DISEGNATA IN LABORATORIO

Titano: la vita che non ti aspetti

Un team di ricercatori della Cornell University ha modellizzato una nuova forma di vita basata sul metano, priva di ossigeno, ma con metabolismo e riproduzione simile a quelle di un organismo terrestre: perfetta per le lande ghiacciate e gli oceani di idrocarburi di Titano, la luna di Saturno

     02/03/2015
Paulette Clancy, James Stevenson e il direttore del Cornell’s Center for Radiophysics and Space Research Jonathan Lumine. Crediti: Cornell University Photography.

Paulette Clancy, James Stevenson e il direttore del Cornell’s Center for Radiophysics and Space Research Jonathan Lunine. Crediti: Cornell University Photography.

Una nuova forma di vita basata sul metano che fa tranquillamente a meno dell’ossigeno, ma ha metabolismo e meccanismi di riproduzione simili a quelli dei viventi che possiamo trovare qui sulla Terra. Perfetta per Titano!

Un team di ricercatori della Cornell University è riuscito a immaginare una forma di vita completamente diversa da quelle cui siamo abituati. In una prospettiva strettamente scientifica e allo stesso tempo incredibilmente fantasiosa, ingegneria chimica e astronomia ci offrono così un modello realistico di quella che potrebbe essere la vita aliena su un lontano pianeta di ghiaccio e privo di ossigeno come la luna gigante di Saturno, Titano (di cui spesso abbiamo scritto su MediaINAF).

Lo studio, pubblicato su Science Advances, spiega come gli scienziati abbiano modellizzato in laboratorio un tipo di membrana cellulare di composizione organica (a base di azoto) in grado di resistere a temperature proibitive come quelle del metano liquido, a 180 gradi sotto zero. Fra i firmatari dell’articolo: una chimica esperta di dinamica molecolare come Paulette Clancy, l’ingegnere chimico James Stevenson e il direttore del Cornell’s Center for Radiophysics and Space Research, Jonathan Lunine, fino a pochi anni fa associato INAF allo Iaps di Roma. 

Esperto in tema di lune di Saturno e mari di metano, come quelli avvistati dalla missione Cassini-Huygens, Lunine è stato il primo a intuire che per riconoscere forme di vita non basate sull’ossigeno fosse necessario fare ricerca con chimici di livello internazionale. Solo immaginando nuove forme di vita possiamo riconoscere un alieno quando lo incontriamo.

«Non siamo biologi, non siamo astronomi», ammette Paulette Clancy. «Ma forse è stata propria questa nostra ambiguità a permetterci di immaginare quali fossero gli ingredienti giusti per fabbricare una membrana cellulare aliena. Abbiamo lavorato con quanto c’è a disposizione su un mondo apparentemente inospitale come Titano e questo è il risultato».

Sulla Terra la vita si basa su membrane a doppio strato fosfolipidico, permeabili, acquose, che ospitano la materia organica di ogni cellula – la definizione di fascia di abitabilità su cui lavorano gli astrofisici risente in gran parte di questa concezione di essere vivente. Ma cosa succederebbe su un pianeta blu non di acqua, bensì di metano? Addio liposomi. Benvenuti “azotosomi”. È così che gli ingegneri  chimici hanno battezzato la loro forma di vita a base azotata: molecole di azoto, carbonio, idrogeno, presenti in abbondanza negli oceani criogenici di Titano, e tanto stabili e flessibili quanto i liposomi terrestri. Una bella sorpresa per i chimici che non avrebbero mai immaginato meccanismi di stabilità cellulare analoghi.

Certo l’ET di Spielberg aveva una faccia più simpatica.