
Ma andiamo con ordine. Uno dei modi in cui può formarsi una supernova è quello in cui una stella di grande massa esaurisce il suo combustibile, finché la gravità prende il sopravvento sull’energia prodotta dalla fusione e il nucleo della stella collassa. Durante il processo si può formare una densa stella di neutroni, che causa il “rimbalzo” verso l’esterno della materia che collassa verso il nucleo. É a questo punto che si produce un flusso di neutrini verso l’esterno. Una parte dei neutrini però, a causa della grande densità di materia che circonda il nucleo, subirà un processo fisico chiamato “scattering” che li tratterrà nei pressi della stella, a formare un alone di neutrini che a sua volta interagisce con i neutrini in uscita.
Bene, questa interazione era sempre stata considerata trascurabile nei modelli teorici sulle supernove. I calcoli di Cherry invece mostrano che il numero di interazioni tra neutrini dell’alone e neutrini del flusso deve essere maggiore del 14 per cento rispetto a quanto si pensasse. E questo, a sua volta, conferisce un particolare peso al “sapore” dei neutrini presenti nell’alone. Una delle particolarità di queste particelle, infatti, è che ne esistono tre tipi (o “flavors”, appunto “sapori”) con differenti proprietà (neutrino muonico, tau ed elettronico), che però non sono fissi: i neutrini “oscillano” tra i diversi tipi mentre viaggiano attraverso il cosmo. Nel caso della supernova, però, i cambi di flavor possono venire forzati dagli “scontri” tra neutrini dell’alone e neutrini in uscita. E se Cherry ha ragione, la composizione iniziale dei neutrini dell’alone può essere determinante per indirizzare la formazione di nuovi elementi nel nucleo della supernova. “I diversi tipi di neutrini possono trasformare i protoni in neutroni o viceversa” spiega Cherry. “Il tipo di materia che si produce, gli atomi e gli elementi creati in una supernova cambiano drammaticamente se cambia il tipo di neutrini presenti nell’alone”.






