PERCHÉ IL VENTO SOLARE NON SI RAFFREDDA?

Quelle turbolenze del plasma solare

I moti complessi della turbolenza del vento solare sono stati rappresentati con simulazioni elaborate grazie a super calcolatori, che evidenziano la comparsa di filamenti e vortici localizzati. Come ci spiega Denise Perrone, ricercatrice italiana che ha guidato il lavoro di ricerca presso l'Esa

     16/01/2018

L’immagine rappresenta la distribuzione della densità di corrente in un plasma di vento solare. In blu e giallo le correnti più intense, rispettivamente con valori positivi e negativi. Crediti: D. Perrone et al.

Cosa sono le turbolenze e da cosa hanno origine? Il dizionario di fisica le descrive cosi: sono un moto disordinato di un fluido, con formazione di vortici. Se beviamo un caffè caldo e lo emulsioniamo con un cucchiaino provochiamo, a nostra insaputa, una cascata di vortici di diverse scale, da grandi a piccole. Il movimento del cucchiaino porta una maggiore quantità di liquido caldo a contatto con l’aria, facilitando il raffreddamento della nostra bevanda.

A differenza del nostro caffè, la temperatura del vento solare, composto da particelle atomiche caricate elettricamente e sprigionato dal nostro Sole, si surriscalda. Se pure l’assenza di aria nello spazio contribuisce a comprendere come mai non si raffreddi, quello che gli scienziati non riescono ancora a spiegarsi è perché il vento solare si riscaldi più del previsto, considerando che si tratta comunque di un gas in espansione.

Alcuni ricercatori ritengono che la causa di questo riscaldamento potrebbe essere nascosta nella natura turbolenta del plasma del vento solare e una serie di simulazioni avanzate al super-computer, come quella pubblicata qui sopra, aiutano a capire queste complesse evoluzioni.

Denise Perrone

Per comprendere meglio il fenomeno abbiamo raggiunto Denise Perrone, ora all’Imperial College London, che si è occupata di queste tematiche prima all’Università della Calabria e poi all’Esa, l’Agenzia spaziale europea. «L’energia immessa dal Sole a grandi scale viene trasferita, attraverso una cascata turbolenta, a scale sempre più piccole, dove può essere dissipata e trasformata in calore. Purtroppo i meccanismi che permettano questo trasferimento, in un mezzo in cui le collisioni sono pressoché trascurabili, non sono ancora chiari», commenta Perrone a Media Inaf. «Grazie alla potenza dei moderni supercalcolatori è possibile simulare la complessa dinamica del vento solare e mostrare che la turbolenza produce filamenti e vortici, ingredienti importanti per il processo di riscaldamento del plasma»

Altro fenomeno che suscita domande è la dinamicità di queste strutture osservate. Infatti non si tratta di strutture statiche: cambiano nel tempo e interagiscono tra di loro. La corrente in alcune aree diventa molto intensa, creando regioni di stress magnetico, fino innescare un fenomeno noto come riconnessione magnetica, di cui abbiamo parlato diverse volte su Media Inaf.

Quindi, quando linee di campo magnetico di direzione opposta si avvicinano, possono improvvisamente riallinearsi in nuove configurazioni, liberando grandi quantità di energia che potrebbe essere all’origine del riscaldamento localizzato.

La stessa fisica è stata osservata da satelliti in orbita intorno alla Terra, come per esempio Cluster, missione Esa composta da quattro satelliti in orbita terrestre e che ha consentito di ricostruire i movimenti dei vortici turbolenti fino a poche decine di chilometri dal campo magnetico terrestre nell’interazione con il vento solare. Ma è con la futura missione Esa Solar Orbiter, il cui lancio è previsto per ottobre 2018, che si tenterà di spiegare quali condizioni provochino il riscaldamento globale del vento solare.

Referenze: