del centro di calcolo. Il suo motto è “Education despite the war”. Ne parliamo con il direttore scientifico dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) Filippo Zerbi, che conosce bene la situazione dell’Università in quanto da anni i suoi astronomi e quelli dell’Inaf lavorano a progetti comuni.

Cos’è oggi l’Università Karazin?

«L’Università Karazin era la terza più importante dell’Unione sovietica. Oggi senza dubbio è una fra le più importanti dell’Ucraina, anche perché è stata fra le prime ad aprirsi all’estero, accogliendo studenti da altri paesi – soprattutto da quelli in via di sviluppo. È un’università con una dimensione internazionale, come è emerso anche dalle differenze che sono state fatte alla frontiera, in occasione della prima ondata di profughi, tra chi aveva passaporto ucraino e chi invece si trovava a Kharkiv solo come studente».

Qual è la situazione attuale?

«In questo momento l’università è chiusa e tutta l’attività didattica si svolge da remoto – quando possibile. Dico quando possibile perché nelle ultime settimane la situazione è degradata, la corrente elettrica scarseggia, di conseguenza internet non sempre è disponibile e anche l’attività online diventa difficile».

La collaborazione fra l’Università Karazin e l’Inaf com’è nata? E in cosa consiste?

«L’Inaf ha stipulato già parecchi anni fa, prima della pandemia, una convenzione di collaborazione scientifica con l’Università Karazin. È una convenzione parallela a quella che abbiamo con l’Accademia delle scienze a Kiev, che ha però più una valenza di tipo politico, mentre quella con l’Università riguarda aspetti molto pratici: scambi di studenti, eventi e giornate di studio miste Kharkiv-Inaf… Attività che abbiamo portato avanti per anni senza interruzione, fino a che non c’è stata la guerra».

Fonte: sito web della Kharkiv Karazin University Foundation

E da quando è scoppiata la guerra?

«Ora ci sono alcuni dipendenti dell’Università Karazin che ricevono dall’Inaf borse di studio e di sostegno, e che lavorano con noi. Li abbiamo accolti seguendo i dettami della ex-ministra, Maria Crisitina Messa, dando loro la possibilità di avere un minimo di sussistenza – ovviamente – ma anche e soprattutto la dignità di poter continuare a lavorare, a pubblicare, a rimanere all’interno della comunità scientifica. E continuiamo a mantenere contatti anche con i colleghi rimasti in Ucraina – alcuni perché hanno deciso così, altri perché non possono fare altrimenti. Contatti continui, ma ultimamente purtroppo molto più rarefatti».

In che senso?

«La crisi energetica, la non disponibilità di energia elettrica, sta creando anche problemi di comunicazione. E se prima riuscivamo a sentirci su WhatsApp o su Telegram più o meno sempre, adesso è possibile solo per poche ore al giorno».

Veniamo alla neonata Fondazione. Chi ne fa parte?

«È una fondazione formata da “amici dell’Università”, persone soprattutto fuori dall’Ucraina. In molti casi si tratta di ucraini che lavorano all’estero. Altri non hanno alcun legame di cittadinanza con l’Ucraina ma sono persone che hanno lavorato con l’Università di Kharkiv e che hanno deciso di far sentire la loro voce».

Quali obiettivi si pone, in questa fase delicata?

«In questo momento è importante tenere alta l’attenzione. Almeno fino a che non ci sarà un cessate il fuoco e dunque la possibilità di intervenire più concretamente sulla ricostruzione, anche con contributi economici volontari per ricostruire le aule, i laboratori e le altre strutture distrutte. Possibilità che purtroppo è ancora di là da venire. Dunque il valore intrinseco di questa fondazione, al momento, è tenere alta l’attenzione a livello internazionale sul fatto che lì c’è un ferito grave – l’Università Karazin, appunto – che a un certo punto avrà bisogno di cure».


Per saperne di più:

Guarda il video (in ucraino ma con sottotitoli in inglese) di presentazione della Fondazione: