REAZIONI FOTONUCLEARI DAI FULMINI

Tempesta, con possibili rovesci di antimateria

Il fulmine è un fenomeno atmosferico tanto usuale quanto ancora misterioso, sotto diversi aspetti. Una rete giapponese di rivelatori per raggi gamma ha ora svelato come i fulmini possano produrre radioisotopi e antimateria. Con il commento di Martino Marisaldi dell’Università di Bergen

     23/11/2017

I fulmini e le nuvole temporalesche sono acceleratori di particelle naturali, e lo studio dei fenomeni collegati ai fulmini, al confine tra fisica dell’atmosfera e fisica delle particelle, non smette di riservare sorprese. L’ultima in ordine di tempo è la scoperta che le reazioni fotonucleari innescate dai fulmini possono provocare annichilazione tra materia e antimateria.

L’ipotesi è avanzata in un articolo appena pubblicato su Nature, dove un gruppo di ricercatori giapponesi, guidati da Teruaki Enoto dell’Università di Kyoto, descrive come i raggi gamma emessi dai fulmini reagiscano con l’aria per produrre radioisotopi e anche positroni, l’equivalente antimaterico degli elettroni.

«Sapevamo già che le nuvole temporalesche e i fulmini emettono raggi gamma, e abbiamo supposto che dovrebbero reagire in qualche modo con i nuclei degli elementi presenti nell’atmosfera», spiega Enoto. «In inverno, la zona costiera occidentale del Giappone è ideale per l’osservazione di temporali e fulmini potenti. Così, nel 2015, abbiamo iniziato a costruire una serie di piccoli rivelatori di raggi gamma, dislocati in varie località lungo la costa».

Dopo una serie di alterne vicende, finalmente nel febbraio 2017 quattro rilevatori installati nella città di Kashiwazaki hanno registrato un forte picco di raggi gamma immediatamente dopo un fulmine, scoccato a qualche centinaio di metri di distanza.

I meccanismi con cui i fulmini producono raggi gamma secondo il nuovo studio giapponese. Crediti: Kyoto University/Teruaki Enoto

Quando i ricercatori hanno analizzato i dati, hanno trovato tre distinti lampi di raggi gamma. Il primo è durato meno di un millisecondo; il secondo era un bagliore residuo dei raggi gamma, decaduto nel corso di diverse decine di millisecondi; infine, è stata registrata un’emissione prolungata, durata circa un minuto.

«Abbiamo supposto che il primo lampo gamma venisse dal colpo di fulmine. Attraverso analisi e calcoli, abbiamo alla fine determinato le origini delle emissioni del secondo e del terzo», racconta Enoto.

Il secondo bagliore residuo, ad esempio, è stato causato da un fulmine che reagisce con l’azoto presente nell’atmosfera. I raggi gamma emessi da un fulmine possiedono abbastanza energia per buttare fuori un neutrone dal nucleo dell’azoto atmosferico, ed è stato poi il riassorbimento di questo neutrone da parte delle particelle nell’atmosfera a produrre il bagliore di raggi gamma.

L’emissione finale prolungata proveniva invece dal collasso degli atomi instabili di azoto depauperati di neutroni. Questo ha provocato il rilascio di positroni, che successivamente si sono scontrati con elettroni in eventi di annichilazione reciproca, rilasciando i raggi gamma osservati.

«Abbiamo questa idea che l’antimateria sia qualcosa che esiste solo nella fantascienza. Chi pensava che poteva prodursi lì, proprio sopra le nostre teste, in un giorno di tempesta?» conclude Enoto.

Risultati interessanti, quelli riportati nell’articolo, ma che è opportuno inquadrare nel giusto contesto, sottolinea un esperto dell’argomento – non coinvolto nella ricerca giapponese – al quale ci siamo rivolti per un commento, Martino Marisaldi, professore associato al dipartimento di fisica dell’Università di Bergen, in Norvegia, e associato Inaf. «È noto da più di dieci anni che fenomeni associati ai fulmini possono accelerare elettroni fino ad energie di diverse decine di megaelettronvolt, e conseguentemente produrre fotoni gamma di tali energie mediante interazione con i nuclei atomici del gas presente in atmosfera. Noi del team del satellite Agile lo sappiamo bene, visto che lavoriamo e pubblichiamo su queste tematiche da quasi dieci anni», ricorda Marisaldi a Media Inaf. «Fotoni di tali energie devono inevitabilmente dare origine a positroni (antimateria) e a neutroni in seguito all’interazione con l’atmosfera, mediante meccanismi ben noti ai fisici nucleari. E, di fatto, sono già state pubblicate diverse ricerche relative a positroni e neutroni osservati in associazione all’attività temporalesca e di fulminazione».

«A mio parere, il merito principale dell’articolo è quello di presentare per la prima volta un quadro osservativo coerente che mette in fila il lampo gamma originario e i fenomeni secondari di produzione di neutroni e positroni mediante successivo decadimento di radioisotopi. Sarà ora interessante», conclude Marisaldi, «testare i vari modelli di produzione di raggi gamma da fulmini alla luce di queste nuove osservazioni».

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