Sono anni che su Mercurio non si vede eruttare un vulcano. Da quanto? Beh, diciamo pure da 3,5 miliardi di anni, per essere precisi. Un gruppo di ricercatori della North Carolina State University ha approfondito cosa accade ai pianeti rocciosi quando si raffreddano. Il geologo planetario Paul Byrne e i suoi colleghi hanno determinato quando la maggior parte dei fenomeni vulcanici che hanno formato la crosta di Mercurio si sono conclusi utilizzando fotografie della superficie ripresa dalla missione MESSENGER della NASA. Per arrivare a una datazione precisa, gli esperti hanno studiato nel dettaglio il numero e la dimensione dei crateri del primo pianeta del Sistema solare arrivando a modelli matematici per calcolare le età assolute dei depositi vulcanici effusivi su Mercurio.
L’attività vulcanica si divide in due grandi gruppi, di tipo esplosivo e di tipo effusivo. Mentre i vulcani esplosivi si manifestano con eventi drammatici preceduti da violente esplosioni, le eruzioni effusive sono caratterizzate da fuoriuscita di lava che lentamente ricopre l’ambiente circostante il vulcano. Proprio quest’ultimo fenomeno si crede sia alla base della formazione della crosta sui pianeti rocciosi (come Mercurio, Venere, Terra, Marte).
Per farci un’idea, i vulcani effusivi sono stati attivi su Venere fino a poche centinaia di milioni di anni fa, su Marte fino a pochi milioni di anni fa, per non parlare della Terra dove i vulcani ancora la fanno da padroni. Da oggi, grazie a complessi modelli e calcoli al computer (non esistono campioni della crosta di Mercurio da analizzare in laboratorio) gli esperti conoscono anche vita, morte e miracoli dei vulcani mercuriani.
«C’è un’enorme differenza tra Mercurio e la Terra, Marte o Venere: Mercurio ha un mantello più sottile, dove il decadimento radioattivo produce calore, e per questo ha perso calore molto prima rispetto agli altri tre pianeti. Il risultato di questo processo è che Mercurio ha iniziato a restringersi, e la crosta ha sostanzialmente sigillato eventuali condotti attraverso cui il magma avrebbe potuto raggiungere la superficie», spiega Byrne. «Questi nuovi risultati confermano previsioni fatte 40 anni fa sul raffreddamento globale e sulla contrazione che mette uno stop al vulcanismo. Ora che siamo in grado di spiegare le proprietà vulcaniche e tettoniche di Mercurio, possiamo scrivere una storia coerente della sua formazione geologica e della sua evoluzione», ha concluso.
Per saperne di più:
- Leggi lo studio pubblicato su Geophysical Research Letters: “Widespread effusive volcanism on Mercury likely ended by about 3.5Ga”, di Paul K. Byrne et al.