UN’INDAGINE ASTRONOMICA LUNGA 600 ANNI

Risolto il “cold case” della nova coreana

Partendo da dati risalenti al quindicesimo secolo, e passando per immagini scattate il secolo scorso, uno studio pubblicato oggi su Nature aiuta a capire il ciclo vitale delle variabili cataclismiche

     30/08/2017

Il resto della nova del 1437, come è osservabile oggi. L’immagine, che evidenzia l’idrogeno nella nube di materiale, mostra la posizione odierna della binaria che diede origine alla nova (barrette rosse),e la sua posizione nel 1437 (croce rossa). Crediti: Shara et al.

Non capita tutti i giorni che dati vecchi 600 anni aiutino a svelare un mistero dell’astrofisica odierna. Uno studio che esce oggi su Nature considera osservazioni astronomiche in documenti antichi centinaia di anni, identificando ciò che rimane di una nova che venne originariamente osservata nel 1437, e gettando nuova luce sull’evoluzione delle variabili cataclismiche.

Ma andiamo con ordine. Tra le numerose osservazioni registrate nei documenti compilati dagli astronomi reali coreani durante il periodo della dinastia Joseon spicca quella di una “nuova stella” particolarmente brillante, osservata a Seoul l’11 marzo del 1437. Collocata nella costellazione Wei (quella che nell’occidente corrisponde alla coda dello Scorpione), questa stella rimase visibile per circa quattordici giorni, prima di sparire — il comportamento tipico di una nova.

Una nova è infatti una fase di una variabile cataclismica: un sistema binario dove una delle due stelle – una nana bianca – accresce materiale dalla compagna, creando un’atmosfera d’idrogeno attorno a essa che, raggiunta una soglia critica di massa e temperatura, esplode con un improvviso processo di fusione nucleare che può avere una luminosità fino a un milione di volte di quella del Sole, dando così vita a una “nuova stella” nel cielo, come quella osservata nel 1437. Questa esplosione espelle l’atmosfera d’idrogeno nello spazio circostante, creando un “resto di nova”, una nebulosa attorno alla nana bianca, tornata al suo stato iniziale, che rimane visibile per diverse centinaia di anni.

Michael Shara, primo autore dello studio e curatore all’American Museum of Natural History, è riuscito a identificare la posizione di ciò che rimane della nova osservata dagli astronomi coreani grazie all’aiuto di altri documenti “storici”, ma molto più recenti. In primo luogo, lastre fotografiche della regione di cielo della nova risalenti al 1923, che hanno permesso di osservare quanto il sistema binario che diede origine a questa nova si sia spostato nel cielo nel corso dell’ultimo secolo. In secondo luogo, fotografie del 1942, dove la luminosità di questa binaria appare aumentare e diminuire rapidamente d’intensità: un fenomeno, conosciuto come nova nana, dovuto a un incremento temporaneo della temperatura e della luminosità del disco di materiale attorno alla nana bianca.

Le immagini risalenti al 1942, che mostrano come la luminosità del sistema binario cresca improvvisamente per poi diminuire nel corso di poche settimane. Questo fenomeno è conosciuto come “nova nana”. Crediti: Shara et al.

Queste osservazioni a lungo termine hanno permesso di chiarire il processo evolutivo delle variabili cataclismiche. Shara e il suo team hanno infatti ricomposto i pezzi di questo puzzle astrofisico grazie ai documenti storici che hanno esaminato: la conclusione è che la nova del 1437, la nova nana osservata nel 1942, e il resto di nova visibile oggi sono tutte fasi di uno stesso oggetto, e non fenomeni separati come si credeva. Shara osserva dunque che «così come un uovo, un bruco, una pupa, e una farfalla sono tutte fasi della vita di uno stesso organismo, abbiamo ora modo di supportare l’idea che queste stelle binarie siano la stessa cosa, osservata in diverse fasi delle loro vite. La difficoltà nell’osservare questi sistemi è che, a differenza di assistere alla trasformazione di un uovo in farfalla – processo che prende solo un mese – il ciclo vitale di una nova è di centinaia di migliaia di anni. Semplicemente, non ci è mai stato possibile vedere un ciclo completo. Ciò che è innovativo nel nostro studio è che siamo stati in grado di riconciliare un documento coreano vecchio 580 anni alla nova nana e al resto di nova che vediamo nel cielo oggi».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Proper-motion age dating of the progeny of Nova Scorpii AD 1437“, di M. M. Shara, K. Iłkiewicz, J. Mikołajewska, A. Pagnotta, M. F. Bode, L. A. Crause, K. Drozd, J. Faherty, I. Fuentes-Morales, J. E. Grindlay, A. F. J. Moffat, M. L. Pretorius, L. Schmidtobreick, F. R. Stephenson, C. Tappert e D. Zurek