LO STUDIO SU NATURE ASTRONOMY

Saturno, riconnessione alla luce del Sole

I dati della missione internazionale Cassini hanno rivelato che la riconnessione magnetica può avvenire anche sul lato diurno di Saturno, all'interno della magnetosfera del pianeta

     07/06/2018

Saturno visto il 23 luglio 2008 dalla sonda Cassini. Questa immagine è composta da 30 foto scattate con diversi filtri dalla fotocamera a grande angolo a bordo della sonda. Sei delle lune di Saturno sono visibili: Titano, Giano, Mimas, Pandora, Epimeteo ed Encelado. Crediti: Cassini/Jpl/Space Science Institute

La riconnessione magnetica è un processo fisico che può collegare campi magnetici tra il vento solare e la magnetosfera planetaria al loro confine, noto come magnetopausa, con possibile trasferimento dell’energia alle particelle cariche che vengono accelerate. Quando accade, da un lato può innescare il bellissimo spettacolo dell’aurora polare, dall’altro, può disturbare i segnali Gps, danneggiare i satelliti o persino le reti elettriche sulla Terra.

La riconnessione magnetica può anche avvenire all’interno della magnetosfera della Terra, sul lato notturno del pianeta. Sul lato diurno, costantemente colpito dal vento solare, le particelle cariche, a parte rare eccezioni, non riescono invece a penetrare nel campo magnetico.

I ricercatori si aspettavano che le magnetosfere di altri pianeti si comportassero in modo simile alla nostra, ma in uno studio pubblicato questa settimana su Nature Astronomy mostra un risultato sorprendente. Basandosi sui dati ottenuti dalla sonda Cassini intorno a Saturno nel 2008, un team di ricercatori guidato da Zhonghua Yao dell’Università di Liegi, in Belgio, e da Ruilong Guo dell’Accademia delle scienze cinese, descrive le prove di riconnessioni che si verificano all’interno della magnetosfera sul lato diurno del pianeta.

Individuare l’evento non è stata un’impresa facile.

«Per rilevare un evento di riconnessione, è necessario osservare il cambiamento nella direzione del campo magnetico dopo la riconnessione, ma anche la prova della successiva accelerazione delle particelle», spiega Yao. «Questo non è facile da misurare perché la regione in cui si verifica la riconnessione è molto piccola e lo strumento deve essere puntato esattamente in questa direzione. Devi essere molto fortunato».

Nella magnetosfera terrestre, la riconnessione è causata esclusivamente dall’interazione con il vento solare. Su Saturno, i ricercatori ritengono che la riconnessione magnetica osservata sia guidata da un meccanismo diverso: «La magnetosfera di Saturno ha una struttura diversa rispetto alla Terra», dice Yao, «La ragione di ciò è che la maggior parte della magnetosfera di Saturno ruota molto rapidamente, a differenza di quella della Terra».

Rappresentazione artistica di un evento di riconnessione magnetica rilevato dalla sonda Cassini su Saturno. Il vento solare arriva da sinistra e incontra la magnetosfera del pianeta. Le linee blu rappresentano le linee di campo magnetico. Crediti: Esa/Cassini

Saturno ruota in circa dieci ore su se stesso e la sua magnetosfera ruota insieme al pianeta, interagendo costantemente con gli anelli e le lune, in particolare con il plasma della gelida luna attiva Encelado. Anche la composizione chimica della magnetosfera di Saturno è diversa rispetto a quella terrestre.

«Nel sistema di Saturno, la luna Encelado e la sua attività criovulcanica espellono un sacco di vapore acqueo e piccoli granelli di polvere ghiacciata», osserva Nicolas Altobelli, scienziato del progetto Cassini di Nasa ed Esa. «Quando quest’acqua viene ionizzata, riempie la magnetosfera di Saturno con ioni pesanti che interagiscono con le linee del campo magnetico rotante. Quando queste linee cambiano configurazione, durante un evento di riconnessione, per esempio, questo plasma viene rilasciato e accelerato».

Ora la speranza è di trovare altri eventi simili nei dati prodotti dalla sonda Cassini, che ha concluso la sua missione lo scorso settembre con un tuffo nell’atmosfera di Saturno dopo aver studiato il pianeta e il suo ambiente per oltre 13 anni, e nei dati di future missioni rivolte ad altri pianeti che ruotano velocemente, come Giove.

Per saperne di più:

Correzione dell’11.06.2018: nella versione iniziale avevamo scritto che le particelle cariche non riescono a penetrare nel campo magnetico sul lato diurno del nostro pianeta: in realtà a volte questo può avvenire, seppur raramente, dunque abbiamo riformulato la frase di conseguenza.