UNA PICCOLA ESPLOSIONE PRIMA DI QUELLA VERA

L’avvertimento della supernova

Uno studio su Nature suggerisce che almeno alcune supernove, quelle di tipo IIn, siano precedute da un vero e proprio "fenomeno precursore" che annuncia la catastrofe: almeno è stato così nel caso di una supernova esplosa nell'agosto del 2010, preceduta 40 giorni prima da un'esplosione più piccola che ha espulso a grande velocità un guscio di idrogeno.

     06/02/2013

Probabilmente (e per fortuna) non è un problema che nessuno di noi dovrà mai porsi, ma come si fa a capire se nei dintorni sta per esplodere una supernova? Uno studio su Nature guidato da Eran Ofek del Weizmann Institute in Israele  rafforza un’idea che da qualche tempo era nell’aria, tra gli astrofisici: che alcune supernove si annuncino con una “pre-esplosione”, che qualche settimana prima di quella principale spara nello spazio una grande quantità di materiale. Un vero e proprio fenomeno precursore, utile non tanto per prevedere l’esplosiona ma soprattutto per chiarire meglio la complessa sequenza di eventi che porta a queste catastrofi cosmiche.

 

Uno schizzo del modello proposto per spiegare l'esplosione di una supernova di tipo IIn. Al momento dell'esplosione (a) il nucleo è circondato da un guscio di idrogeno, che viene raggiunto dalle onde d'urto al giorno 5 (b) producendo righee di emissione dell'idrogeno sia ampie che strette. Al giorno 20 (c) il nucleo è completamente avvolto dalle onde d'urto e restano solo le linee di emissione più strette.

Uno schizzo del modello proposto per spiegare l’esplosione di una supernova di tipo IIn. Al momento dell’esplosione (a) il nucleo è circondato da un guscio di idrogeno, che viene raggiunto dalle onde d’urto al giorno 5 (b) producendo righee di emissione dell’idrogeno sia ampie che strette. Al giorno 20 (c) il nucleo è completamente avvolto dalle onde d’urto e restano solo le linee di emissione più strette (Credit: E. Ofek, Weizmann Institute).

Lo studio riguarda in particolare le supernove di Tipo IIn: le supernove si chiamano di Tipo II quando il loro spettro elettromagnetico (l’analisi della loro radiazione) rivela la presenza di idrogeno: e se la linea che sullo spettro indica la presenza di idrogeno è particolarmente stretta si aggiunge la n che sta, appunto, per narrow. Questo tipo di supernova è la fase finale della vita di stelle di grande massa, da 8 a 100 volte la massa del nostro Sole. Quando la fusione nucleare si interrompe e rimane solo un nucleo ferroso, questo finisce per collassare su se stesso rilasciando energia sotto forma di neutrini, campi magnetici e onde d’urto che distruggono completamente la stella.

Quella sottile riga dell’idrogeno che caratterizza le supernove di tipo IIn potrebbe essere dovuta, sospettano gli astronomi, alla radiazione prodotta dall’esplosione che attraversa una sottile sfera di idrogeno che in precedenza circondava la stella. E secondo alcuni altri ancora, la stella potrebbe avere espulso questo guscio poco prima di fare il grande botto. Se è davvero così, però, anche questa pre-esplosione dovrebbe lasciare qualche traccia negli strumenti astronomici.

I ricercatori si sono affidati al Palomar Transient Factory (PTF), un sistema automatico di scansione del cielo attraverso il telescopio dell’Osservatorio Palomar in California che immagazzina tutto quanto osserva nel cielo notturno e lo analizza poi con software appositi che vanno in caccia di eventi interessanti. Quando nei dati è saltata fuori una esplosione di tipo IIn avvenuta a mezzo milione di anni luce di distanza nella costellazione di Ercole (per la cronaca, era l’agosto del 2010 e chiamata SN 2010mc) il team di Ofek ha “riavvolto il nastro” in cerca di un evento precedente nella stessa regione che potesse sembrare il precursore dell’esplosione. E lo ha trovato, poco più di un mese prima: una “penultima esplosione” che aveva espulso circa un centesimo di massa solare di materia, sparandola fuori a formare un guscio che si espandeva alla velocità di 2000 kilometri al secondo: 40 giorni dopo, al momento dell’esplosione, era già a 7 miliardi di kilometri dalla stella.

Gli eventi osservati dal team, confrontati con le simulazioni al computer, suggeriscono anche un modello teorico di come possono essere andata la catena di eventi che ha portato all’esplosione della supernova: una serie di onde gravitazionali avrebbero causato perdita di massa dalla stella in fasi successive, culminando nel collasso e nell’esplosione del nucleo. Il fatto che la pre-esplosione e l’esplosione siano avvenute a così poca distanza l’una dall’altra fa pensare che i due eventi siano strettamente collegati: insomma che il primo in qualche modo inneschi il secondo. Per capire come questo avvenga esattamente, servirà l’osservazione di altre sequenze simili: e Peter Nugent dei Berkeley Laboratories, uno degli autori dello studio, ha spiegato che nei dati del PTF il suo team ha già trovato molti ottimi candidati.