FORMAZIONE PLANETARIA, NUOVA IPOTESI

Trappole di polvere nello spazio

Aree discrete che favoriscono l’aggregazione di particelle volatili e il conseguente processo di formazione planetaria: sarebbero più comuni di quanto precedentemente ipotizzato. Lo studio sulle cosiddette “trappole di polvere” su MNRAS

     28/02/2017

Si presenta come un anello di polvere luminescente, la trappola di polvere del disco protoplanetario prevista dal modello elaborato da Jean-Francois Gonzalez e colleghi. Crediti: Jean-Francois Gonzalez

La polvere non dura perché il pianeta roccioso la cattura. Uno studio appena pubblicato sul Monthly Notices della Royal astronomical society prova a dare risposta a una fra le domande più inevase dell’astronomia contemporanea: come può una montagna di polvere partorire un pianeta? Risposta: grazie a una trappola di polvere nel disco protoplanetario.

Cerchiamo di capire meglio.

Non è del tutto chiaro come, nel processo di formazione planetaria, polveri finissime e gas che compongono il disco protoplanetario in orbita attorno a una giovane stella possano nel tempo aggregarsi a partire da frammenti delle dimensioni di 1 micron, per finire col dare vita a pianeti rocciosi del diametro di qualche migliaio di chilometri (vedi Media Inaf). Eppure, tenuto conto delle migliaia di esopianeti che abbiamo già individuato nell’orbita di stelle lontane, deve trattarsi di un processo di formazione planetaria piuttosto comune.

Le simulazioni effettuate da un gruppo di ricerca internazionale (composto da scienziati francesi, australiani e britannici) mostrano come il comportamento di polveri e gas che costituiscono il disco protoplanetario favorisce la formazione di vere e proprie “trappole di polvere”, spazi discreti che accelerano l’aggregazione dei frammenti rocciosi e il conseguente processo di formazione planetaria.

La trappola di polvere è una piccola fabbrica di mattoni planetari. Secondo Jean-Francois Gonzalez, del francese Centre de Recherche Astrophysique de Lyon, ci troviamo di fronte a «un fenomeno più comune di quanto abbiamo creduto precedentemente».

Le polveri che costituiscono il disco protoplanetario tendono a raccogliersi in direzione della stella al centro del sistema. I frammenti di dimensione maggiore fanno “massa” raccogliendo ulteriore materiale attorno ad essi. Ma è solo quando il gas viene respinto verso la parte esterna del disco che vengono a crearsi le cosiddette trappole di polvere. Crediti: Volker Schurbert

Perché un pianeta possa prendere forma nell’ambiente estremo di un disco protoplanetario è necessario superare due grandi ostacoli: il primo è l’attrazione esercitata dalla stella al centro del sistema, che rischia di fagocitare il materiale disponibile; e il secondo è evitare le collisioni fra i frammenti che compongono il disco, che finirebbero per invertire un processo di aggregazione.

Tutto risulta più semplice quando il modello di riferimento contempla la possibilità che, nel disco protoplanetario, vengano a formarsi le cosiddette trappole di polvere: spazi discreti dove i frammenti possano accumularsi favorendo l’aggregazione di polveri in oggetti di dimensioni ragguardevoli, i pianeti rocciosi di domani. Finora gli astronomi ha creduto che questo fenomeno potesse verificarsi solo in ambienti molto specifici, ma le nuove simulazioni a computer dicono il contrario.

Nello spazio discreto della trappola di polvere, l’embrione planetario ha tempo per svilupparsi e crescere in dimensioni, fino a guadagnare una sua autonomia. Le polveri rallentano la deriva verso l’interno del disco protoplanetario, cosa che dà loro il tempo di aggregarsi in frammenti di piccole e medie dimensioni. Il gas viene poi spinto verso l’esterno dando origine a una regione ad alta pressione: la trappola di polvere. È qui che il pianeta roccioso prende forma, come in un gigantesco incubatore spaziale.

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