
Secondo gli autori della ricerca pubblicata su Geophysical Research Letters queste emissioni si concentrano in una particolare regione della magnetosfera e, per analogia con flares analoghi osservati durante le aurore terrestri, sarebbero probabilmente legati ai fenomeni implulsivi di riconnessione che si verificano nelle linee di campo magnetico del pianeta, nella zona illuminata della magnetopausa (ovvero la zona di confine dove il campo magnetico interagisce con le particelle del vento solare).
Sulla Terra le aurore più intense sono causate dalle tempeste solari: dopo un’eruzione, il vento di ioni e particelle viaggia verso la Terra e converge verso i poli per effetto del campo magnetico terrestre, illuminando il cielo con aloni rossi, verdi, viola. Su Giove, come sulla Terra, le aurore sono alimentate dal vento solare. Ma non è solo il Sole l’artefice dello spettacolo. Parte delle molecole che danno vita alle aurore sul gigante gassoso provengono dalla luna Io, che con la sua attività vulcanica libera nello spazio immense quantità di ossigeno e zolfo. Queste particelle vengono attirate dal forte campo magnetico di Giove. Giove compie un giro attorno al proprio asse una volta ogni 10 ore, avvolto dal suo immenso campo magnetico: una dinamo che genera anche 10 milioni di volt nelle zone polari. Entrando nell’atmosfera ad alta velocità, le particelle perdono elettroni che vengono strappati dalle molecole circostanti, per poi tendere a ristabilizzarsi in fase di rallentamento. Questo interscambio costante di materia produce intense aurore a raggi X.
Concludono gli autori: “Senza dubbio le regioni proiettate sul piano equatoriale dove sono stati osservati i flares e la frequenza con cui essi manifestano mostrano alcune similitudini con le proprietà degli eventi, con trasferimento di flusso, osservati dalle sonde Pioneer e Voyager”.






