LO STUDIO SU NATURE ASTRONOMY

Danzando sul filo della ragnatela cosmica

Un team di ricercatori del Berkeley Lab è riuscito a ricostruire, usando algoritmi di riconoscimento delle immagini, la mappa della rete di filamenti che collega la materia dell'universo. Lunghi centinaia di milioni di anni luce, sembrerebbero essere costituiti di materia oscura

     12/04/2018

In questa illustrazione, la traiettoria della radiazione di fondo cosmico a microonde è deviata da strutture invisibili dette “filamenti”, dando origine a un effetto – rilevato dal satellite Esa Planck (a sinistra) – noto come lente gravitazionale debole. Crediti: Siyu He, Shadab Alam, Wei Chen ed Esa/Planck

Sono state identificate deboli distorsioni nella trama della luce dell’universo primordiale dalle quali sembra possibile mappare le enormi strutture tubolari, invisibili ai nostri occhi e note come filamenti, che fungono da superstrade per la materia, che scorre al loro interno verso i densi centri come gli ammassi di galassie. Il team scientifico internazionale coinvolto nella scoperta, che comprende ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory (Lbnl) del Dipartimento dell’energia e dell’Università di Berkeley, ha analizzato i dati provenienti da svariate survey esistenti, usando sofisticate tecnologie di riconoscimento delle immagini, concentrandosi nella ricerca delle evidenze degli effetti gravitazionali che identificano le forme di questi filamenti. Per guidare e interpretare la loro analisi si sono serviti di modelli e teorie sui filamenti.

Una dettagliata esplorazione dei filamenti è stata pubblicata questa settimana sulla rivista Nature Astronomy e aiuterà i ricercatori a comprendere meglio la formazione e l’evoluzione della cosiddetta ragnatela cosmica: la struttura a grande scala della materia nell’universo, compresa la misteriosa materia oscura, che costituisce circa l’85 per cento della massa totale dell’universo. I filamenti, che i ricercatori hanno riscontrato essere allungati e piegati per centinaia di milioni di anni luce, sembrerebbero infatti essere costituiti di materia oscura, così come gli aloni che ospitano gli ammassi di galassie, alimentati dalla rete dei filamenti stessi. Inoltre, studi sui filamenti potrebbero fornire nuove intuizioni sull’energia oscura, un altro costituente ancora misterioso dell’universo che guida la sua espansione accelerata. Studiare le proprietà dei filamenti permetterebbe inoltre di testare le teorie della gravità, inclusa la teoria della relatività generale di Einstein, e fornire importanti indizi per aiutare a risolvere l’apparente discrepanza nella quantità di materia visibile prevista nell’universo: il cosiddetto “problema della materia barionica mancante“.

«Di solito i ricercatori non studiano direttamente questi filamenti, bensì osservano le galassie», spiega la scienziata che ha diretto lo studio, Shirley Ho, del Berkeley Lab e della Carnegie Mellon University. «Per trovare i filamenti, abbiamo utilizzato gli stessi metodi che utilizzano Yahoo e Google per il riconoscimento automatico delle immagini, per esempio per leggere i nomi dei cartelli stradali o trovare gatti nelle fotografie».

Lo studio ha utilizzato i dati del Baryon Oscillation Spectroscopic Survey (Boss), una survey del cielo effettuata da Terra che ha catturato la luce di circa un milione e mezzo di galassie per studiare l’espansione dell’universo e la distribuzione della materia nell’universo guidata dalle oscillazioni acustiche primordiali. Il team di Boss, che ha visto gli scienziati di Berkeley Lab coinvolti in ruoli chiave, ha prodotto un catalogo di probabili strutture filamentose che connettono ammassi di materia sul quale i ricercatori si sono basati nel loro ultimo studio.

I ricercatori hanno inoltre fatto affidamento su precise misurazioni dallo spazio del fondo cosmico a microonde (Cmb) e delle sue fluttuazioni di temperatura (anisotropie). Hanno usato sofisticati algoritmi informatici per cercare l’impronta dei filamenti partendo dalle distorsioni gravitazionali nel Cmb, effetto conosciuto come weak lensing, un processo di deflessione della radiazione del fondo cosmico quando interagisce con la materia che attraversa. Poiché le galassie si trovano nelle regioni più dense dell’universo, il debole segnale di lensing, ossia della deflessione della luce del Cmb, è più forte in quella direzione. La materia oscura risiede negli aloni attorno a quelle galassie, ed era anche nota per diffondersi da quelle zone più dense in filamenti. Il team ha utilizzato tecniche statistiche per identificare e confrontare le “creste”, ossia i punti di maggiore densità, che le teorie hanno indicato come possibili evidenze dei filamenti.

In quest’animazione le strutture dei filamenti sono mostrate in periodi temporali diversi, da quando l’universo aveva 12,3 miliardi di anni a quando ne aveva 7,4. L’area  dell’animazione corrisponde a 7.500 gradi quadrati. Crediti: Yen-Chi Chen e Shirley Ho

«Non ci siamo limitati a “collegare i punti” ma abbiamo cercato di identificare le creste nella densità di materia, ossia i massimi locali», sottolinea la prima autrice dello studio, Siyu He. I ricercatori hanno controllato i loro risultati sia con altri dati analoghi relativi a filamenti e ammassi di galassie, sia con filamenti simulati (mock) basandosi su osservazioni e teoria, utilizzando grandi simulazioni cosmologiche generate presso il National Energy Research Scientific Computing Center (Nersc) del Berkeley Lab, per verificare eventuali errori nelle loro misurazioni.

I filamenti possono cambiare forma su scale temporali di centinaia di milioni di anni (vedi animazione qui a fianco). La forza gravitazionale e l’espansione dell’universo, in competizione tra loro, possono accorciare o allungare i filamenti. «I filamenti sono la parte integrante della ragnatela cosmica, anche se non è chiaro quale sia il rapporto tra la materia oscura sottostante e i filamenti stessi», aggiunge un altro dei coautori dello studio, Simone Ferraro. Nuovi dati da esperimenti esistenti e survey di prossima generazione, come Desi (il Dark Energy Spectroscopic Instrument), condotto dal Berkeley Lab e attualmente in costruzione presso il Kitt Peak National Observatory in Arizona, dovrebbero fornire dati ancora più dettagliati su questi filamenti.

I ricercatori hanno notato che questo importante passo nell’indagine sulla forma e posizione dei filamenti dovrebbe essere utile anche per studi mirati a cercare di identificare quali tipi di gas sono presenti nei filamenti, le temperature di questi gas e i meccanismi che governano i flussi di particelle all’interno dei filamenti stessi. Lo studio ha anche permesso di determinare la lunghezza dei filamenti. Risolvere la struttura dei filamenti può fornire indizi sulle proprietà e il contenuto dei vuoti nello spazio intorno ai filamenti. «Possiamo usare questi filamenti anche per porre vincoli all’energia oscura», conclude Ho, «poiché la loro dimensione potrebbe essere indicativa dei parametri descrittivi dell’energia oscura.”

Per saperne di più:

Guarda l’animazione della ragnatela cosmica prodotta dalla della Millennium simulation: