NESSUNA GALASSIA PUÒ SFUGGIRE A HUBBLE

Lente gravitazionale ai limiti dell’impossibile

Il telescopio spaziale Hubble ancora alle prese con l’effetto di lente gravitazionale. Questa volta ha catturato una galassia risalente a quando l'universo aveva solo 2,7 miliardi di anni

     07/07/2017

In questa immagine realizzata con i dati inviati dal telescopio Hubble è possibile osservare un distante ammasso di galassie. L’arco blu è il risultato di tre immagini separate della stessa lontanissima galassia, che è stata osservata tramite l’effetto lente gravitazionale. Lo zoom a destra ci mostra come sarebbe la galassia vista da Hubble senza sfruttare l’effetto lente del cluster di galassie. Crediti: NASA, ESA, and T. Johnson (University of Michigan)

Il telescopio spaziale Hubble è uno degli strumenti più potenti mai lanciati in orbita, ma questo gioiello della tecnologia moderna non è in grado di osservare ogni singola galassia del cielo notturno, soprattutto se queste sono molto lontane dalla Terra. Quando parliamo di Universo primordiale vengono in aiuto le lenti gravitazionali, ed è grazie a loro se Hubble è riuscito a “fotografare” la galassia SGAS J111020.0+645950.8 con l’apporto fondamentale dell’ammasso di galassie SDSS J1110+6459, che si è trasformato – per l’occasione – in una vera e propria lente d’ingrandimento galattica.

Si tratta di oggetti estremamente lontani, la cui luce ci consente di viaggiare nel tempo sino agli albori dell’universo. L’ammasso si trova a circa 6 miliardi di anni luce dalla Terra e contiene centinaia di galassie, mentre l’oggetto ingrandito tramite l’effetto lensing ci riporta indietro di 11 miliardi di anni (cioè solo 2,7 miliardi dopo il Big Bang).

Come funzionano le lenti gravitazionali? Sappiamo già che è una delle numerose teorie che ci ha lasciato Albert Einstein in eredità. Gli astronomi sfruttano l’effetto di curvatura della luce per studiare oggetti lontanissimi: la lente d’ingrandimento cosmica (in questo caso specifico è un ammasso di galassie) fa apparire la galassia sullo sfondo più grande e più luminosa. È necessario che la galassia più distante (il target della ricerca) si trovi quasi perfettamente dietro alla “galassia lente”. Il lensing gravitazionale è una delle poche tecniche che realmente permette di vedere oggetti lontanissimi, che né dalla Terra né con i nostri satelliti sarebbe altrimenti possibile osservare.

L’effetto lente produce quasi sempre degli archi luminosi, come quello che vedete nella foto qui sopra. La gravità del gigantesco ammasso di galassie che si trova tra la galassia target e la Terra distorce la luce dell’oggetto più lontano, allungandola a forma di arco e amplificandola di quasi 30 volte. La galassia ingrandita fa parte del gruppo di target della Sloan Giant Arcs Survey.

Crediti: NASA, ESA, and T. Johnson (University of Michigan)

L’immagine ricostruita dai ricercatori ha rivelato numerose piccole aree di formazione stellare (come dei grumi di materiale gassoso e polveroso), ognuna delle quali si estende da 200 a 300 anni luce. Ciò contraddice le teorie che suggeriscono che le regioni attive in cui sono nate le stelle nell’Universo primordiale fossero molto più grandi, 3.000 anni luce o più. Queste incubatrici stellari possono essere rilevate solo con l’effetto di lente gravitazionale.

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