QUANDO IL BUCO NERO HA IL DISCO STORTO

Ecco la precessione dei getti relativistici

La simulazione a più alta risoluzione mai realizzata di un buco nero in accrescimento ha dimostrato che i suoi getti relativistici “scodinzolano” con un movimento di precessione che segue l’inclinazione del disco di accrescimento attorno al buco nero stesso

     16/01/2018

Crediti: Northwestern University

Avete mai pensato al disco di accrescimento attorno a un buco nero super-massiccio come a un piatto di tagliolini in brodo? Un gruppo prevalentemente olandese di ricercatori lo ha fatto e, mediante una serie di simulazioni al super-computer, è riuscito a sondare uno dei fenomeni più misteriosi per l’astrofisica moderna: il comportamento dei getti sparati fuori dalle zone polari di buchi neri in accrescimento. Tali getti, che si estendono nello spazio per milioni di anni luce, sono detti relativistici, in quanto raggiungono velocità prossime a quelle della luce.

I risultati del nuovo studio, recentemente pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, sono stati ottenuti grazie a Blue Waters, uno dei più potenti calcolatori al mondo, basato su decine di migliaia di processori grafici (Gpu) e localizzato all’Università dell’Illinois, Usa.

Le simulazioni create con Blue Waters hanno dimostrato come il flusso dei getti cambi gradualmente di direzione nello spazio, con un movimento attorno all’asse di rotazione detto precessione, in funzione di come lo spazio-tempo viene trascinato in rotazione attorno al buco nero.

Simulazione di un buco nero in accrescimento. Crediti: Northwestern University / University of Amsterdam

I buchi neri in rapida rotazione non solo fagocitano materia ma emettono anche energia sotto forma di getti relativistici. In maniera analoga al gorgo che si forma nello scarico di un lavandino, il gas e i campi magnetici che alimentano un buco nero super-massiccio “spiraleggiano” a formare un cosiddetto disco di accrescimento, che può essere descritto come un groviglio di linee di campo magnetico in un brodo di gas caldo.

Quando il buco nero tracanna questa “zuppa” astrofisica, si sorbisce tutto il brodo ma, per restare in metafora, lascia gli “spaghetti” magnetici a penzoloni fuori dalla bocca. Questo rende il buco nero una sorta di fionda, da cui l’energia, sotto forma di getti relativistici, viene sparata nello spazio dal fascio di “elastici” magnetici intrecciati.

La quasi totalità delle precedenti simulazioni, commentano gli autori della ricerca, aveva considerato l’asse di rotazione dei dischi di accrescimento allineato con quello del relativo buco nero. In realtà, si ritiene che i buchi neri centrali super-massicci della maggior parte delle galassie possiedano dischi inclinati.

Il nuovo studio ha confermato che, se è inclinato, il disco di accrescimento modifica la direzione del proprio asse di rotazione rispetto a quello del buco nero con un movimento di precessione, come farebbe una trottola. Per la prima volta, le simulazioni hanno poi mostrato che tali dischi inclinati inducono a loro volta la creazione di getti con un movimento di precessione, che sembrano “scodinzolare” nelle animazioni.

Il super-computer Blue Waters. Crediti: Università dell’Illinois

Un altro motivo importante per cui la precessione dei getti relativistici non è stata precedentemente scoperta, commentano gli autori del nuovo studio, è che le simulazioni 3D della regione che circonda un buco nero in rapida rotazione richiedono un’enorme quantità di potenza computazionale. Grazie a Blue Waters, i ricercatori sono riusciti a ottenere simulazioni con la più alta risoluzione mai raggiunta per questo tipo di analisi, catturando in maniera accurata i dettagli fini del movimento turbolento del disco di accrescimento.

Queste simulazioni offrono un’importante chiave per dare un senso alle osservazioni effettuate con i telescopi e arrivare a svelare fino in fondo la natura dei buchi neri rotanti. Fra le altre cose, la precessione dei getti potrebbe spiegare le fluttuazioni nell’intensità della luce in raggi X proveniente dall’intorno dei buchi neri, chiamate oscillazioni quasi-periodiche, che si verificherebbero analogamente al modo in cui il raggio di un faro rotante aumenta di intensità quando è puntato direttamente verso un osservatore. Le oscillazioni quasi periodiche sono state scoperte nel 1985 da Michiel van der Klis dell’Università di Amsterdam, che è anche fra gli autori del nuovo articolo.

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