NUOVI INDIZI DAL NOSTRO OSPITE INTERSTELLARE

‘Oumuamua: asteroide o cometa?

'Oumuamua, il primo oggetto interstellare comparso nel nostro Sistema solare nell’ottobre dello scorso anno, sta offrendo agli scienziati nuove prospettive sullo sviluppo dei sistemi planetari. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Mnras

     29/03/2018

Il 19 ottobre 2017, gli astronomi che lavoravano al telescopio Pan-Starss 1 (Panoramic Survey Telescope and Rapid Response System), alle Hawaii, hanno individuato un oggetto che stava sfrecciando attraverso il nostro Sistema solare ad una velocità estremamente elevata. Gli scienziati del Minor Planet Center, nell’ambito del programma di osservazione degli oggetti vicini alla Terra della NASA (Near-Earth Object Observations Program), hanno confermato che si è trattato del primo oggetto di origine interstellare che sia mai stato visto all’interno del nostro Sistema solare. Il team lo ha soprannominato ‘Oumuamua (si pronuncia oh-MOO-ah-MOO-ah), che in hawaiano significa “un messaggero proveniente da lontano che arriva per primo”. «Molto probabilmente questo oggetto è stato espulso da un sistema stellare distante», ha detto Elisa Quintana, un’astrofisica del Goddard. «La cosa interessante è che questo oggetto, che viaggia così velocemente, può aiutarci a porre dei vincoli ai nostri modelli di formazione planetaria».

Illustrazione di ‘Oumuamua, il primo oggetto interstellare che si è visto passare all’interno del nostro Sistema solare. Crediti: European Southern Observatory/M. Kornmesser.

‘Oumuamua è sfrecciato vicino al Sole a circa 315.400 km/h, abbastanza velocemente da sfuggire all’attrazione gravitazionale della nostra stella e fuggire dal nostro Sistema solare, per non farvi più ritorno. Di solito, un oggetto che viaggia a una simile velocità potrebbe essere una cometa, che si avvicina al Sole dal Sistema solare esterno. Le comete sono corpi celesti prevalentemente composti da ghiaccio, le cui dimensioni vanno da qualche centinaio di metri a molti chilometri. Mentre si avvicinano, il calore del Sole fa sublimare gli strati di ghiaccio più esterni che vanno a formare correnti di polvere e gas (chioma) e una lunghissima coda, che punta in direzione opposta al Sole. Ma nonostante ‘Oumuamua sia passato molto vicino al Sole (con il perielio a circa 0.25 unità astronomiche) nulla di tutto questo è stato osservato.  Alcuni scienziati hanno interpretato l’assenza di chioma e coda come un indizio del fatto che ‘Oumuamua fosse un asteroide secco.

Pianeti e planetesimi (corpi celesti più piccoli che includono comete e asteroidi) si condensano dai dischi di polvere, gas e ghiaccio che circondano le giovani stelle. Gli oggetti più piccoli che si formano più vicino alle loro stelle sono troppo caldi per riuscire a possedere ghiaccio superficiale stabile e di conseguenza diventano asteroidi. La regione in cui si sviluppano gli asteroidi è relativamente piccola. I piccoli oggetti che si formano più lontano dalla loro stella, riescono a trattenere il ghiaccio che diventa parte costitutiva degli oggetti stessi, e diventano comete.

Sean Raymond, primo autore dell’articolo e astrofisico presso il French National Center for Scientific Research, University of Bordeaux, afferma che «Non sono tanti gli oggetti abbastanza caldi e, quelli che ci sono, si trovano in strette fasce circolari attorno alle stelle. Riuscire ad espellere questi corpi è più difficile perché la forza di gravità che li lega alla stella è maggiore. Pertanto, è difficile immaginare come ‘Oumuamua avrebbe potuto essere cacciato dal suo sistema se fosse partito come un asteroide».

La distanza da una stella oltre la quale l’acqua rimane ghiacciata, anche se esposta alla luce solare, viene chiamata linea della neve o linea del ghiaccio (frost line). Nel nostro Sistema solare, ad esempio, corpi celesti che si sono sviluppati entro una distanza pari a circa tre volte la distanza tra il Sole e la Terra, a causa del calore del Sole hanno perso tutta la loro acqua. La linea della neve si è leggermente contratta per via del fatto che il Sole, nel tempo, ha ridotto le sue dimensioni e si è raffreddato, ma la nostra fascia principale degli asteroidi è situata all’interno, o comunque vicino, alla linea di neve: sufficientemente vicina al Sole da rendere l’espulsione degli asteroidi molto difficile. «Se la nostra comprensione della formazione dei pianeti è corretta, il materiale espulso come ‘Oumuamua dovrebbe essere prevalentemente ghiacciato», ha detto Thomas Barclay, un astrofisico del Goddard e dell’Università del Maryland, a Baltimora. «Se riscontriamo un certo numero di oggetti di questo tipo, prevalentemente rocciosi, c’è qualcosa di sbagliato nei nostri modelli».

Gli scienziati sospettano che la maggior parte dei planetesimi espulsi provenga da sistemi stellari con pianeti gassosi giganti. L’attrazione gravitazionale di questi pianeti massicci potrebbe proiettare piccoli oggetti al di fuori del loro sistema stellare, nello spazio interstellare. Lo studio dimostra come i sistemi con pianeti giganti in orbite instabili sono i più efficienti nell’espellere questi piccoli corpi. I sistemi che non hanno al loro interno pianeti giganti espellono raramente materiale. Sfruttando simulazioni precedenti, Raymond e colleghi hanno dimostrato che durante l’espulsione di questi oggetti, una parte di essi passa così vicina ai giganti gassosi da essere distrutta dalle interazioni mareali. Questo processo richiede densità planetarie paragonabili o superiori a quella (odierna) di Giove. Tuttavia, dalle simulazioni sembra possibile che circa l’1 per cento dei planetesimi possa essere ridotto in frammenti molto più piccoli (delle dimensioni di ‘Oumuamua) durante l’espulsione. Se ‘Oumuamua rappresenta un frammento di un planetesimo perturbato da un gigante gassoso, allora la perturbazione stessa potrebbe essere la chiave per spiegare la sua forma allungata e sottile.

I ricercatori hanno calcolato il numero di oggetti interstellari che dovremmo vedere, sulla base delle stime secondo le quali un sistema stellare potrebbe espellere un paio di masse terrestri di materiale durante la formazione del pianeta. Hanno stimato che alcuni grandi planetesimi conserveranno la maggior parte della loro massa, ma saranno in inferiorità numerica rispetto a piccoli frammenti come ‘Oumuamua.

I risultati dello studio sono stati pubblicati il ​​27 marzo sulla rivista Monthly Notices della Royal Astronomical Society. Tali risultati sono già stati parzialmente confermati da una studio apparso recentemente su Nature Astronomy. Altri studi hanno anche osservato che i sistemi stellari come il nostro sarebbero più propensi a espellere comete rispetto ad asteroidi. Futuri strumenti come il Large Synoptic Survey Telescope, finanziato dalla National Science Foundation, potrebbero aiutare gli scienziati a individuare un numero maggiore di questi oggetti e migliorare la nostra comprensione statistica della formazione dei pianeti, oltre che del nostro Sistema solare. Come ci ricorda Quintana, «Anche se questo oggetto stava volando attraverso il nostro Sistema solare, avrà implicazioni per i pianeti extrasolari e per la ricerca di altre Terre».

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