UNA REGIONE SPAZIALE

È la Sardegna la Silicon Valley italiana

La Sardegna come regione con una forte vocazione aerospaziale basata sulla collaborazione pubblico-privato. Se ne è parlato venerdì scorso, a Cagliari, in un incontro dedicato alle politiche aerospaziali, nazionali e regionali, dei prossimi anni. Fra i partecipanti, Nichi D’Amico (Inaf), Roberto Battiston (Asi), Massimo Vanzi (università di Cagliari) e l’assessore alla Programmazione e bilancio della regione Raffaele Paci

     12/06/2018

La costruzione del Sardinia Radio Telescope ha accelerato notevolmente la crescita, già evidente da almeno una quindicina d’anni, di una nuova forma di industrializzazione della Sardegna legata al settore aerospaziale. Se ne è parlato a Cagliari, nella sede del gruppo editoriale “L’Unione Sarda” lo scorso venerdì, 8 giugno 2018, in una conferenza intitolata “Sardegna Regione Spaziale”, organizzata dalla rivista specializzata in tecnologie aeronautiche Airpress, edita da Paolo Messa e diretta da Flavia Giacobbe, moderatrice del dibattito.

Non tanto una conferenza divulgativa quanto una dichiarazione di intenti di tipo strategico e programmatico di quelle che saranno le politiche aerospaziali, nazionali e regionali, dei prossimi anni. Gli enti di ricerca di riferimento nel settore – Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e Agenzia spaziale italiana (Asi) – hanno visto la partecipazione dei rispettivi presidenti, Nichi D’Amico e Roberto Battiston, mentre per l’Università di Cagliari e la Regione autonoma della Sardegna hanno parlato il professor Massimo Vanzi e l’assessore alla Programmazione e bilancio Raffaele Paci.

Tuttavia il ruolo di protagonista di questo incontro è stato interpretato dall’industria privata, ed è proprio quest’ultima che le forze politiche vorrebbero attrarre in Sardegna con apposite azioni di incentivazione e di investimento. Erano infatti presenti aziende specializzate come Vitrociset, con l’ad Paolo Solferino, e il Distretto aero-spaziale della Sardegna, consorzio pubblico-privato presieduto da Giacomo Cao, di cui Inaf è uno fra i soci più importanti.

Il grande risultato ottenuto con Vitrociset, che ha portato avanti un lavoro straordinario di riassetto del Sardinia Radio Telescope in pochi mesi – appena in tempo perché, in modalità Sdsa (Sardinia Deep Space Antenna), riuscisse a ricevere gli ultimi vagiti della sonda Cassini da Saturno, nel settembre del 2017 – è stato sottolineato dal presidente dell’Inaf D’Amico come esempio di collaborazione, ormai quasi paritetica, tra pubblico e privato in ambito tecnologico. D’Amico ha poi invitato a una riflessione di lungo periodo. «Moltiplicate questo lavoro per dieci, o per cento, perché ora entrano attori pesanti. È finito il commissioning scientifico e ora cominceremo a lavorare più spesso con Esa e Nasa. Entrare nel Deep Space Network è un vantaggio per tutta l’umanità. È di questi giorni la notizia di composti organici su Marte, poi andremo a studiare il sottosuolo del pianeta. Non voglio sembrare fantascientifico, ma un giorno potremmo passare il testimone in altre parti dell’universo».

Che privati ed aerospazio rappresentassero un connubio ormai inscindibile ce n’eravamo accorti già da qualche anno con Richard Branson (che nel 2016 pareva essere in trattativa per fare in Sardegna uno spazioporto, ma su questo non abbiamo novità) e, più recentemente, con Elon Musk e la sua Tesla lanciata nello spazio. Ora questo processo pare stabile e praticamente irreversibile anche per realtà con budget di molto inferiori. Tutto sommato il coinvolgimento dei privati, pur non privo di rischi, si presenta ricco di potenzialità.

Il problema, come ha fatto notare il consigliere regionale Stefano Tunis, consisterà ora nel capire come tradurre realmente in nuova economia, e dunque in nuova e reale occupazione, questa grande spinta tecnologica in una terra che ha fame di lavoro. Lavoro che, però, non potrà prescindere da una solida formazione scientifica ed ingegneristica: infatti l’Università di Cagliari, pur mancando ancora di un corso di laurea di ingegneria aerospaziale, sta predisponendo, come riporta Vanzi, una serie di master post laurea.

Dai numerosi interventi è emerso anche un possibile ruolo dell’industria aerospaziale in Sardegna come utilizzatore, a scopi civili, delle numerose basi militari presenti sull’isola, mitigando in tal modo l’impatto (ambientale oltre che emotivo) che l’industria militare inevitabilmente comporta. Questo fattore non è secondario, perché in Sardegna insiste il 60 per cento di tutte le servitù italiane. È un problema piuttosto sentito dalla popolazione, e non a caso un gruppo di contestatori antimilitaristi si è presentato all’esterno dei locali della conferenza.

I motivi che hanno attratto in Sardegna le basi militari sono gli stessi che attraggono oggi l’industria aerospaziale, ha sottolineato il presidente Asi, Roberto Battiston: innanzitutto una volontà politica che rende possibile l’insediamento di nuove imprese, poi il fatto che la Sardegna sia una terra ampia, poco popolata e geologicamente stabile. Grazie a queste caratteristiche è stato possibile realizzare progetti come il Sardinia Radio Telescope, e l’auspicio è di andare ancora oltre, con il progetto SarGrav per ospitare il futuro Einstein Telescope nella miniera di Sos Enattos, a Lula (NU), per ricevere e analizzare dal sottosuolo le onde gravitazionali come già fanno, ma sotto le stelle, gli interferometri Ligo (Usa) e Virgo (Pisa).

Gli interventi sono stati numerosi ed è impossibile riportarli tutti, ma vale la pena concludere citando, anche se non testualmente, l’assessore Raffaele Paci quando ha ricordato che, in fondo, la Sardegna è da tempo considerata come la “Silicon Valley” italiana e gli esempi sono di tutto rispetto: Video On Line è stato il primo provider di servizi internet in Italia, poi è arrivato Tiscali di Renato Soru, il Crs4, Sardegna Ricerche, senza dimenticare le innumerevoli start-up sarde che stanno faticosamente cercando spazio nei mercati mondiali del venture capital, per arrivare, infine, a grandi multinazionali come Amazon e Huawei, giunte molto più di recente, che stanno investendo anche in termini occupazionali. La Sardegna tecnologica, insomma, farà ancora parlare di sé e lo farà sempre più spesso.

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