ECCO COME FRANA IL PIANETA ROSSO

Pattinando sul ghiaccio marziano a 400 km/h

Arriva dalla Bicocca, e in particolare dalla ricerca condotta da due esperti nella catalogazione delle frane presenti su Marte, un’ipotesi sul materiale che lubrifica lo scorrimento di ampi volumi di suolo marziano: il ghiaccio. Media Inaf ha intervistato il primo autore dello studio, Fabio De Blasio

     22/11/2017

Fabio De Blasio (sx) e Giovanni Battista Crosta (dx) sono i due esperti di frane marziane di Milano-Bicocca, autori dello studio uscito su The European Physical Journal Plus

Se cercate frane da record, il posto giusto è Marte. In particolare, la regione di Valles Marineris: una zona che ospita alcune tra le frane più grandi e più lunghe dell’intero Sistema solare. Ed è lì che due “cacciatori di frane” del dipartimento di scienze dell’ambiente e della Terra dell’Università di Milano-Bicocca, Fabio De Blasio e Giovanni Battista Crosta, hanno scoperto il responsabile – o uno fra i responsabili – di questi cedimenti: a far slittare il suolo è il ghiaccio. Abbiamo intervistato il primo autore dello studio, appena pubblicato su The European Physical Journal Plus.

Frane lubrificate dal ghiaccio: De Blasio, c’è qualcosa di analogo anche sul nostro pianeta?

«In media, sulla Terra, le frane sono molto più piccole, attorno ai 10-20 km cubi. Su Marte siamo a ordini di grandezza al di sopra. Quelle di Valles Marineris, per esempio, sono mostruose: possono raggiungere uno spessore di qualche centinaia di metri per un’ottantina di km di lunghezza e una quarantina in larghezza. Dunque centinaia, se non addirittura migliaia, di km cubi. Inoltre, da quel che abbiamo potuto ricostruire, si tratta di frane estremamente rapide. Frane che, nel loro percorso, hanno dovuto superare anche piccoli avvallamenti, il che è possibile solo se erano abbastanza veloci».

Di che velocità parliamo?

«Attorno ai 100 metri al secondo o più: possono arrivare fino a 400 km/h».

Anche sulla Terra il ghiaccio ha un ruolo, nelle frane?

«Occorre una premessa: qui sul nostro pianeta le forze scatenanti principali sono le precipitazioni e i terremoti. Entrambe forze assenti su Marte, o comunque poco documentate, visto che, per quanto ne sappiamo, non ci sono né acqua allo stato liquido né tettonica a zolle. In compenso, su Marte si verificano frane innescate dall’impatto di un meteorite. Tornando al ghiaccio, ciò che osserviamo sono striature longitudinali identiche a quelle che si possono vedere qui sulla Terra su frane che cadono sui ghiacciai. La maggior parte si trova in Alaska, e si tratta di frane prodotte da un forte terremoto di mezzo secolo fa. Una di queste, per esempio, la frana di Sherman, è proprio identica: se togliamo il ghiacciaio, sembra proprio una frana di Marte».

Questo ci dice qualcosa sulla presenza di acqua liquida su Marte?

«Be’, ci dice che potrebbe esserci ghiaccio fino a una certa profondità, e acqua liquida a una profondità maggiore. Questo perché c’è un flusso di calore, su Marte, che fa sì che il punto di fusione venga raggiunto a una certa profondità. Inoltre, ho avuto occasione di occuparmi, in altre occasioni, anche delle frane della regione di Olympus Mons: ebbene, secondo me si tratta di frane precipitate in quello che, tre miliardi di anni fa, era l’antico oceano di Marte».

Tornando al vostro ultimo studio, di quali strumenti vi siete avvalsi?

«Soprattutto immagini, sia in infrarosso – come quelle della camera Themis di Mars Odissey – sia ottiche, essenzialmente da Hirise del Mars Reconnaissance Orbiter e da Hrsc di Mars Express. E infine dei profili d’altitudine acquisiti tramite Mola, l’altimetro laser a bordo di Mars Global Surveyor».

Per saperne di più: