
I ricercatori sono giunti a queste conclusioni, pubblicate in un articolo nell’ultimo numero della rivista Nature, partendo proprio dai processi di formazione del nostro sistema planetario, partendo dall’epoca in cui era ancora popolato da migliaia di componenti rocciosi e planetoidi distribuiti a mo’ di disco. Facendo evolvere il sistema, è stato così possibile risalire alla data più probabile del catastrofico impatto subito dalla Terra, un risultato che è indipendente dagli altri metodi di datazione e in accordo con alcuni studi analoghi, basati su altre tecniche.
“Ci rende davvero entusiasti aver scoperto un ‘orologio’ per la formazione della Luna che non dipendesse dai metodi di datazione radiogenica” dice Jacobson. “Questa correlazione è emersa dalle nostre simulazioni ed è consistente anche con quelle già realizzate in passato”.
I ricercatori, alla luce dei risultati ottenuti, ritengono inoltre poco probabile che la Terra abbia completato i suoi processi di formazione e solidificazione entro i primi 38 milioni di anni del Sistema solare, preferendo come finestra temporale quella che si attesta attorno ai 95 milioni di anni e assegnando quindi al nostro Pianeta un’età di circa 4,47 miliardi di anni. Un valore che la rende, ragionevolmente, antecedente per formazione all’età dei più antichi minerali finora individuati nella sua crosta. D’altra parte però le cose non sono tutte così certe. Intanto non c’è l’assoluta sicurezza che le condizioni dinamiche in cui si è formato il nostro Sistema solare e si sono evoluti i suoi pianeti siano esattamente quelle utilizzate da Jacobson e i suoi colleghi nelle loro simulazioni. Altri recenti studi sullo stesso argomento, altrettanto validi, forniscono poi risultati piuttosto diversi da quelli proposti oggi. Insomma, anche se grazie a questo studio abbiamo un nuovo ‘orologio’ per misurare l’età di Terra e Luna, quello che è certo è che dovremo testarlo ancora un po’ insieme agli altri per renderlo più preciso e affidabile.






