THE ANSWER IS BLOWING IN THE BROWN DWARF’S WIND

Nana bruna sferzata da venti a oltre duemila km/h

Un team di astronomi ha usato il Very Large Array e il satellite infrarosso Spitzer della Nasa per compiere la prima misura della velocità del vento atmosferico di una nana bruna – un corpo celeste a metà fra un pianeta e una stella. Un metodo semplice e già utilizzato per pianeti come Giove, innovativa però la sua applicazione ad altri corpi celesti, e facilmente estendibile alle atmosfere esoplanetarie. Lo studio è pubblicato su Science

     09/04/2020

Rappresentazione artistica di una nana bruna e del suo campo magnetico. Il campo magnetico, con radici profonde all’interno del corpo celeste, ruota ad una velocità diversa rispetto all’atmosfera. Questa differenza ha permesso agli scienziati di determinare la velocità del vento. Crediti: Bill Saxton, Nro/Aui/Nsf

Il principio di induzione, detto anche procedimento induttivo, è una tecnica di dimostrazione che consente di provare la validità di una tesi previa la verifica di due condizioni: la validità del passo zero e la validità del passo induttivo. È un po’ come l’effetto domino: se voglio far cadere migliaia di tavolette del domino vicine tra loro, sarà sufficiente far cadere la prima (passo zero), e disporre tutte le altre a una distanza tale per cui la caduta di ciascuna provochi lo stesso nella successiva (passo induttivo). In matematica questo è uno dei metodi di dimostrazione più semplici e più utilizzati. Tuttavia, applicarlo con successo mettendo in piedi un metodo pioneristico per indagare la dinamica atmosferica di particolari corpi celesti, le nane brune, non è semplice logica.

Cominciamo dalla tesi, ovvero dalla notizia. Quattro scienziati di università britanniche e americane hanno combinato osservazioni radio – del National Science Foundation’s Karl G. Jansky Very Large Array (Vla) – e osservazioni infrarosse – del satellite della Nasa Spitzer – per misurare la velocità del vento atmosferico di una nana bruna, un corpo celeste troppo pesante per essere classificato come un pianeta ma non abbastanza massiccio da innescare reazioni di fusione termonucleare nel nucleo, e brillare così come una stella. Una stella mancata, insomma.

Non è semplice logica, dicevamo, eppure… Eppure la prima autrice dello studio in questione, Katelyn Allers, della Bucknell University (Usa), dichiara: «Quando l’abbiamo realizzato eravamo sorpresi che nessun altro l’avesse già fatto». Ciò a cui Allers si riferisce è, appunto, un passo induttivo. Nella fattispecie, la realizzazione che un metodo utilizzato da anni per lo studio dei venti di pianeti del Sistema solare potesse essere esteso al caso scientifico del suo team: la misura della velocità del vento atmosferico di una nana bruna.

Veniamo ora al passo zero: la risposta, soffia nel vento di Giove.

Allers e collaboratori, infatti, hanno stimato la forza del vento atmosferico del gigante gassoso dalla differenza del periodo di rotazione calcolato in due sistemi di coordinate distinti. Questi due sistemi di coordinate si basano su variazioni periodiche di intensità della radiazione emessa nelle due bande spettrali del radio e dell’infrarosso.

La prima è un tracciante del campo magnetico e si origina dall’interazione degli elettroni con le linee di campo, secondo un meccanismo particolare noto come Ecmi (electron-cyclotron maser instability). Il campo magnetico di Giove si origina nella magnetosfera, situata più di 7000 km sotto la superficie e che ruota come un corpo rigido, con un periodo di 9 ore 55 minuti e 30 secondi.

Sulla superficie del pianeta, invece, instabilità atmosferiche nella regione equatoriale (da 10° S a 10° N in latitudine) determinano variazioni periodiche della luminosità nelle bande dell’ottico e dell’infrarosso. Il periodo di rotazione corrispondente (considerando il raggio gioviano di 71492 km) risulta essere di 9 ore 50 minuti e 30 secondi: dunque 5 minuti più veloce del primo. La differenza di velocità fra l’interno e la superficie è dovuta a venti atmosferici, che soffiano a oltre 380 km/h.

«Siccome ci aspettiamo che nelle nane brune operi lo stesso meccanismo”, spiega Johanna Vos, seconda autrice dello studio e ricercatrice all’American Museum of Natural History, «abbiamo deciso di misurarne la velocità di rotazione sia con un telescopio radio sia con un telescopio infrarosso».

La nana bruna in questione si chiama 2Mass J10475385+2124234, ha un tipo spettrale classificato come T6.5, una massa fra 16 e 68 volte la massa di Giove e dista dalla Terra 10.6 parsec, cioè circa 34 anni luce.

A sinistra, una nana bruna, a destra, Giove. La rappresentazione artistica mostra il campo magnetico della nana bruna e la sua atmosfera, osservati a diverse lunghezze d’onda per determinare la velocità del vento. Crediti: Bill Saxton, Nrao/Aui/Nsf

Per fare il salto di specie da pianeta a nana bruna, però, bisogna passare attraverso la verifica della validità del passo induttivo.

Primo, osservazioni radio sono comunemente usate per misurare, con precisioni dell’ordine del decimo di minuto, il periodo di rotazione del campo magnetico di nane brune dello stesso tipo spettrale di quella studiata da Allers e colleghi, e tale emissione ha la stessa genesi fisica di pianeti come Giove. I firmatari di questo lavoro, utilizzando l’interferometro radio Vla nelle notti fra il 12 ed il 18 ottobre 2018, hanno misurato un periodo radio fra 1.751 e 1.765 ore, consistente con misurazioni precedenti, e un campo magnetico 5.6 kilogauss.

Secondo, nane brune isolate e del tipo spettrale T6.5 sono buone candidate ad avere disomogeneità atmosferiche superficiali, che si osservano come variazioni periodiche della loro luminosità infrarossa. I fenomeni atmosferici che avvengono in questi corpi sono generalmente violenti, simili ma ben più intensi delle famose tempeste di Giove. Il periodo di rotazione superficiale della nana bruna 2Mass J10475385+2124234 calcolato in questo studio è di 1.741 ± 0.007 ore, ed è stato misurato dalla camera infrarossa del telescopio spaziale Spitzer, che l’ha osservata a lunghezze d’onda di 4.5 micron per sette ore il 7 aprile 2017 e per 14 ore il 15 aprile 2018.

Come per Giove, il periodo infrarosso è inferiore al periodo radio, rivelando un’atmosfera che ruota più velocemente della magnetosfera interna alla stella. E come accade su Giove, le variazioni fotometriche delle nane brune hanno origine da venti atmosferici che soffiano nelle zone equatoriali, solitamente a latitudini inferiori a 35° dall’equatore.

Ipotizzando che la stella possa avere un raggio di 67200 km, gli scienziati hanno quindi applicato la stessa, semplice, matematica usata per Giove, per stimare che sulla superficie di 2MASS J10475385+2124234 il vento soffi a 2340 ± 1116 km/h – circa sei volte più forte di quello sulla superficie del nostro gigante gassoso. Se ne compiace Allers, spiegando che «questo è in accordo con la teoria e le simulazioni che predicono venti di maggiore velocità nelle nane brune».

Dato che questo metodo funziona, induzione per induzione, perché non provare ad applicarlo anche agli esopianeti?

«Dal momento che i campi magnetici degli esopianeti giganti sono più deboli di quelli delle nane brune, le osservazioni radio dovranno essere fatte a frequenze inferiori rispetto a quelle usate per 2Mass J10475385+2124234», nota Peter Williams, ricercatore del Centro di Astrofisica Harvard & Smithsonian e coautore dello studio.

«Pensare che il nostro metodo possa ora essere utilizzato per comprendere meglio la dinamica dell’atmosfera di nane brune ed esopianeti», conclude infine Allers, «è una cosa che ci entusiasma».

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