È LA PRIMA PROVA CERTA

Cristalli di Sole primordiale

Un nuovo studio, pubblicato su Nature Astronomy e riguardante i minerali contenuti in frammenti di antichi meteoriti, rivela le tracce di un giovane Sole molto attivo

     01/08/2018

Illustrazione raffigurante il disco solare primordiale. Nell’inserto un cristallo di hibonite blu, uno dei primi minerali a formarsi nel Sistema solare. Crediti: Field Museum, University of Chicago, Nasa, Esa, and E. Feild (STScl)

Nato 4.6 miliardi di anni fa, conosciamo il Sole come una stella matura e calma. Ma i suoi primi anni rimangono un mistero. Poiché la Terra si è formata circa 50 milioni di anni dopo, è difficile trovare residui di quei primi giorni del nostro angolo di universo, in grado di raccontarci qualcosa di un giovane Sole.

Ma un nuovo studio, pubblicato su Nature Astronomy, ci racconta di un Sole neonato irrequieto, grazie all’analisi di microscopici cristalli blu ghiaccio intrappolati in antiche meteoriti. «Questi cristalli si sono formati oltre 4.5 miliardi di anni fa e conservano la registrazione di alcuni dei primi eventi che hanno avuto luogo nel nostro Sistema solare, e anche se sono così piccoli – molti hanno diametro inferiore ai 100 micron – erano ancora in grado di mantenere questi gas nobili altamente volatili che sono stati prodotti attraverso l’irradiazione dal giovane Sole tanto tempo fa», dice Levke Kööp, postdoc dell’Università di Chicago affiliata al Field Museum, autrice principale dello studio.

Un minuscolo cristallo di hibonite blu proveniente dal meteorite Murchison. Crediti: Andy Davis, University of Chicago

I cristalli sono contenuti in minerali noti come hibonite, la cui composizione reca segni distintivi di reazioni chimiche che si potevano verificare solo se il giovane Sole avesse emesso molte particelle energetiche. Prima della formazione dei pianeti, il Sole era circondato da un enorme disco di gas e polveri che gli spiraleggiava intorno e la cui regione più vicina era molto, molto calda: più di 1500°C ( per confronto, il pianeta più caldo nel Sistema solare oggi, Venere, raggiunge in superficie solo 467°C, comunque sufficienti a sciogliere il piombo). Quando il disco si raffreddò, i primi minerali cominciarono a formarsi: cristalli di hibonite blu. «I grani minerali più grandi delle antiche meteoriti sono solo alcune volte il diametro di un capello umano. Quando guardiamo una pila di questi granelli al microscopio, i grani di hibonite si distinguono come piccoli cristalli blu chiaro: sono piuttosto belli», commenta Andy Davis, coautore dello studio, anch’egli affiliato al Field Museum e all’Università di Chicago. Questi cristalli contengono elementi come calcio e alluminio.

«Quasi nulla nel Sistema solare è abbastanza vecchio da confermare davvero l’attività del primo Sole, ma questi minerali provenienti dalle meteoriti nelle collezioni del Field Museum sono sufficientemente antichi: sono probabilmente i primi minerali che si sono formati nel Sistema solare», aggiunge Philipp Heck, curatore del Field Museum e professore all’Università di Chicago, che ha lavorato allo studio.

Quando i cristalli si erano appena formati, il giovane Sole continuava a emettere flare, sparando nello spazio protoni e altre particelle subatomiche. Alcune di queste particelle investivano i cristalli di hibonite e quando i protoni colpivano gli atomi di calcio e di alluminio al loro interno, gli atomi si dividevano in atomi più piccoli: neon ed elio. Tali gas nobili sono rimasti intrappolati all’interno dei cristalli per miliardi di anni e i cristalli a loro volta sono finiti inglobati in rocce che alla fine sono cadute sulla Terra come meteoriti.

Levke Kööp, l’autrice principale, in laboratorio. Crediti: Field Museum

Qui, gli scienziati nel tempo hanno esaminato le meteoriti alla ricerca dei segni di un giovane Sole attivo, ma non trovando nulla. Osserva però Kööp: «Se le persone in passato non li hanno visti, questo non significa che non fossero lì, potrebbe semplicemente indicare che non avessero strumenti abbastanza sensibili per trovarli». Lo strumento a disposizione di Kööp, Heck e colleghi, infatti, ha fatto la differenza: uno spettrometro di massa all’avanguardia, grande come un garage, in grado di  rilevare l’elio e il neon rilasciati da un grano di hibonite colpito da un laser. «Abbiamo ottenuto un segnale sorprendentemente ampio, che mostra chiaramente la presenza di elio e neon: è stato stupendo», afferma Kööp.

Il rilevamento di elio e neon fornisce la prima prova concreta dell’attività precoce del Sole. «Sarebbe come se conoscessi qualcuno come un adulto calmo – avresti ragione di credere che una volta fosse un bambino attivo, ma non avresti nessuna prova. Se potessi però andare nella sua soffitta e trovare i suoi vecchi giocattoli rotti e libri con pagine strappate, sarebbe la prova che quella persona una volta era un bambino decisamente agitato», dice Heck, e aggiunge: «Il Sole era molto attivo nei suoi primi anni di vita, aveva più eruzioni ed emetteva un flusso più intenso di particelle cariche. Mi ricorda mio figlio, ha tre anni ed è veramente iperattivo».

«Oltre a trovare finalmente prove chiare nelle meteoriti che i materiali del disco furono irradiati direttamente, i nostri nuovi risultati indicano che i materiali più antichi del Sistema solare hanno subito una fase di irradiazione che invece quelli più giovani hanno evitato. Pensiamo che ciò significhi che un grande cambiamento accadde nel Sistema solare in formazione dopo che l’hibonite si era costituita; forse l’attività del Sole diminuì, o forse i materiali formatisi più tardi non furono in grado di viaggiare verso le regioni del disco in cui era possibile l’irradiazione», spiega Kööp.

Diversamente da altri indizi della forte attività del Sole giovane rispetto a oggi, la composizione dei cristalli di hibonite non permette altre buone spiegazioni. «È sempre bello vedere un risultato che può essere interpretato chiaramente. Più semplice è una spiegazione, maggiore è la fiducia che abbiamo in essa», dichiara Heck, e conclude: «Ciò che ritengo eccitante è che questo ci parla delle condizioni nel Sistema solare primitivo, e infine conferma un sospetto di vecchia data. Se comprendiamo meglio il passato, acquisiremo una migliore comprensione della fisica e della chimica del nostro mondo naturale».

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