
Sorprendentemente, la risposta che essi stessi hanno dato è un netto “Si”. Che non è il frutto una ottimistica previsione, ma che arriva al termine di uno studio articolato e serio, basato su una complessa simulazione di un’eruzione su un ipotetico pianeta roccioso simile alla Terra. Su di esso, sarebbe la presenza di grandi concentrazioni di biossido di zolfo nell’atmosfera l’inconfondibile“impronta digitale” capace di rivelarci lo sviluppo del fenomeno.
“Certo, dovrebbe accadere qualcosa di veramente sconvolgente, come un’eruzione che proietti una grande quantità di gas nell’atmosfera dell’esopianeta”,dice Lisa Kaltenegger, astronoma dello Smithsonian. “Il nuovo telescopio spaziale James Webb, che verrà lanciato tra qualche anno, sarà in grado di individuare un’eruzione maggiore tra le 10 e 100 volte quella del vulcano Pinatubo che si sviluppasse in sistemi planetari ospitati dalle stelle a noi più vicine”.
Per avere un termine di paragone, l’eruzione del vulcano Pinatubo sulle isole Filippine, avvenuta nel 1991, ha immesso circa 17 milioni di tonnellate di biossido di zolfo nella stratosfera – una fascia dell’atmosfera che si estende tra 6 e 30 chilometri sopra la superficie terrestre. La più grande eruzione vulcanica nella storia, quella del vulcano Tambora nel 1815, era circa 10 volte più potente.
Eruzioni così violente sono molto rare, e gli astronomi dovrebbero osservare in modo continuativo gli esopianeti simili alla Terra per anni, con la speranza di cogliere un simile evento proprio durante il suo svolgimento. Tuttavia, se l’attività vulcanica su questi mondi è più intensa di quanto accada sul nostro pianeta, le probabilità di successo aumentano sensibilmente.
“Un’eruzione tipo quella del Tambora non capita spesso da noi, ma potrebbe essere più comune su un pianeta più giovane, o dove ci sono forti effetti mareali, come ad esempio su Io, uno dei satelliti di Giove”, commenta Wade Henning, un altro ricercatore dello Smithsonian che ha partecipato allo studio. “Una volta individuata una eruzione su un certo pianeta, si può continuare a osservarlo, per capire con quale frequenza avvengano questi fenomeni su altri mondi.”






