L’inquinamento luminoso è una fra le più gravi minacce all’amore per il cielo notturno che tutti, chi più chi meno, condividiamo. Se la risposta alla domanda “quante stelle ci sono nell’universo?” non è per nulla scontata, quella a “quante stelle possiamo vedere dalla Terra?” non è certo da meno. Nel calcolo del numero di stelle visibili da un qualunque luogo della Terra entrano infatti in gioco molti fattori, tra cui anche l’inquinamento luminoso.
Hanno provato a dare una risposta a questa domanda due ricercatori italiani, Pierantonio Cinzano e Fabio Falchi dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso di Thiene.
Innanzitutto, dottor Falchi, qual è l’obiettivo del vostro studio?
«Il nostro obiettivo è quello di tracciare la via su come calcolare il numero di stelle visibili da ogni località. Questo numero potrebbe sembrare semplice da ottenere, dopotutto basterebbe contare quante stelle ci sono più brillanti di quelle di sesta magnitudine (mediamente il limite per l’occhio umano) e il gioco parrebbe fatto».
Come mai è invece così complicato capire quante stelle si possono osservare da una località?
«Il problema è che la magnitudine non basta: il numero di stelle dipende anche da numerosi altri fattori, tra i quali la trasparenza atmosferica, la luminosità di fondo del cielo, sia naturale che artificiale, l’acutezza visiva e l’esperienza dell’osservatore. Se in cielo ci sono cinquemila stelle più brillanti della sesta magnitudine, non basta quindi dividere il numero per due per ottenere quante ne sono visibili in un emisfero. Ad esempio, se siamo sul livello del mare e allo zenit riusciamo a vedere una stella di sesta magnitudine, a venti gradi di altezza sull’orizzonte vedremo solo stelle di quinta magnitudine perché la luce avrà dovuto attraversare una distanza tripla nell’atmosfera terrestre. Se siamo in montagna la trasparenza atmosferica maggiore ci permetterà di vedere stelle più deboli. L’inquinamento luminoso dipende poi anche dalle caratteristiche del sito da cui osserviamo e varia in ogni posizione in cielo».
Come avete fatto, quindi, a tenere in considerazione tutti questi fattori?
«Abbiamo diviso la volta celeste in molte aree all’interno delle quali i fattori descritti possono essere considerati uniformi: principalmente la luminosità di fondo dovuta all’inquinamento e l’estinzione atmosferica, a loro volta dipendenti da molti fattori come l’altitudine del sito e la distribuzione delle sorgenti di luce nel raggio di circa 200 km. A quel punto possiamo calcolare la magnitudine limite, cioè quali sono le stelle più deboli visibili in ognuna di queste aree. Poi, in base alla densità delle stelle, cioè al numero di stelle di una data luminosità per area di cielo, possiamo ottenere il numero di stelle in ogni area di cielo. Infine sommando tutto si ottiene il numero totale visibile in ogni particolare sito».
Quelle che vediamo alzando gli occhi al cielo…
«Più precisamente, il numero di stelle che vedrebbe un osservatore medio. Per osservatori esperti e con vista acutissima il numero può anche triplicare. La mappa di esempio che abbiamo pubblicato (immagine a sinistra) mostra come, per ottenere il massimo numero di stelle visibili, sia necessario essere in siti incontaminati e, allo stesso tempo, a quote elevate. In Italia non abbiamo mai queste condizioni, tranne in un’area piccolissima della Sardegna e due altre, altrettanto piccole in Sud Tirolo, al confine con l’Austria. In tutta la Val Padana nove decimi delle stelle sono nascoste dal chiarore del fondo cielo dovuto a milioni di luci artificiali. Nelle grandi città, poi, rimangono visibili solo le stelle più luminose».
Il vostro studio si intitola “Verso un atlante del numero di stelle visibili”. Per quando è prevista la pubblicazione di questo atlante?
«Non ci siamo posti una scadenza definita. L’atlante del numero di stelle visibili potrebbe far parte del progetto della terza versione dell’atlante mondiale della brillanza del cielo, che comunque non vedrà la luce prima di tre anni. Speriamo che nel frattempo la nuova minaccia al cielo stellato dovuta alle megacostellazioni di satelliti non ci costringa a cambiare il titolo della nostra ricerca in “atlante del numero di satelliti visibili”… Confidiamo che la SpaceX e le altre compagnie con progetti simili riescano a contenere i danni scientifici e naturalistici che potrebbero arrecare al cielo notturno».
Per saperne di più:
- Leggi su Journal of Quantitative Spectroscopy and Radiative Transfer l’articolo “Toward an atlas of the number of visible stars”, di P. Cinzano e F. Falchi