MODELLARONO LA CROSTA LUNARE 4,3 MILIARDI DI ANNI FA

Tracce d’antichi impatti in una roccia dell’Apollo 17

I risultati ottenuti da un team di ricercatori del Royal Ontario Museum analizzando un grano di baddeleyite presente in uno dei campioni lunari raccolti durante le missioni Apollo offrono nuovi indizi sulla storia geologica della Luna. L’articolo è pubblicato su Nature Astronomy

     12/05/2020

Harrison Schmitt, astronauta dell’Apollo 17, durante la raccolta di campioni dalla superficie lunare. Crediti: Nasa

Vi proponiamo uno studio che ci aiuta guardare diversamente la superficie della Luna, disseminata di crateri da impatto (sono ben 300mila quelli da un km o più di diametro): invece di distruggerla, i meteoriti hanno forgiato la crosta del nostro satellite naturale. Come per tanti oggetti nel Sistema solare, la storia delle antiche rocce lunari avrebbe un collegamento diretto, infatti, con i violenti impatti meteorici avvenuti oltre quattro miliardi di anni fa. A provarlo sono alcuni ricercatori del Royal Ontario Museum (in Canada), autori di un articolo pubblicato ieri su Nature Astronomy in cui rivelano i risultati del loro studio effettuato su un particolare campione lunare rientrato sulla Terra con l’Apollo 17 nel 1972 (ultima missione a portare equipaggi umani sul nostro satellite naturale). Si tratta della Troctolite 76535, una roccia che risale a 4,2 miliardi di anni fa raccolta nella Valle Taurus–Littrow dall’astronauta-geologo Harrison Schmitt. Questa roccia – che potete analizzare voi stessi con il microscopio virtuale – è passata alla storia come il più interessante fra i campioni lunari: numerosi studi, infatti, in questi anni lo hanno usato come prova principale che la Luna possedeva un campo magnetico attivo in un lontano passato.

Analizzando questo “sassolino” largo al massimo 5 centimetri e con una massa di circa 156 grammi, gli scienziati hanno trovato prove mineralogiche del fatto che il campione si sia formato a temperature straordinariamente alte – superiori a 2300 °C – e tipiche della fusione dello strato esterno di un pianeta (o della Luna, in questo caso) a seguito di un violento impatto.

Il campione 76535 raccolto sulla Luna durante la missione Apollo 17 (cliccare per esaminarlo con il Virtual Microscope). Crediti: Nasa/Cc-By-Nc-Sa

La composizione di questo campione lunare mostra la presenza di zirconia cubica (struttura cristallina dell’ossido di zirconio oltre i 2370 °C), il classico sostituto dei diamanti nei gioielli: questa fase minerale si forma al di sopra dei 2300° C, appunto, e nonostante dall’epoca della formazione sia oggi tornata a una fase più stabile (nota come baddeleyite), il cristallo conserva ancora segni distintivi di una struttura formatasi ad alta temperatura. La struttura del cristallo mostra anche i segni della sua veneranda età: ben 4,3 miliardi di anni. Ciò suggerisce che la fase della zirconia cubica possa risalire a un periodo addirittura anteriore, e che gli impatti di bolidi come i meteoriti abbiano avuto un ruolo importante nella formazione della crosta lunare.

«Anche se più piccolo di un millimetro», spiega una delle autrici dello studio, Ana Cernok, del Royal Ontario Museum, «il grano di baddeleyite che ha attirato la nostra attenzione è il più grande che io abbia mai visto nei campioni delle missioni Apollo. Questo piccolo grano conserva ancora le prove della formazione di un bacino da impatto dal diametro di centinaia di chilometri. È un ritrovamento importante, perché qui sulla Terra non vediamo prove di impatti così antichi».

Per saperne di più: