LE MISSIONI PRONTE AL LANCIO

Lanci e scoperte: ecco cosa ci aspetta nel 2018

Da Marte alla Luna, passando per il Sole e gli esopianeti: l'anno che è appena iniziato ci riserva già grandi appuntamenti da non perdere, con numerose missioni pronte al lancio

     04/01/2018

La configurazione di lancio della missione BepiColombo. Crediti: ESA–C. Carreau

Il 2018 sarà davvero un anno interessante e pieno di appuntamenti da segnare in agenda, se siete degli appassionati di esplorazione spaziale (dentro e fuori il Sistema solare). La Nasa e le altre agenzie spaziali hanno in programma diversi lanci da marzo fino a fine anno e qualche missione vede anche la partecipazione dell’Italia, con l’Agenzia spaziale italiana e l’Istituto nazionale di astrofisica.

MERCURIO – Anche se partirà a ottobre 2018, la missione BepiColombo è la vera protagonista di quest’anno. Frutto di una collaborazione tra l’Agenzia spaziale europea e l’Agenzia spaziale giapponese, BepiColombo studierà il campo magnetico di Mercurio e il pianeta in generale (come mai nessuna sonda ha fatto prima). I due orbiter (il Mercury Magnetospheric Orbiter della Jaxa e il Mercury Planetary Orbiter dell’Esa) verranno lanciati dalla base europea di Kourou (Guyana Francese): le due sonde verranno trasportate fino al pianeta più caldo del Sistema solare dal Mercury Transport Module, usando una combinazione di propulsione elettrica e spinta gravitazionale. Il viaggio non sarà breve: passeranno oltre 7 anni (dicembre 2025) prima dell’arrivo nella regione più interna del nostro sistema planetario, a “pochi passi” dal Sole. Nella missione c’è anche tanta Italia: l’Agenzia spaziale italiana ha realizzato, con il contributo della comunità scientifica (compresi i ricercatori Inaf), 4 esperimenti su 11.

Gabriele Cremonese, astronomo all’Istituto nazionale di astrofisica di Padova: «Il mese scorso sono terminati gli ultimi test termici del modulo di trasferimento. Siamo quindi pronti al lancio, la data finale verrà fissata all’inizio dell’estate. Nei prossimi tre mesi ci saranno i test dell’Mpo e degli strumenti, per la parte software e telecomandi, e in parallelo tutti i team scientifici stanno lavorando alacremente per concludere le procedure di volo da utilizzare durante il primo commissioning (Near Earth Commissioning Phase) subito dopo il lancio. A marzo ci sarà l’ultima review di tutti i moduli e nella seconda metà di aprile verrà effettuata la spedizione a Kourou». Il ricercatore Inaf ha aggiunto: «Per Simbio-Sys (Spectrometers and Imagers for Mpo BepiColombo Integrated Observatory System), lo strumento più complesso, abbiamo consegnato il mese scorso quasi 120 procedure all’Esa, che le sta revisionando».

ESOPIANETI – Nel mese di marzo faremo la conoscenza del cacciatore di esopianeti chiamato Tess. Parliamo del Transiting Exoplanet Survey Satellite dell’agenzia spaziale statunitense, che si occuperà (come il famoso Kepler) di individuare minuscole variazioni di luminosità nelle stelle in cerca di esopianeti transienti. Tess sarà in grado di esplorare quasi l’intera volta celeste in un periodo osservativo di due anni. Questa missione diventerà senza dubbio il punto di riferimento per la prossima generazione di cacciatori di pianeti extrasolari, soprattutto perché – a differenza di Kepler – riuscirà a rilevare anche i pianeti rocciosi più piccoli attorno a stelle molto brillanti e vicine a noi.

Rappresentazione artistica di Tess Crediti: Mit Kavli Istituto di Astrofisica e di ricerca spaziale

«Ci si aspetta che Tess sia in grado di trovare più di 600 pianeti di dimensione inferiore a due volte il raggio della Terra, molti di questi in orbita attorno a stelle nane rosse (stelle di tipo M)», ha spiegato Isabella Pagano dell’Inaf di Catania e responsabile scientifico in Italia per le missioni Cheops (CHaracterizing ExOplanet Satellite) e Plato (PLAnetary Transits and Oscillations of stars). «Il satellite Tess scandaglierà a tappeto buona parte del cielo senza ripercorrere i propri passi, guardando la maggior parte delle stelle per meno di un mese ciascuna. In questo modo potranno essere scoperti solamente i pianeti che completano un’orbita attorno alla propria stella in breve tempo: meno di una ventina di giorni. Per individuare sistemi planetari simili al Sistema solare, con pianeti transitanti in orbite superiori a 80 giorni attorno a stelle simili al Sole, occorrerà attendere Plato, una missione dell’Esa che sarà pronta nel 2026».

L’altro cacciatore di pianeti, Cheops appunto, arriverà tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019. «Si tratta – dice Isabella Pagano – di un piccolo satellite europeo che porta a bordo un telescopio di 30 cm di diametro progettato in Italia da ricercatori Inaf e costruito nelle officine ottiche della Leonardo a Firenze. Cheops può essere puntato verso gli oggetti più interessanti individuati da Tess, per tutto il tempo necessario e anche in tempi diversi. In questo modo si potranno ottenere misure più precise relativamente ai pianeti scoperti da Tess, e, cosa ancora più importante, si potranno cercare gli altri pianeti che presumibilmente orbitano attorno alla stessa stella, e che non sono stati visti da Tess per via della durata limitata delle sue misure».

A sinistra, rappresentazioni artistica del telescopio spaziale Cheops (crediti: Esa). A destra, il lander InSight, che studierà l’interno del pianeta Marte (crediti: Nasa/Jpl-Caltech)

MARTE – Il lander della Nasa Mars InSight (Interior exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport) partirà alla volta di Marte dalla Vandenberg Air Force Base, in California, il 5 maggio. Il lander atterrerà il prossimo 26 novembre su Elysium Planitia, dove esaminerà il sottosuolo marziano analizzando attività sismica e geodesia e raccogliendo importanti indizi sull’evoluzione dei pianeti rocciosi del Sistema solare. La missione doveva essere lanciata a marzo 2016, ma problemi tecnici hanno portato a una battuta di arresto.

SOLE – Per il 31 luglio è prevista, invece, la partenza da Cape Canaveral, in Florida, dell’americana Parker Solar Probe. L’obiettivo è quello di “toccare il Sole” (questo il motto degli ingegneri che la stanno costruendo): la sonda studierà lo strato esterno dell’atmosfera solare (la corona) da una distanza di quasi 6 milioni di chilometri dalla fotosfera della nostra stella.

LUNA – La seconda metà di quest’anno vedrà il nostro satellite naturale come “attore” protagonista. A marzo verrà lanciato il “sequel” di una popolare sonda indianaChandrayaan 2 (che in sanscrito vuol dire “veicolo lunare”). Si tratta della seconda missione spaziale per l’India, ed è composta di un orbiter, un lander e un rover (tutto il pacchetto completo!): uno schieramento molto simile a quello della missione cinese Chang’e 3. Con la missione Chandrayaan 2, per la prima volta l’India atterrerà sulla Luna.

A fine 2018 partirà l’orbiter lunare Chang’e-4, e il relativo lander (erede di Yutu) arriverà nel 2019 e atterrerà (prima volta nella storia) sul “lato nascosto” della Luna… praticamente dalla Terra non vedremo nulla, ma i cinesi saranno in grado di studiare il satellite naturale come mai nessuno prima di loro. Prossimamente sentiremo parlare anche di Chang’e-5, la prima missione lunare che potrebbe riportare a terra frammenti lunari dal 1976.

Rendering della sonda OSIRIS-REx. Crediti: NASA.

ASTEROIDI – E non dimentichiamo gli asteroidi, anche loro in attesa di sonde in arrivo quest’anno. Nasa e Jaxa si preparano a un incontro storico e a un altrettanto storico “ritorno a casa”. La sonda giapponese Hayabusa-2 raggiungerà 162173 Ryugu a giugno, raccoglierà il suo campione asteroidale e ripartirà per la Terra verso dicembre. Osiris-Rex (Origins, Spectral Interpretations, Resource Identification, Security – Regolith EXplorer) arriverà su 101955 Bennu ad agosto e tornerà a terra a marzo 2021.

John Robert Brucato, ricercatore dell’Inaf di Arcetri che collabora con la missione della Nasa, ha dato a Media Inaf qualche aggiornamento: «Il viaggio della sonda prosegue senza problemi. L’obiettivo primario della missione è raccogliere e riportare a Terra un frammento (circa 1 kg) di asteroide primitivo e ricco di materiale organico». «Il ritorno di campioni incontaminati provenienti dall’asteroide Bennu permetterà, attraverso precise analisi condotte nei laboratori più all’avanguardia di tutto il mondo, di rivoluzionare la nostra comprensione del sistema solare primordiale, poiché sarà possibile studiare con precisioni raggiungibili solamente con strumentazione di laboratorio i processi fisico-chimici e mineralogici che hanno caratterizzato le prime fasi di formazione del Sistema solare di cui ormai non rimane più traccia sulla Terra», ha aggiunto. L’Inaf è molto coinvolto nel progetto: lo scorso dicembre la Nasa ha selezionato 14 nuovi ricercatori (participating scientists) che andranno ad affiancare il team scientifico di Osiris-Rex e tra questi c’è Maurizio Pajola dell’Inaf di Padova che affiancherà Elisabetta Dotto dell’Osservatorio di Roma e Brucato nel team italiano che partecipa alla missione.