SEI ANELLI DI POLVERI BRILLANTI

La polvere galattica osservata ai raggi X

Uno studio guidato da ricercatori Inaf e pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, riporta l'osservazione di polveri interstellari grazie alla potente "luce" gettata da un potentissimo Gamma Ray Burst, distante più di 5 miliardi di anni luce dalla Terra

     26/09/2017

Le più spettacolari e terrificanti emissioni di energia che l’universo conosca: i gamma ray bursts (o Grb in breve). L’osservazione di questi oggetti, così luminosi da essere visibili anche provenendo da lontane galassie, ci permette di studiare e comprendere meccanismi fisici ad altissime energie. Ma non solo: un recente studio, tutto italiano, ha sfruttato le radiazioni nel campo dei raggi X provenienti da un Grb per distinguere le “silhouette” di nubi di polvere interstellare nella nostra galassia, ottenendo importanti informazioni riguardo alla posizione e alla densità di questi materiali diffusi.

Fabio Pintore, ricercatore all’INAF-IASF di Milano, e primo autore dello studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Ne abbiamo parlato con l’astrofisico Fabio Pintore, primo autore dello studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society . Cagliaritano, e da sempre appassionato di fisica e astronomia, Pintore si è  laureato in Fisica all’Università’ di Cagliari e ha conseguito il dottorato di ricerca in Astronomia all’Università’ di Padova. Successivamente ha lavorato come ricercatore all’Osservatorio di Padova, all’Università’ di Cagliari e, attualmente, allo Inaf-Iasf di Milano. La sua ricerca si è principalmente focalizzata sull’analisi di dati X, e in particolare dello studio dell’emissione ad alte energie da parte di oggetti compatti come stelle di neutroni, isolate o in sistemi binari in accrescimento, e buchi neri.

Innanzi tutto, ci può spiegare quali sono i meccanismi responsabili per un Gamma Ray Burst? Che tipo di radiazioni vengono prodotte, e con che frequenza accadono?

«I gamma-ray burst rappresentano uno dei fenomeni più energetici dell’universo, con un enorme rilascio di energia nel campo dei raggi X e gamma in un intervallo temporale brevissimo. La loro origine è ormai riconosciuta essere di natura extragalattica. I gamma-ray burst vengono generalmente classificati in “short” e “long” a seconda che il loro impulso (il cosiddetto prompt) sia appunto più “corto” o più “lungo” di circa 2 secondi. Si pensa che i primi siano il prodotto della fusione di due stelle di neutroni (o un buco nero e una stella di neutroni) in un sistema binario mentre i secondi sono più probabilmente associabili al collasso di stelle altamente massive. In entrambi i casi, l’energia rilasciata è cosi elevata che, se mai un Grb dovesse accadere nella nostra Galassia e la sua radiazione dovesse investire la Terra, potrebbe causare estinzioni di massa e perfino spazzare via le regioni più esterne dell’atmosfera terrestre. Successivamente al prompt, i Grb mostrano anche un’emissione che degrada lentamente nel tempo, chiamata “afterglow” e caratterizzata da emissione dalla banda X fino alla banda radio. In particolare, dallo spettro ottico dell’afterglow è spesso possibile ricavare la distanza del Grb».

Cosa succede quando i fotoni a raggi X del Gamma Ray Burst interagiscono con le nebulose nel mezzo interstellare?

«La polvere del mezzo interstellare generalmente si osserva nella banda infrarossa, dove ha il massimo dell’emissione. Inoltre, quando la polvere di una nube viene illuminata da un’emissione X molto brillante, si verifica il fenomeno di diffusione (ovvero una deviazione della traiettoria, senza variazione di energia) dei fotoni X da parte dei grani di polvere. Questo implica che tra i fotoni che arrivano direttamente e i fotoni diffusi dalla nube di polvere intercorre un ritardo temporale. Per via di questo ritardo, la diffusione da polvere si può osservare in due modi: se la sorgente di fotoni X ha un’emissione stazionaria nel tempo, la diffusione della polvere genera un alone circolare intorno alla sorgente. Un effetto simile a quello che si osserva quando si guarda il faro di un automobile attraverso la nebbia. Quando invece la sorgente di fotoni X è impulsiva, come nel caso del prompt del GRB, allora il processo di diffusione si osserva come un anello che si espande nel tempo intorno alla sorgente. In aggiunta, nel secondo caso, se tra noi e la sorgente X esistono vari strati di polvere, si osserveranno altrettanti anelli che si allargano ognuno con la propria velocità di espansione. È importante notare bene che non sono gli strati di polvere ad espandersi, ma l’espansione è soltanto un effetto ottico dovuto alla diffusione. Grazie ai satelliti ai raggi X come Xmm-Newton, Chandra e Swift, che riescono ad ottenere immagini con elevata risoluzione spaziale, è possibile individuare questo tipo di processi fisici e caratterizzarli nel dettaglio. In particolare, l’analisi degli aloni/anelli permette di studiare con grande precisione le distanze sia della polvere che delle sorgenti X. Questi fenomeni sono abbastanza rari, perché la sorgente illuminante deve essere molto brillante in X. Per questo motivo, ogni volta che vengono osservati, per gli astronomi è una grande opportunità».

Gli anelli di polvere visibili grazie al GRB. Clicca sull’immagine per far partire l’animazione. Crediti: F.Pintore

Nel caso di Grb 160623A, quanto è durato questo evento, e cosa ci ha permesso di capire riguardo alle nebulose che ha attraversato?

«Grb 160623A è stato un gamma-ray burst molto brillante, scoperto dal satellite Fermi che ha osservato fotoni gamma di altissima energia. Il picco dell’evento è durato circa 40 secondi, quindi classificato come Grb lungo. Grazie ad osservazioni ottiche del suo afterglow con i telescopi Not e GranTeCan, posizionati sull’isola di La Palma alle Canarie, è stato possibile misurare che l’evento si è verificato in una galassia lontana circa 5 miliardi di anni luce da noi. La sua posizione nel cielo era tale che la linea di vista intersecava una porzione della Via Lattea, in particolare nella direzione del braccio di Perseo che è noto per essere ricco di gas e polveri all’interno di nubi interstellari. Grazie al satellite Xmm-Newton, che ha osservato per circa 14 ore l’afterglow di Grb 160623A , 2 giorni dopo l’evento, è stato possibile ottenere immagini X molto dettagliate. Queste hanno mostrato che intorno alla sorgente vi erano “almeno” 3 anelli, larghi e brillanti, in espansione. Grazie al nostro lavoro di analisi delle immagini X, siamo però stati in grado di capire che gli anelli erano in realtà almeno il doppio, rendendo di fatto Grb 160623A come la sorgente X che ha attualmente prodotto il maggior numero di anelli da diffusione di polvere. In aggiunta, il risultato più importante che abbiamo ottenuto è che, basandoci soltanto su considerazioni geometriche, siamo stati in grado di determinare con una precisione senza precedenti le distanze delle nubi di polvere a circa 1720, 2215, 2573, 3105, 5020 e 16570 anni luce. Questa analisi rappresenta quindi di gran lunga la migliore caratterizzazione delle polvere della nostra Galassia lungo la direzione del Grb. In aggiunta, dall’analisi spettrale siamo stati in grado anche di stimare con ottima precisione quanta polvere è stata attraversata dai raggi X in ciascuna nube, ottenendo risultati in buon accordo con informazioni indipendenti derivate dall’arrossamento delle stelle circostanti».

Perché è importante avere informazioni più dettagliate sulla posizione e la densità di queste nubi di materiale?

«La Via Lattea è il nostro giardino di casa. Conosciamo molte delle proprietà della sua struttura ricavate grazie ad osservazioni radio, ottiche ed infrarosse. Generalmente le caratteristiche delle nubi di polvere, lungo una specifica direzione, sono ricavate a partire dal cosiddetto “arrossamento” nell’ottico delle stelle. In altre parole, le nubi di polvere assorbono l’emissione ottica nel blu delle stelle e lasciano passare quella rossa. Per questo motivo, in caso di presenza di nubi interstellari, le stelle appaiano più rosse di quello che in realtà sarebbero. Però questo metodo ha il grosso limite di non poter essere ovviamente utilizzato per identificare le nubi di polvere in assenza di stelle lungo la linea di vista. Il nostro lavoro invece dimostra che studi morfologici possono essere ottenuti, con ottimi risultati, anche grazie ai dati X. Riuscire a localizzare le nubi di polvere e caratterizzarle consente di stimare con maggiore precisione l’assorbimento del mezzo interstellare, che è fondamentale per un gran numero di studi astrofisici. In aggiunta, il nostro risultato è importante perché dimostra che la diffusione da polvere non può’ essere trascurata per comprendere a pieno i meccanismi fisici degli afterglow dei Grb. Infatti, immaginando che gli strati di polvere non fossero stati nella nostra Galassia ma nella galassia ospite del Grb, gli strumenti X attuali non sarebbero stati in grado di separare l’emissione degli anelli di polvere da quella dall’afterglow. Questo comporterebbe che l’emissione dell’afterglow apparirebbe più lunga e brillante di quanto sarebbe stata in assenza di polvere».

 

  • Per saperne di più:

Leggi l’articolo “Behind the dust curtain: the spectacular case of GRB 160623A“, di F. Pintore, A. Tiengo, S. Mereghetti, G. Vianello, R. Salvaterra, P. Esposito, E. Costantini, A. Giuliani, e Z. Bosnjak.