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A scuola di pensiero critico

Alcuni fisici delle Università di Stanford e della British Columbia hanno trovato un metodo in base al quale incoraggiare gli studenti a prendere ripetutamente delle decisioni sui dati raccolti durante i corsi di laboratorio migliora le loro capacità in termini del pensiero critico. I risultati sono pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences

     03/09/2015

I corsi di laboratorio sono molto comuni nelle discipline scientifiche ma si conosce poco su come e se essi contribuiscono all’apprendimento. Spesso sono considerati come delle vere e proprie “esercitazioni sul campo”, in cui gli studenti si cimentano per seguire semplicemente una serie di istruzioni per confermare o meno i risultati riportati nei loro libri di testo, e molto poco viene dedicato all’apprendimento. Oggi, in uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), alcuni ricercatori delle Università di Stanford e della British Columbia sostengono che se durante lo svolgimento degli esperimenti di laboratorio gli studenti vengono guidati verso un processo decisionale autonomo e ripetitivo, allora si può migliorare in maniera significativa il loro pensiero critico.

Questa ricerca, basata su un percorso pluriennale, riguarda in particolare gli studenti del primo anno del corso di esercitazioni di fisica tenuto da Douglas Bonn dell’Università del British Columbia e co-autore dello studio. In primo luogo, i ricercatori hanno stabilito che cosa stavano apprendendo gli studenti sulla base di un approccio istruttivo tradizionale e poi hanno modificato in maniera sistematica le istruzioni di alcune esercitazioni per cambiare il modo con cui gli studenti analizzano i dati e quali implicazioni sono in grado di ricavare.

Image credit: imagedb.com

Uno dei primi esperimenti che gli scienziati hanno ideato riguarda il moto del pendolo per cui gli studenti, dotati di un cronometro, dovevano misurare il periodo di una oscillazione completa, ovvero il tempo impiegato dal pendolo per andare da un estremo all’altro e ritornare nell’estremo iniziale. Secondo l’approccio classico, gli studenti che hanno realizzato l’esperimento hanno eseguito le misure, confrontando i risultati con quelli previsti dall’equazione del moto riportata nel loro libro di testo e hanno poi verificato la presenza di eventuali errori o discrepanze. Invece, una volta apportate le dovute modifiche al corso, gli studenti sono stati incaricati di prendere delle decisioni basate sul confronto (osservazioni e modello). I ricercatori si sono chiesti: primo, che cosa fanno gli studenti per migliorare la qualità dei loro dati e, secondo, qual è il modo migliore per verificare o confrontare i loro dati con quelli riportati nel libro di testo? Questi sono i passi fondamentali in tutti i campi della ricerca scientifica.

I ricercatori hanno notato che per migliorare la qualità dei loro dati gli studenti hanno eseguito una serie di prove per ridurre il cosiddetto errore standard, segnando il piano in modo da essere più precisi nella misura del periodo di oscillazione del pendolo oppure mettendo semplicemente uno dei membri del gruppo di lavoro che sia capace di far scattare adeguatamente il cronometro per misurare il tempo. Man mano che i dati miglioravano, allo stesso tempo migliorava non solo la loro comprensione del processo fisico in atto ma anche la loro confidenza nel trarre le informazioni necessarie e la loro abilità nel verificare i risultati previsti. “In realtà, ottenendo dati sempre migliori, gli studenti arrivano a capire che esiste una certa approssimazione perciò sperimentano una nuova fisica con questo processo”, spiega Natasha Holmes della British Columbia e autrice principale dello studio. «Eseguendo delle ripetizioni successive e apportando delle modifiche all’esperimento stesso in maniera appropriata, alla fine gli studenti acquisiscono un’esperienza più ricca».

I ricercatori hanno trovato che gli studenti che seguono un approccio ripetitivo all’esperimento sono stati 12 volte molto più propensi a pensare e ad impiegare dei modi più adeguati per migliorare i loro dati rispetto agli studenti che hanno seguito un approccio più tradizionale. Allo stesso tempo, lo stesso gruppo di studenti si è mostrato 4 volte più propenso ad identificare e a spiegare i limiti del loro modello basato sui dati. Cosa ancora più confortante, questi studenti hanno ulteriormente applicato le proprie capacità di pensiero critico l’anno successivo in un altro corso di fisica. «Avere studenti per i quali si vuole che essi sviluppino delle capacità di pensare criticamente rappresenta un nuovo e radicale modo d’insegnamento, anche se sembra ovvio”, dice Carl Wieman professore di fisica alla Stanford e co-autore dello studio. “Natasha ha dimostrato in questo studio come questo approccio può essere davvero importante”.

“La capacità di prendere delle decisioni basate sui dati sta diventando sempre più importante nell’ambito delle decisioni che riguardano le direttive pubbliche”, aggiunge Wieman. “Dunque, capire il fatto che qualsiasi dato reale possiede un grado di incertezza e sapere come arrivare a delle conclusioni significative a fronte di quella incerezza, diventa essenziale. Il metodo di insegnamento iterativo prepara in modo migliore gli studenti per quel tipo di realtà. Gli studenti lasciano questa classe con delle idee fondamentalmente differenti che riguardano l’interpretazione dei dati e le verifiche sperimentali rispetto alle previsioni del modello, si tratti di cambiamenti climatici o dell’oscillazione del pendolo».

«Se questo approccio ripetitivo può portare gli studenti ad utilizzare dei comportamenti al livello di esperti, il ritorno potrebbe essere ancora maggiore nei corsi più avanzati. Infatti, nel momento in cui gli studenti affronteranno un progetto indipendente, ad esempio, essi saranno molto meglio preparati a superare qualsiasi ostacolo. Gli studenti mi hanno detto che tutto ciò li ha aiutati a capire cosa vuol dire fare scienza e a vedersi come scienziati e pensatori critici. Credo che venga fatto tanto per stimolare le loro motivazioni, attitudini e autostima per ciò che essi sono in grado di fare. In questo modo, almeno da questa prospettiva, credo che questo approccio all’esperimento che incoraggia il pensiero critico degli studenti avrà benefici enormi a lungo termine», conclude Holmes.


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