I RISULTATI SU PHYSICAL REVIEW LETTERS

Isotopi radioattivi per capire l’antimateria

Un team di fisici del Massachusetts Institute of Technology ha scoperto che le molecole radioattive sono sensibili a piccolissimi effetti nucleari, e potrebbero essere le alleate ideali per ricercare piccole violazioni di simmetria nelle leggi fisiche, e spiegare perché c’è più materia che antimateria nell’universo

     08/07/2021

L’incessante ricerca della simmetria delle leggi della natura e l’irrinunciabile rottura della simmetria che dà origine alle cose. È in questo (apparentemente) fragile e sottile equilibrio fra simmetria e asimmetria che si gioca la fisica dell’universo e la nascita del mondo come lo conosciamo.

L’Isotope Separator On Line Device (Isolde) al Cern. Crediti: Cern

L’universo infatti nasce altamente simmetrico e incontra, col passare del tempo, una serie di rotture spontanee della sua simmetria indispensabili per plasmare la materia e arrivare alle nostre origini. Prima fra tutte, la rottura della simmetria fra materia e antimateria, che – secondo la teoria – sarebbero state create in egual misura nell’universo primordiale. Mentre nel caso di altri eventi simili – come la rottura della simmetria elettrodebole – i fisici hanno trovato una risposta nella teoria e un riscontro negli esperimenti, cosa ci sia dietro la vittoria della materia sull’antimateria rimane un mistero.

«Se le leggi della fisica sono simmetriche come pensiamo, allora il Big Bang avrebbe dovuto creare materia e antimateria nella stessa quantità», dice Ronald Fernando Garcia Ruiz, professore di fisica al Massachusetts Institute of Technology (Mit) e coautore dello studio. Il fatto che la maggior parte di quello che vediamo sia materia, e che ci sia solo una parte per miliardo di antimateria, significa che c’è una violazione delle simmetrie più fondamentali della fisica, in un modo che non riusciamo a spiegare con quello che sappiamo ora».

Un articolo in uscita oggi su Physical Review Letters dimostra la fattibilità di utilizzare particolari isotopi radioattivi per monitorare l’insorgenza di asimmetrie nelle leggi della fisica che conosciamo, indotte da misteriosi fenomeni fisici come la materia oscura o, appunto, l’antimateria. Il team ha sviluppato una nuova tecnica per produrre e studiare molecole radioattive a vita breve con numero di neutroni variabile e controllato con precisione. In particolare, hanno considerato isotopi della stessa molecola con numero crescente di neutroni. Misurando poi l’energia associata a ogni molecola, si sono resi conto che esse differivano – in modo quasi impercettibile – le une dalle altre per dimensione nucleare. Riuscire a vedere effetti nucleari così piccoli è il primo passo per cercare, nelle stesse molecole, effetti ancora più sottili, causati dalla materia oscura, ad esempio, o da ignote violazioni di simmetria che possano spiegare altri insoluti dell’universo.

«Ora abbiamo la possibilità di misurare queste violazioni di simmetria, usando molecole radioattive pesanti che hanno una sensibilità estrema ai fenomeni nucleari che non possiamo vedere in nessun’altra molecola in natura», continua Garcia Ruiz. «Questo potrebbe fornire risposte a uno dei principali misteri su come è stato creato l’universo».

Vediamo un po’ meglio cosa c’è di speciale negli elementi studiati nei laboratori del Mit. La maggior parte degli atomi in natura ha un nucleo simmetrico e sferico, in cui neutroni e protoni sono distribuiti uniformemente. Alcuni elementi radioattivi come il radio, invece, hanno nuclei atomici che somigliano piuttosto a una pera, a causa della irregolare distribuzione di neutroni e protoni all’interno. Proprio questa deformazione – ipotizzano gli autori – potrebbe essere la chiave per indagare l’eventuale insorgenza di asimmetrie.

«I nuclei radioattivi potrebbero permetterci di vedere facilmente questi effetti di violazione delle simmetrie», dice Silviu-Marian Udrescu, studente del Dipartimento di fisica del Mit e primo autore dello studio. «Lo svantaggio è che sono molto instabili e vivono per un periodo di tempo molto breve, quindi abbiamo bisogno di metodi sensibili per produrli e rilevarli velocemente».

Per ovviare a una parte del problema, i nuclei radioattivi sono stati legati ad altri atomi, a formare una molecola: le nuvole elettroniche che circondano ciascun atomo generano così un campo elettrico estremamente elevato nella molecola, che potrebbe amplificare gli effetti nucleari come quelli che gli scienziati vanno cercando.

Le molecole in questione – monofluoruro di radio, o RaF – sono state prodotte in laboratorio secondo un metodo messo a punto lo scorso anno dagli stessi autori, e per produrre isotopi a numero variabile di neutroni hanno utilizzato l’impianto Isotope mass Separator On-Line (Isolde), al Cern di Ginevra. Si tratta di un fascio di protoni a bassa energia che viene diretto verso un bersaglio – un disco di carburo di uranio delle dimensioni di una moneta da due euro – sul quale viene iniettato anche un gas di fluoruro di carbonio. Le reazioni chimiche risultanti producono uno sciame di molecole tra cui il RaF, separato dalle altre attraverso un preciso sistema di laser, campi elettromagnetici e trappole ioniche.

Per ogni molecola prodotta, i ricercatori hanno misurato la massa per stimare il numero di neutroni nel nucleo. Le hanno poi ordinate per isotopi, secondo il loro numero di neutroni e, infine, hanno smistato grappoli di cinque diversi isotopi di RaF, seguendo un ordine di neutroni decrescente.

«Immaginate una molecola che vibra come due palle attaccate a una molla, con una certa quantità di energia», spiega Udrescu. «Se si cambia il numero di neutroni in una di queste palle, la quantità di energia potrebbe cambiare. Ma un neutrone è dieci milioni di volte più piccolo di una molecola, e con la nostra attuale precisione non ci aspettavamo che cambiarne uno avrebbe creato una differenza di energia, ma è successo: siamo stati in grado di vedere chiaramente questo effetto».

Per fare un confronto, la sensibilità raggiunta in queste misurazioni sarebbe come poter vedere il cambiamento del raggio del Sole ponendo sulla sua superficie il monte Everest. Vedere effetti della violazione della simmetria, invece, sarebbe come riuscire a vedere un’alterazione del raggio del Sole variandolo dello spessore di un singolo capello umano. La strada, quindi, è certamente in salita, ma queste molecole radioattive ipersensibili sono certamente un promettente inizio.

Per saperne di più:

  • Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Isotope Shifts of Radium Monofluoride Molecules”, di S.M. Udrescu, A.J. Brinson, R.F. Garcia Ruiz, K. Gaul, R. Berger, J. Billowes, C.L. Binnersley, M.L. Bissell, A.A. Breier, K. Chrysalidis, T.E. Cocolios, B.S. Cooper, K.T. Flanagan, T.F. Giesen, R.P. de Groote, S. Franchoo, F.P. Gustafsson, T.A. Isaev, A. Koszorus, G. Neyens, H.A. Perrett, C.M. Ricketts, S. Rothe, A.R. Vernon, K.D.A. Wendt, F. Wienholtz, S.G. Wilkins e X.F. Yang