UN INCONTRO TRA LA FISICA DEL XX SECOLO E LE DEE DELLA MITOLOGIA GRECA

L’universo come un’opera d’arte

È in libreria “notte siriaca” di Monica Colpi, edito da Scienza Express. Un viaggio alla scoperta dell’universo, della storia e della mente umana accompagnati da curiose dee greche che, insieme all'autrice, ci guideranno alla scoperta delle meraviglie del cielo, la sua varietà di colori e la ricchezza di sorgenti brillanti spesso inattese

     13/10/2020

Copertina de “notte siriaca. Taccuini di astrofisica” di Monica Colpi. Scienza Express, pp. 146

«notte siriaca nasce dal desiderio di fissare le emozioni che il cielo offre quando lo si osserva nelle notti africane. Sono emozioni semplici che si mescolano a quella consapevolezza che deriva dal mestiere di essere astronomo». Inizia così la nostra intervista per Media Inaf a Monica Colpi, astrofisica dell’Università di Milano Bicocca, autrice per nottetempo e il Corriere della Sera, nonché autrice e lettrice di numerosi testi teatrali. Nella sua carriera come astrofisico si è dedicata alla comprensione dei buchi neri e delle stelle di neutroni come sorgenti di onde gravitazionali. Nel suo libro notte siriaca, edito da Scienza Express, ci guida in un viaggio metafisico che racconta il cielo immutabile delle stelle fisse come appare ai nostri occhi e l’universo mutabile, violento e in continua espansione, visto con i più potenti telescopi. Un universo sorprendente per la sua eleganza, varietà di colori e ricchezza di sorgenti spesso inattese – come il suo libro.

Il nostro viaggio tra le pagine di notte siriaca inizia nel momento in cui l’Adriano di Marguerite Yourcenar, descrive il suo rapporto con l’universo. “Quando disteso supino, gli occhi bene aperti tralasciando per qualche ora ogni pensiero umano egli si abbandona dal tramonto all’aurora a quel mondo di cristallo e fiamma”. Solitamente i libri che parlano di scienza raccontano i risultati raggiunti dalla matematica applicata ai regni della fisica e della cosmologia. Colpi crea invece un viaggio ingegnoso e profondamente affascinante per raccontare l’universo con le sue geometrie, affinché potessimo iniziare a comprenderlo “attraverso teoremi esatti” – parafrasando Adriano.

Un libro profondo che sorprende per la meravigliosa rete di associazioni che intreccia; abbiamo invitato l’autrice a parlarci del suo ultimo lavoro.

Come è nata notte siriaca?

«notte siriaca è nata dopo una brevissima esercitazione letteraria, quando Ginevra Bompiani per nottetempo mi chiese di raccontare la scommessa perduta da Stephen Hawking contro l’amico John Perskill sull’evaporazione dei buchi neri. È nato un piccolo libro – buchi neri evanescenti – di impronta e stile simile a notte siriaca. Ho così scoperto che scrivere è diventata quasi una necessità. Ma senza l’Adriano di Marguerite Yourcenar notte siriaca, così profondamente “mediterranea”, non esisterebbe. In “Adriano e le cose del cielo”, titolo della mia prefazione, ho raccolto le diverse motivazioni che mi hanno portata a scrivere notte siriaca e che lascio al lettore curioso. Nelle prime pagine ho trascritto alcuni passi di Memorie di Adriano capaci di creare una forte emozione ed empatia per preparare il lettore al viaggio che lo attende. “Dopo tante riflessioni ed esperienze, talvolta condannabili, ignoro”, scrive Adriano “quello che accade dietro quella buia cortina. Ma la notte siriaca rappresenta la mia parte consapevole d’immortalità”. Rileggendo dopo molti anni Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar è riemerso distinto il ricordo dei miei viaggi nelle terre di Adriano — Mediterraneo. Così in notte siriaca ho intrapreso un viaggio attraverso città antiche, mari e deserti fiabeschi affinché potessi ricomporre immagini e creare idee per descrivere il cielo da una nuova prospettiva. L’inizio fu lento, ma in seguito l’idea di raccontare l’universo attraverso un dialogo con Sophia, Epistème, Areté ed Èunoia, figure femminili e greche (perché non poteva essere altrimenti) si presentò chiara».

Nella prefazione scrive: “L’universo credo sia un’opera d’arte e pochi lo sanno”. Ci spieghi meglio.

«L’universo, come lo osserviamo ai grandi telescopi, è forma e colore e il suo buio così enigmatico possiede mille sfumature che nascondono luci flebili provenienti da regioni remote, lontane nel tempo e nello spazio. Osservarlo crea stupore e profonda gioia. La stessa gioia che si prova ascoltando un concerto di Bach, un’opera di Mozart, guardando un affresco di Giotto, un quadro di Paolo Uccello, Simone Martini o Van Gogh, leggendo una poesia. La musica, la pittura, come la poesia hanno il loro linguaggio; nel contrappunto e fraseggio musicale, nei giochi di colore e di pennello, e nella parola soppesata. E così anche l’universo per me è un’opera d’arte per la sua eleganza e bellezza. Se si va oltre l’immagine, l’universo ha un suo linguaggio e questo non è affatto cosa scontata: è quello della fisica sorretta dalla matematica. E come un’opera d’arte, si può leggere e comprendere a diversi livelli, così cerchiamo di comprendere l’universo attraverso le osservazioni per decifrarne l’informazione racchiusa a diversi livelli. Ma la prima immagine coglie l’anima, poi la mente».

I capitoli del suo libro si aprono quasi sempre in città uniche e antiche, come se oltre alla scoperta dell’universo, il lettore venisse guidato anche alla scoperta della storia e della mente umana…

«In notte siriaca il viaggio è paradigma di un percorso di conoscenza che si sorregge sopra le molteplici stratificazioni della memoria storica (le mie città antiche) e si sviluppa grazie a improvvisi lampi di creatività e a osservazioni ai limiti dell’impossibile per guardare sempre oltre la siepe. notte siriaca parte dal tempio di Apollo a Delphi e si conclude fra le colonne del teatro di Leptis Magna, passando per luoghi densi di storia e di fascino arcaico, luoghi oggi devastati da guerre, conflitti e sofferenze. Come se si volesse distruggere il passato così importante per costruire il futuro. Palmira non c’è più e io l’ho vista e narrata per raccontare sotto le colonne del tempio di Baal ora distrutto la luce del Big Bang. E vorrei che il teatro divenisse oggi luogo dove anche la scienza sia rappresentata».

Esiste, dunque, una relazione tra filosofia e fisica?

«La filosofia e la fisica correvano insieme nel mondo greco ma poi è avvenuta la separazione, inevitabile. notte siriaca nasce dal desiderio di abbattere il muro presente oggi fra arte e scienza più che fra filosofia e fisica. Tutte sono espressioni altissime della mente umana, ma molti sono sordi e disinteressati nei confronti di una rispetto all’altra ed è un vero peccato».

E tra coscienza e fisica?

«Coscienza e fisica? È una domanda difficile. Wolfgang Pauli, fra i fondatori della meccanica quantistica, diceva che “il ponte che connette l’esperienza, spesso disordinata, alle idee consiste in alcune immagini primeve appartenenti all’inconscio dell’anima umana, immagini pittoriche di forte contenuto emotivo”. E nella mia esperienza, l’osservare e comprendere l’universo richiede quell’esercizio, ovvero il creare immagini pittoriche, schemi su cui costruire modelli sorretti dalle leggi delle realtà fisica».

Definirebbe notte siriaca un libro di divulgazione?

«Non lo è, o vorrei non lo fosse. È un libro insolito. Luciano Burderi, caro amico e collega, mi scrive: “Hai scritto un libro bellissimo, un romanzo unico nel panorama recente, fruibile a più livelli, da chi vuole avvicinarsi al mondo straordinario della scienza, dell’epistemologia e della filosofia, a chi, come noi, di questo mondo sente, costante, l’altissimo richiamo. Attraverso le pagine di notte siriaca prendi coscienza dello straordinario privilegio che ci tocca – il partecipare estasiati alla trama magnifica che è sottesa in tutte le cose del mondo con inebriante consapevolezza”».

Monica Colpi, autrice del libro e astrofisica all’Università di Milano Bicocca, durante uno dei suoi viaggi a Olimpia in Grecia

Le dee che nel libro accompagnano il viaggio alla scoperta del cielo, hanno tutte un temperamento forte, critico e curioso. In quale di loro si identifica di più?

«In tutte e quattro. Amo l’infinito che Epistème insegue con il cuore e la mente e che invece atterrisce Sophia, il senso del tempo di Èunoia ma sopratutto le divagazioni ingenue di Areté che mi conducono all’infanzia».

Qual è stata la parte più emozionante da scrivere?

«Posso rispondere che la parte più emozionante è stato il trasferire in parole il vissuto dell’eclissi di sole nel deserto libico (correva l’anno 2006) e il commiato finale con Epistème a Leptis. Accostare Bach al silenzio di una eclissi per poi sentire i suoni di una nenia coranica è stata cosa inattesa. È stato difficile raccontare Parmenide così ermetico; mi ha richiesto la lettura di diversi testi. Invece, trascrive sulla tastiera del mio mac l’incipit del proemio alla teogonia di Esiodo è stato divertente. Ho capito perché ai bambini si fanno o meglio si facevano trascrivere le poesie: è il modo migliore per viverle».

E, invece, quella più impegnativa?

«È stato molto difficile sottrarmi alla tentazione di scrivere la legge di Newton sulla gravitazione e altre equazioni importanti. Le ho stralciate a fatica. notte siriaca è rimasta a lungo nel cassetto e quando l’ho ripresa, l’inserire nel testo già equilibrato la scoperta del bosone di Higgs e di Gw 150915 e Gw 170817 – le prime sorgenti di onde gravitazionali – non è stato facile. Mi sono salvata raccontando brevemente queste scoperte straordinarie per la scienza e per l’uomo in ‘granai berberi’, la mia biblioteca alessandrina in versione deserto».

Crede che si possa raccontare l’universo senza provare forti emozioni?

«Impossibile davvero. Non vi è nulla di più seducente di quel gioco d’ombra fra Sole e Luna invisibile in cielo. Nulla di più elegante dei moti delle stelle S che ruotano attorno a un “punto” invisibile, il nostro buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, seguendo ellissi (ricordo la recente notizia dell’attribuzione ad Andrea Ghez e Reinhard Genzel del premio Nobel 2020 per la Fisica per le loro osservazione del centro galattico). Come non provare una forte emozione? Se fossimo ciechi al cielo multicolore perché avvolti da nubi dense non avremmo scoperto l’universo, la nostra casa. Non conoscerlo oggi è imperdonabile. Non possiamo essere indifferenti alle emozioni della conoscenza che ci offre il cosmo».

Quanto disorienta la consapevolezza che l’universo continui a essere illimitato, nonostante tutto quello che si sta facendo per tentare di conoscerlo?

«È l’universo finito, illimitato, infinito nel tempo e nello spazio? Non lo so. La sua espansione sembra inarrestabile. Quello che mi disorienta di più è il non comprenderli anche se per Epistème il pensarli è molto facile! Ma ancora di più mi irrita il fatto che so derivare dalle equazioni di Einstein la struttura metrica dello spazio-tempo che descrive l’espansione della trama del cosmo. È facile ma la mia mente, molto Newtoniana, non è capace di immaginarla davvero. Mi consolo pensando che ci sarà nuova fisica da scoprire quando l’orizzonte osservabile dell’universo diventerà ancora più grande come necessaria è una nuova fisica per la gravità per comprendere il Big Bang così enigmatico!».

Ci possiamo aspettare un sequel in cui ritrovare le curiose dee e intraprendere con loro un nuovo viaggio, magari fuori dal Sistema solare?

«Non lo so. Per ora nessun sequel anche se ho scritto una breve lettura ‘vulcani e cicale’ per il teatro di Teresa Pomodoro che vorrei espandere ma richiederà molto studio e la ricerca in questi ultimi anni mi ha assorbita completamente. ‘vulcani e cicale’ parla dell’incipit della vita. Leggerò delle straordinarie scoperte astronomiche sugli esopianeti e ritornerò nel deserto, nella terra d’Africa alla ricerca di emozioni e forse da lì nascerà questo nuovo piccolo libro».