LA STORIA MAGNETICA DELLA TERRA REGISTRATA NEI GHIACCI POLARI

La verità del ghiaccio

Uno studio innovativo in laboratorio ha dimostrato la fattibilità di ricostruire la storia dell’orientamento del campo geomagnetico attraverso gli strati di ghiaccio e polveri nelle regioni polari della Terra. L’esperimento ha mostrato che la concentrazione di particelle magnetiche nel ghiaccio determina il livello di magnetizzazione residua, e fornisce una metodologia applicabile alla ricostruzione della storia magnetica di altri corpi planetari

     30/06/2020

Il lago Baikal al tramonto vicino all’isola di Olkhon. Crediti: Sergey Pesterev / Wikimedia Commons

Quante volte ci siamo sentiti dire che conoscere la storia è importante e quante volte, studiandola, ci siamo trovati immersi in noiosissime ore di memorizzazione di date ed eventi apparentemente fini a sé stessi.

La storia invero, passata e immutabile, determina chi siamo e le condizioni in cui viviamo. Le scelte compiute nel passato determinano la nostra vita oggi e, come dice de Gregori: è per questo che la storia dà i brividi, perché nessuno la può cambiare.

Siamo circondati da storia nelle nostre città, nei monumenti, e persino nella terra sotto i nostri piedi. La storia del nostro pianeta, fra le altre cose, è scritta nell’inversione periodica dei suoi poli magnetici

Gli scienziati del Weizmann Institute of Science hanno proposto un nuovo strumento per leggere il libro di storia naturale che racconta il nostro pianeta: il ghiaccio. Lo studio è pubblicato nella rivista Earth and Planetary Science Letters.

Come spesso accade nell’indagine scientifica, l’idea di indagare una possibile connessione tra il ghiaccio e la storia magnetica della Terra è nata lontano dai mondi ghiacciati, durante una conferenza sul magnetismo nella soleggiata Corsica. 

La lampadina, per Oded Aharonson del Dipartimento di scienze terrestri e planetarie del Weizmann Institute, si è accesa durante una discussione di paleo-magnetismo, una branca del magnetismo che studia frammenti di minerali magnetici intrappolati nelle rocce o nei carotaggi di sedimenti oceanici. Tali schegge si allineano al campo magnetico terrestre nel momento in cui vengono intrappolate, e mantengono il loro allineamento magnetico nord-sud anche milioni di anni dopo, consentendo di ricostruire l’orientazione dei poli magnetici. 

Il fenomeno prende il nome di magnetizzazione naturale residua (Nrm) delle rocce sedimentarie e conserva informazioni sull’ambiente paleo-magnetico di formazione e sulla storia successiva. Nel meccanismo della magnetizzazione detritale residua (Drm) i grani magnetici acquisiscono un orientamento preferenziale quando si depositano da una colonna d’acqua in presenza di un campo magnetico.

Veniamo ora al ghiaccio. La polvere dell’atmosfera terrestre contiene particelle ferromagnetiche (magnetite e altri minerali di ossido di ferro) che possono depositarsi in regioni ricche di ghiaccio. Durante l’affondamento, le particelle di polvere magnetica subiscono un momento torcente dal campo magnetico terrestre, che le fa ruotare e allinea il loro momento magnetico con la direzione del campo. Se non si verificano ulteriori perturbazioni meccaniche – come la totale o parziale fusione – la magnetizzazione del ghiaccio polveroso può essere conservata, in modo simile alla magnetizzazione residua delle rocce sedimentarie. 

Il vantaggio nello studio della magnetizzazione dei ghiacci in luoghi come la Groenlandia o l’Alaska è che essi risalgono a molti millenni fa e sono stratificati come gli anelli nei tronchi degli alberi. Le carote di ghiaccio estratte vengono attualmente studiate, ad esempio, per individuare i segni del riscaldamento globale o delle ere glaciali. Ora, grazie al nuovo studio, potranno essere impiegati anche per ricostruire l’inversione dei poli magneticiQueste inversioni, temporalmente distanziate in modo casuale, si sono verificate nel corso della storia del nostro pianeta, alimentate dal caotico movimento della dinamo di ferro liquido nel nucleo.

La prima difficoltà affrontata da Aharonson e dal suo studente Yuval Grossman, primo autore del lavoro, riguarda la rilevabilità di tale inversione a seguito del processo di formazione del ghiaccio polare.

Accanto al Prof. Oded Aharonson c’è la bobina triassiale di Helmholtz utilizzata per generare il campo magnetico durante la crescita dei campioni di ghiaccio. Crediti: Weizmann Institute of Science

Il team ha messo a punto un impianto sperimentale per simulare la formazione dei ghiacciai polari, dove le particelle di polvere presenti nell’atmosfera costituiscono talvolta il nucleo attorno al quale si formano i fiocchi di neve. I ricercatori hanno generato una nevicata artificiale macinando finemente del ghiaccio fatto con acqua purificata, aggiungendo un po’ di polvere magnetizzata e lasciando cadere il tutto attraverso una colonna molto fredda esposta a un campo magnetico con orientamento controllato. Mantenendo temperature molto fredde – circa 30 gradi centigradi sotto zero – gli scienziati hanno scoperto di poter generare delle carote di ghiaccio in miniatura in cui neve e polvere congelano solidamente in ghiaccio duro.

«Se la polvere non viene sottoposta a un campo magnetico esterno, si deposita in direzioni casuali i cui vettori si annullano a vicenda», dice Aharonson. «Ma se una parte di essa si orienta in una particolare direzione appena prima che le particelle si congelino, il momento magnetico netto risulta rilevabile.»

Per misurare il magnetismo delle carote di ghiaccio create in laboratorio, gli scienziati hanno utilizzato un magnetometro estremamente sensibile situato presso l’università ebraica a Gerusalemme, in grado di misurare momenti magnetici piccolissimi.

Considerando campi magnetici di intensità variabile da zero a mille microtesla, l’esperimento ha dimostrato che i depositi di ghiaccio polveroso possono conservare le informazioni relative all’ambiente magnetico durante la deposizione. Le caratteristiche delle tracce magnetiche registrate dipendono dalla composizione del ghiaccio polveroso che forma il deposito, e in particolare da due parametri: la granulometria e la concentrazione di magnetite

Particelle di ghiaccio di dimensioni inferiori a duemila micrometri mischiate con grani di magnetite dell’ordine del micrometro vengono magnetizzate nella direzione del campo magnetico in modo proporzionale alla concentrazione di minerali magnetici, e l’orientazione magnetica risulta misurabile fino a concentrazioni dell’ordine di una parte su cento milioni.

Disponendo della configurazione adatta  (dimensione del campione adeguata, mantenimento a bassa temperatura e schermatura magnetica), Yuval Grossman e collaboratori hanno concluso che è possibile riprodurre in laboratorio le tracce magnetiche delle carote di ghiaccio della Groenlandia e di altri ghiacciai, ad eccezione però del ghiaccio antartico, troppo povero di polveri per essere misurabile con la tecnica elaborata.

Ricostruzione di immagini acquisite dalla sonda Mars Express del cratere Korolew. Crediti: ESA/DLR/FU Berlin

Tali misure potrebbero fornire informazioni sulla direzione del campo geomagnetico durante la deposizione del ghiaccio o, in alternativa, potrebbero aiutare a datare la deposizione del ghiaccio quando la storia del campo magnetico è nota. Le prospettive di questo studio, infine, non si limitano alla Terra. Gli autori hanno scritto un progetto per una futura missione spaziale che prevede il campionamento di carote di ghiaccio su Marte. «Sappiamo che le superfici di Marte e le grandi lune ghiacciate come Europa sono state esposte a campi magnetici. Sarebbe eccitante trovare inversioni di campo magnetico nel ghiaccio proveniente da altri corpi del Sistema solare».

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