COME SE CI FOSSE UN DOMANI: IL PODCAST SULLA CRISI CLIMATICA

Voci da un mondo senza un pianeta B

Pubblicato in quattro episodi su Spreaker, “Come se ci fosse un domani” è un podcast firmato da una redattrice di Media Inaf, Valentina Guglielmo, dedicato alla crisi climatica che sta attraversando il nostro pianeta preferito – nonché l’unico in grado di ospitarci. Tra gli ospiti, giornalisti e scrittori come Fabio Deotto, Elisabetta Tola e Marco Boscolo, il climatologo Luca Mercalli, uno degli alpinisti italiani più esperti, Mario Vielmo, e l’astronauta Luca Parmitano

     15/03/2022

La copertina del podcast “Come se ci fosse un domani”, di Valentina Guglielmo, e nei tondi sulla sinistra immagini dai quattro episodi

«Ora, un tema che mi sta particolarmente a cuore […] Se la Terra diventa inabitabile, non possiamo sperare di trovare un altro pianeta verso cui emigrare e che possa ospitarci. Il contrario è fantascienza, non è possibile. La sola cosa che possiamo dire, quindi, è che vale la pena preservare la nostra Terra – anche per coloro che non sono convinti che sia così unica e bella». Sono parole di Michel Mayor, premio Nobel per la fisica nel 2019, insieme a Didier Queloz, per la scoperta del primo pianeta extrasolare. Parole che potete ascoltare in Come se ci fosse un domani, un podcast di quattro episodi – l’ultimo è stato pubblicato ieri – dedicato alla crisi climatica. Insieme a Mayor potrete incontrare anche l’astronauta Luca Parmitano, qui nell’insolita veste di alpinista: sul ghiacciaio di Gorner, in Svizzera, a toccare con mano l’impatto del riscaldamento globale che già aveva osservato e documentato dalla Stazione spaziale. E numerosi altri testimoni oculari di quel che sta accadendo al nostro pianeta.

A idearlo e realizzarlo, in collaborazione con Galileo, Giornale di scienza e problemi globali, è una giornalista che i nostri lettori conoscono bene, Valentina Guglielmo, da due anni redattrice di Media Inaf.

Valentina, tu di solito scrivi di pianeti lontani, spesso addirittura al di fuori del Sistema solare. Per il tuo primo podcast hai invece scelto la Terra. Come mai?

«Quando ho deciso di fare un podcast, la prima motivazione era proprio quella di voler provare questo nuovo (per me) mezzo di comunicazione. Mi incuriosiva e mi attirava l’idea di poter creare qualcosa che potesse entrare nelle giornate delle persone, accompagnarle in un viaggio o in una passeggiata, raccontando loro una storia e regalando loro un momento intimo – quelle cose che succedono a me, quando ascolto un podcast. La scelta dell’argomento non è stata immediata. Ero partita con l’idea di fare una cosa più eterogenea, e cercavo idee e consigli a destra e a manca, ma nulla mi convinceva. Finché mi sono detta: devi scegliere un solo argomento, qualcosa che ti stia a cuore. A quel punto parlare del nostro pianeta e di cambiamento climatico mi sembrava la cosa più naturale».

Valentina Guglielmo, giornalista scientifica

Che Terra è, quella che racconti?

«Una delle cose che spesso si sente dire è che dobbiamo salvare il nostro pianeta. Non è un messaggio completamente sbagliato ma può essere davvero fuorviante metterla in questi termini. Ora, io non sono una climatologa, ma in questi mesi – e per fare questo podcast – un po’ ho studiato: il cambiamento climatico e il riscaldamento globale stanno distruggendo interi ecosistemi, sconvolgendo equilibri naturali che si sono instaurati nei secoli (e nei millenni), ma la Terra come pianeta il suo nuovo equilibrio lo troverà, non ha bisogno di essere salvata – non in senso assoluto almeno. Chi se la passerà piuttosto male saranno invece i suoi ospiti, i suoi abitanti. Saremo noi. Pensare che dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere riducendo le emissioni eccetera “per la Terra” sposta ancora una volta il problema a qualcosa di esterno e lontano da noi, di troppo grande da comprendere e da affrontare. È per la nostra stessa sopravvivenza, per quella dei nostri cari e di coloro che vivranno il mondo negli anni a venire, che dovremmo preoccuparci».

È stato difficile passare dall’astrofisica al clima? E dall’articolo scritto al podcast?

«È stato incredibilmente stimolante e divertente. Ideare, scrivere, montare e produrre questo podcast è stato un vero e proprio viaggio, per me. Sono partita che non ne sapevo davvero nulla: avevo ascoltato, forse, uno o due podcast in tutta la mia vita. Trattare argomenti nuovi non mi spaventava, perché come dicevo si tratta di temi che sento molto affini al mio modo di essere e, comunque, di carattere scientifico. E questo mi rassicurava. Mi sono lasciata guidare dalle sensazioni, e penso che il risultato finale mi rispecchi. È stato poi importantissimo poter parlare e confrontarmi con Sandro Iannaccone, di Galileo, riguardo temi da affrontare, taglio e ospiti. E poi, senza le letture di Stefano Parisini non sarebbe lo stesso podcast».

Quattro episodi e numerosi ospiti. Di Mayor e Parmitano abbiamo già detto. Gli altri chi sono e come li hai scelti?

«Gli ospiti del podcast sono saliti a bordo un po’ alla volta, e devo dire che non è stata una ricerca semplice. Il criterio che ho scelto, quello che fossero testimoni diretti della realtà che raccontavano, era abbastanza selettivo. È nato tutto la scorsa estate leggendo il libro di Fabio Deotto, il mio testimone per definizione: il suo viaggio era proprio nato con questo obiettivo, raccontare un mondo già cambiato per colpa del clima. L’idea di parlare con un alpinista – Mario Vielmo – è arrivata subito dopo, durante una serata tenuta dallo stesso a cui ho partecipato e in cui raccontava il suo ultimo ottomila. Poi, dopo una piccola battuta d’arresto, ho letto il libro di Luca Mercalli sulla scelta di vivere in montagna per sfuggire al riscaldamento globale e, infine, mi sono trovata a guardare il sito che raccontava i progetti sulla biodiversità dei semi di Elisabetta Tola e Marco Boscolo. Per fortuna, tutte queste idee sono andate in porto e i miei intervistati sono stati subito contenti di partecipare al progetto».

E ora? Cosa ti auguri, per il tuo podcast?

«Poco dopo l’uscita del primo episodio mi ha scritto una persona, un ascoltatore, ringraziandomi di avergli tenuto compagnia durante il suo viaggio. Mi auguro questo: di tenere compagnia alle persone, a tante persone, che magari grazie al podcast vedranno il mondo e le realtà da una prospettiva diversa e ne parleranno ad altre persone, creando quella che Deotto definiva “coscienza comune”. Se il mio podcast stimolasse anche solo un confronto, una discussione su questi argomenti, avrei raggiunto l’obiettivo. Mi auguro soprattutto che piaccia, comunque, almeno una frazione di quanto è piaciuto a me farlo».


Ascolta i quattro episodi: